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  • Domenica 10 aprile 2022

Il referendum per confermare il presidente del Messico

Lo ha indetto lo stesso presidente populista Andrés Manuel López Obrador, che lo userà come un modo per rafforzare il suo potere

Una donna che protesta contro il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador (AP Photo/Marco Ugarte)
Una donna che protesta contro il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador (AP Photo/Marco Ugarte)

Domenica, in Messico, ci sarà un referendum per decidere se il presidente Andrés Manuel López Obrador, populista di sinistra eletto nel 2018, potrà continuare a governare fino alla fine del suo mandato, prevista per il 2024. A indire il referendum è stato lo stesso López Obrador, a seguito di una promessa fatta in campagna elettorale. Non ci si aspettano grandi sorprese e anzi è probabile che López Obrador userà una vittoria quasi certa e molto ampia per rafforzare il suo potere sul paese.

López Obrador aveva cominciato a parlare di un referendum per consentire ai messicani di giudicare il suo governo già in campagna elettorale. Lo aveva formalmente annunciato nel 2019, e più di recente lo aveva presentato come un modo per rafforzare la democrazia del paese e per «affermare il principio che il popolo è sovrano». Per organizzarlo erano state raccolte 2,7 milioni di firme, equivalenti a più del 2 per cento dei 129 milioni di abitanti – requisito necessario secondo la Costituzione messicana per organizzare un referendum – e il referendum era stato poi approvato da Camera e Senato. Per organizzarlo, si erano rese necessarie anche alcune modifiche alla Costituzione.

L’opposizione aveva criticato fin dall’inizio il referendum come uno spreco di denaro pubblico, sostenendo che quei soldi andassero usati in politiche sociali, del lavoro e per risollevare l’economia del paese, molto colpita dalla pandemia. Membri del partito conservatore Partito Azione Nazionale (PAN) avevano definito il referendum un «costoso e incostituzionale teatro politico». C’erano stati anche scontri con l’Istituto nazionale elettorale (INE), l’agenzia di stato che si occupa delle elezioni, che sosteneva di non riuscire a reperire i fondi necessari per organizzare il voto.

Ci si aspetta, comunque, che López Obrador completi il suo mandato da presidente. Perché il voto sia vincolante, la partecipazione deve essere almeno del 40 per cento, e sondaggi citati da Reuters a inizio aprile prevedono un’affluenza del 18-27 per cento, quindi insufficiente. Secondo alcuni sondaggisti la scarsa partecipazione al voto è dovuta anche al fatto che l’opposizione, sostenendo che il referendum fosse inutile, ha invitato i propri sostenitori a ignorarlo. È probabile, in sostanza, che a votare vadano in pochi, e soprattutto i sostenitori di López Obrador, cosa che alla fine gli farà ottenere un risultato molto positivo.

Il presidente resta piuttosto popolare: l’opposizione è divisa e non è riuscita ad approfittare delle gravi difficoltà in cui si è trovato il governo di López Obrador in questi primi anni di mandato. Tra le altre cose, il presidente aveva promesso di far crescere l’economia messicana del 4 per cento l’anno e di ridurre la violenza dovuta alla criminalità organizzata. L’economia messicana è tuttavia stagnante e i livelli di violenza non sono stati calati. Recentemente, Obrador è anche finito al centro di uno scandalo che riguarda suo figlio, che avrebbe vissuto in una casa di lusso a spese del dirigente di una società che ha ottenuto appalti pubblici.

Più di recente, vari analisti hanno criticato López Obrador per il suo stile di governo accentratore e poco rispettoso delle norme democratiche: il presidente negli ultimi anni ha indebolito varie istituzioni statali, criticato i giornalisti d’opposizione e la libertà d’espressione e inaugurato una politica economica sempre più concentrata nelle mani dello stato.