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  • Giovedì 31 marzo 2022

Il gruppo paramilitare lituano che si prepara alla guerra

Ne fanno parte artisti, professori e anche la prima ministra: dall'invasione russa dell'Ucraina le iscrizioni sono raddoppiate

di Eugenio Cau

Un'esercitazione di alcuni volontari dell'Unione dei tiratori (foto Lietuvos šaulių sąjunga)
Un'esercitazione di alcuni volontari dell'Unione dei tiratori (foto Lietuvos šaulių sąjunga)
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In Lituania un gruppo paramilitare composto da oltre 10 mila persone si sta addestrando per contrastare un’eventuale invasione del paese da parte della Russia. Il governo lituano finanzia e sostiene questo gruppo, e consente ai suoi membri di acquistare armi. E benché tutto questo sembri piuttosto preoccupante per chi abita in Europa occidentale, in quasi tutti i paesi europei che confinano con la Russia esistono gruppi simili.

In tempo di pace questi gruppi – irregimentati come una gerarchia militare, con divise e mostrine, ma formati da privati cittadini – hanno funzioni di supporto allo stato: gestiscono attività simili agli scout per bambini e bambine, assistono la protezione civile locale e organizzano eventi sportivi. Ma dopo l’invasione dell’Ucraina, i gruppi paramilitari stanno tornando a essere parte di un più ampio sistema di difesa contro la possibilità di un’aggressione della Russia. In Lituania il gruppo paramilitare si chiama Lietuvos šaulių sąjunga, Unione dei tiratori lituani, e di recente tra i suoi membri è entrata anche la prima ministra del paese, Ingrida Šimonytė.

Gruppi simili esistono in vari paesi della regione: in Estonia c’è la Lega della difesa estone, in Lettonia la Guardia nazionale lettone, in Polonia la Forza di difesa territoriale, e così via. Ciascun gruppo ha storia e peculiarità distinte, ma praticamente tutti hanno una caratteristica in comune: da quando la Russia ha invaso l’Ucraina il numero di nuovi iscritti – o meglio, arruolati – è aumentato notevolmente.

«Prima dell’invasione dell’Ucraina, i membri adulti dell’Unione dei tiratori erano circa 5–6 mila», dice Albertas Dapkus, il comandante dell’Unione. «Dopo lo scoppio della guerra, sono raddoppiati. Le richieste di adesione arrivate in queste settimane sono state così tante che stiamo faticando ad accoglierle tutte. Le persone vogliono imparare a usare le armi, perché temono che il prossimo obiettivo della Russia saranno i paesi baltici».

Al momento un’invasione dei paesi baltici da parte della Russia è un’eventualità piuttosto remota, specie dopo gli insuccessi militari dell’esercito russo in Ucraina. Ma la Lituania ha una lunga e durissima storia di invasioni e dominazione da parte dell’impero zarista e dell’Unione Sovietica, e vuole farsi trovare preparata. Inoltre a causa della conformazione geografica il suo territorio è uno dei più esposti e meno protetti tra tutti i paesi della NATO.

Le reclute dell’Unione dei tiratori che si sono iscritte dopo l’invasione dell’Ucraina non sono ancora membri a tutti gli effetti, perché devono prima frequentare un corso di addestramento di base. «Il corso si compone di due parti», dice Dapkus. «Una parte teorica online, e poi un periodo che può durare fino a due settimane in un campo di addestramento, il cui utilizzo viene concesso dalle Forze armate. Durante l’addestramento, ai nuovi iscritti viene insegnato a usare in maniera sicura le armi da fuoco e le munizioni, più altre tecniche militari e di sopravvivenza nella natura. Sono anche fornite alcune nozioni mediche, per esempio le tecniche di primo soccorso».

Il governo lituano sostiene finanziariamente l’Unione dei tiratori e di recente ha aumentato i fondi a disposizione. Inoltre, consente ai membri dell’organizzazione di comprare armi: la settimana scorsa il parlamento ha approvato una legge (praticamente all’unanimità, senza voti contrari) che consente ai tiratori lituani di comprare e conservare in casa propria armi da fuoco automatiche, cioè ad alto potenziale distruttivo. Serve comunque una licenza per possedere questo tipo di armi, che devono essere registrate, sono sottoposte a controlli di sicurezza e non possono essere portate fuori di casa.

Il comandante dell’Unione dei tiratori, Albertas Dapkus (foto Eugenio Cau /Il Post)

Agli occhi di un osservatore dell’Europa occidentale, il fatto che un gruppo paramilitare composto da oltre 10 mila persone (in un paese da 2,7 milioni di abitanti) si stia addestrando e armando con l’approvazione del governo potrebbe apparire allarmante ed eversivo. In realtà in Lituania l’Unione dei tiratori non ha funzioni esclusivamente militari ed è profondamente integrata nella società: ne fanno parte impiegati, professori universitari, presentatori televisivi, artisti e famosi politici. Tra i volontari ci sono la presidente del parlamento, il sindaco di Vilnius e, appunto, la prima ministra del paese, Ingrida Šimonytė.

Šimonytė ha prestato giuramento nell’Unione dei tiratori l’11 marzo di quest’anno, nell’anniversario dell’indipendenza della Lituania dall’Unione Sovietica: «Stavo pensando di entrare nell’Unione da un paio d’anni, e ho deciso che questo era il momento di farlo, per essere d’esempio alle persone che si chiedono: cosa posso fare?».

«Non devi necessariamente avere attitudini militari per entrare nell’Unione», continua Šimonytė. «Puoi essere anche un paramedico, o un buon programmatore informatico, e contribuire in quei campi. L’organizzazione è una sorta di ponte tra la società civile e le forze armate, e il suo scopo è appoggiare le funzioni dello stato: l’Unione è stata molto utile durante la pandemia da coronavirus, per esempio, negli ospedali o nel controllare il traffico durante il lockdown».

La prima ministra Šimonytė presta giuramento nell’Unione dei tiratori, l’11 marzo del 2022 (foto ministero della Difesa lituano)

Secondo il comandante Dapkus, fino a qualche mese fa l’Unione dei tiratori aveva compiti più simili a quelli di «un gruppo a sostegno della protezione civile, più che di un gruppo militare». Soltanto nell’ultimo mese, dopo l’invasione dell’Ucraina, l’organizzazione è tornata a concentrarsi sull’attività militare, perché tutti i nuovi iscritti vogliono imparare a usare le armi per difendersi.

Karolis Kaupinis, 34 anni, è un regista lituano piuttosto affermato anche all’estero, ed è al quartier generale di Vilnius per iscriversi all’Unione dei tiratori: «Se due anni fa qualcuno mi avesse detto che mi sarei addestrato con un fucile, gli avrei risposto che era impossibile», dice.

Oltre al lituano, Kaupinis parla russo, inglese, francese e italiano ed è una presenza nota nell’ambiente artistico e cosmopolita della capitale lituana. Dopo l’invasione dell’Ucraina, ha deciso con un gruppo di amici di entrare nell’Unione dei tiratori, per costituire un’unità di combattimento assieme a loro. Sono quasi tutti artisti, o comunque frequentatori degli ambienti culturali del paese: ci sono tra gli altri uno scultore e insegnante dell’Accademia d’arte, il produttore di un teatro nazionale, il consulente culturale di un importante politico. Nessuno di loro ha esperienza militare e sono tutti un po’ titubanti, ma vogliono fare qualcosa.

«Quando la Russia ha invaso l’Ucraina mi sono sentito impotente», dice Kaupinis. «Ho pensato alla storia lituana, e ai decenni dell’occupazione sovietica: negli anni Quaranta e Cinquanta, gli intellettuali come me venivano inviati in Siberia, nei gulag».

Karolis Kaupinis (foto Il Post)

La storia della dominazione russa e sovietica sulla Lituania ha molto a che fare con il sentimento combattivo e rabbioso che alcune persone nel paese provano da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina.

Per farla estremamente breve: la Lituania, un paese con una grande storia indipendente, fu conquistata dall’impero zarista alla fine del Diciottesimo secolo. Riguadagnò l’indipendenza dopo la Prima guerra mondiale, ma fu riconquistata dai sovietici nel 1940. Un anno dopo fu occupata dal regime nazista, e poi tornò ancora una volta sotto la dominazione sovietica, a partire dal 1944 e nonostante una lunga lotta partigiana, che durò per parte degli anni Cinquanta. In quel periodo migliaia di persone, soprattutto insegnanti e intellettuali, furono deportate nei gulag. Praticamente ogni famiglia lituana ha un parente che subì la persecuzione sovietica: alcuni tornarono a casa dopo la morte di Stalin, molti altri no.

Nel 1991 la Lituania fu il primo stato del blocco sovietico a dichiarare l’indipendenza: in risposta, la Russia inviò i carri armati a Vilnius.

Consapevoli di questa storia di invasioni e dominazioni, molti lituani oggi vedono un esempio negli ucraini che si difendono dall’aggressione russa, e nell’Unione dei tiratori un modo per prepararsi a fare altrettanto, benché un’invasione per ora non sia prevista.

L’Unione dei tiratori fu fondata nel 1919 come un gruppo di protezione della minaccia bolscevica: venne abolita durante il periodo sovietico, ma fu ricostituita nel 1989. La sua storia non è sempre stata positiva: nel periodo dell’occupazione tedesca, alcuni suoi membri collaborarono con i nazisti allo sterminio degli ebrei locali, anche se al tempo, almeno ufficialmente, l’Unione era stata già sciolta.

Oggi l’Unione dei tiratori è regolarizzata all’interno del sistema lituano: la sua leadership è composta da militari professionisti e risponde al capo di stato maggiore.

L’obiettivo del governo lituano è che l’Unione dei tiratori arrivi a contare almeno 50 mila membri. Ci sono varie iniziative in proposito: per esempio, dopo il 2014 alcuni personaggi famosi in Lituania hanno creato un’unità di combattimento all’interno della quale ci sono giornalisti, personalità televisive e sportivi famosi. Quest’unità piena di personaggi celebri viene usata per promuovere l’Unione tra la popolazione: uno dei suoi membri, il pilota di rally Benediktas Vanagas, spiega che l’obiettivo, in caso di invasione, è che «ogni uomo o donna costituisca un potenziale pericolo. I russi devono avere paura di ogni singolo cespuglio, ogni singola porta, ogni singola finestra».

La Lituania è un paese minuscolo con una popolazione molto ridotta: e nonostante la presenza di truppe NATO sul suo territorio, è ancora esposta alla possibilità di un’invasione. Per questo, la strategia del governo è rendere il più “indigeribile” possibile il paese a un esercito nemico, mobilitando la più ampia porzione possibile della popolazione: un po’ come è successo nell’ultimo mese in Ucraina.

L’Unione dei tiratori è soltanto l’esempio più evidente di come i lituani si stiano preparando all’eventualità di un’invasione.

Nel 2015, dopo l’invasione della Crimea da parte della Russia, il governo decise di ristabilire la leva obbligatoria, che aveva abolito soltanto pochi anni prima. La leva non è universale: ogni anno viene estratto a sorte un certo numero di uomini tra i 18 e i 23 anni. Ma i volontari nell’esercito sono così tanti che ogni anno la quota di nuove reclute viene riempita senza bisogno di fare l’estrazione. Il parlamento, in ogni caso, sta discutendo della possibilità di reintrodurre il servizio di leva universale.

Le Forze armate lituane dispongono poi di un ulteriore gruppo di volontari, la Forza volontaria di difesa nazionale, ai cui membri è richiesto un impegno più consistente rispetto a quelli dell’Unione dei tiratori. Anche in questo caso, però, le richieste d’ingresso sono così tante che è impossibile assorbirle tutte.

Secondo una ricerca condotta nel 2017 da Ainė Ramonaitė, professoressa all’Istituto di relazioni internazionali e scienza politica dell’Università di Vilnius, il 77 per cento dei lituani è sicuro o piuttosto sicuro che, se la Lituania sarà attaccata, lo stato si dovrà difendere. Il 42 per cento dei lituani, inoltre, è pronto a «contribuire personalmente» alla difesa del paese (il 25,2 per cento dei lituani non vorrebbe contribuire, mentre oltre il 30 per cento non sa o non risponde). Un altro sondaggio più recente (è stato condotto a marzo di quest’anno) ma meno approfondito sembra mostrare che dopo l’invasione dell’Ucraina le persone disposte a unirsi alle forze armate in caso d’invasione siano cresciute: ora è il 52 per cento della popolazione.

«La mia prospettiva è sempre stata di fare una vita da intellettuale, ma le cose sono cambiate con l’invasione dell’Ucraina. Per ora, entrare nell’Unione dei tiratori significherà sacrificare un paio di fine settimana al mese, per l’addestramento e le altre attività», dice Karolis Kaupinis. «Se poi arriverà l’esercito russo, almeno un carro armato lo distruggo. Poi vediamo».