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  • Domenica 27 marzo 2022

Anche per le moto è un periodo di cambiamenti

Dopo aver perso la generazione di piloti che ha portato la MotoGP alla popolarità mondiale, per il campionato comincia una nuova epoca

(Mirco Lazzari gp/Getty Images)
(Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Nell’ultima stagione di MotoGP, la classe principale del Motomondiale, otto diversi piloti hanno vinto almeno un Gran Premio, sui trenta partecipanti. Quindici piloti sono andati almeno una volta sul podio, e in sei si sono alternati in pole position. Il vincitore del Mondiale, il francese Fabio Quartararo, ha appena 22 anni e tutta una carriera davanti, così come gran parte dei suoi avversari. La nuova stagione non sarà molto diversa: si sono corse due gare e hanno avuto due vincitori diversi, uno dei quali è stato — a sorpresa — l’italiano Enea Bastianini della Gresini Racing, squadra che utilizza le moto Ducati.

Da alcuni anni a questa parte la MotoGP è un campionato sempre più aperto, fatto di gare spesso spettacolari e tanti colpi di scena: tutte caratteristiche a cui la Formula 1, il campionato automobilistico più importante al mondo, ambisce da tempo e per le quali ha appositamente introdotto il nuovo regolamento tecnico, inaugurato con la vittoria della Ferrari in Bahrein.

Eppure per la MotoGP sono anni di grandi cambiamenti, talmente influenti che qualcuno ritiene sia iniziata una nuova epoca. Questi cambiamenti hanno riguardato soprattutto i piloti, con le vecchie generazioni, quelle che per anni hanno trainato la popolarità del Mondiale, ormai quasi completamente sparite. I primi a ritirarsi erano stati gli spagnoli Jorge Lorenzo e Dani Pedrosa, l’anno scorso è toccato a Valentino Rossi e il prossimo sarà Andrea Dovizioso, che ha appena compiuto 36 anni. L’ex campione del mondo Marc Marquez, invece, deve ancora riprendersi dagli ultimi gravi infortuni e un suo ritorno ai livelli di un tempo non è per niente scontato.

Valentino Rossi saluta il pubblico alla sua ultima gara in Portogallo (Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Tra tutti questi, il ritiro di Valentino Rossi è quello che ha pesato di più. È stato infatti il pilota che dagli anni Novanta in poi ha fatto uscire il Motomondiale da una nicchia di appassionati tutto sommato contenuta per portarlo alla popolarità globale. Nel corso della sua carriera le trasmissioni televisive delle gare hanno raggiunto oltre duecento paesi, gli spettatori ai circuiti hanno sfiorano i 3 milioni complessivi in una stagione — in anni normali — e i social network raggiungono oltre 30 milioni di persone in tutto il mondo. Per Carmelo Ezpeleta, capo della società che gestisce il Motomondiale, Rossi «è stato cruciale per tanti anni, ha avvicinato persone che prima non si erano mai interessate».

Ci sono però delle caratteristiche che limitano ancora la crescita globale della MotoGP. Il campionato è forte nei suoi mercati tradizionali, come Italia e Spagna, ed è riuscito a inserirsi già diversi anni fa nei mercati emergenti del sud-est asiatico, oltre che in Giappone, altro paese con una radicata tradizione motoristica. Come ha spiegato Ezpeleta «la popolarità nei diversi paesi è data dalla presenza di aziende costruttrici, poi dai piloti e infine dai Gran Premi».

È per questi motivi che in India e in Cina, ma anche negli Stati Uniti, la MotoGP non è arrivata come altrove. I primi due non ospitano gare, non hanno piloti né squadre, salvo alcune partecipazioni isolate con poco seguito. Negli Stati Uniti il discorso è diverso. Il paese ha avuto e ha piloti campioni del mondo, squadre e gare di alto livello, ma lì la MotoGP trova una fitta concorrenza, tra la crescita della Formula 1 e i tanti campionati motoristici locali, dalla Nascar all’IndyCar.

Maverick Vinales sul podio del Gran Premio di Austin (Getty Images/Getty Images)

C’è poi la questione demografica. Secondo ricerche recenti l’84 per cento del pubblico del Motomondiale è maschile, e il 62 per cento è compreso nella fascia di età che va dai 18 ai 34 anni. Nelle fasce successive il pubblico cala nettamente, con il 28 per cento nella fascia 35-54. Gli spettatori che la MotoGP perde con l’avanzare dell’età, se rimangono legati alle corse, passano molto probabilmente a campionati automobilistici più strutturati come la Formula 1, la cui porzione di appassionati più grossa è infatti quella che va dai 35 anni in poi.

Un limite strutturale della MotoGP è la durata delle gare, attorno alla mezzora. Da qui la necessità di accorpare anche le classi minori e meno seguite, per organizzare eventi più lunghi che comunque difficilmente riescono a competere con le gare della Formula 1 o dei campionati nordamericani, più lunghe e strutturate. Si ritiene che questo abbia un ruolo importante nella bassa età media del pubblico della MotoGP, che con l’età inizia a preferire altri sport motoristici.

Il ricambio generazionale in corso, però, potrebbe dare una nuova spinta, aiutato da alcune nuove iniziative commerciali. La presenza di piloti spagnoli e italiani è ancora predominante, ma altre nazionalità si stanno ritagliando spazi sempre maggiori. Nelle ultime due stagioni ci sono state vittorie sudafricane, francesi, australiane e portoghesi. Dal canto suo, la MotoGP ha inoltre la lanciato una nuova serie in streaming sulla scia del grande successo ottenuto da Drive to Survive, la serie di Netflix sulla Formula 1. MotoGP Unlimited è stata realizzata nell’arco della passata stagione seguendo da vicino squadre e piloti. Conta otto episodi e in Italia si può vedere su Prime Video.