Il tribunale speciale del Libano ha annullato in appello l’assoluzione di due membri di Hezbollah condannandoli per l’omicidio del 2005 dell’ex presidente libanese Hariri

Manifestazione di protesta per l'uccisione dell'ex primo ministro libanese Rafik Hariri, Beirut, 22 febbraio 2005 (Marco Di Lauro/Getty Images)
Manifestazione di protesta per l'uccisione dell'ex primo ministro libanese Rafik Hariri, Beirut, 22 febbraio 2005 (Marco Di Lauro/Getty Images)

Il tribunale speciale del Libano ha annullato in appello la precedente assoluzione di due membri del gruppo sciita Hezbollah, sostenendo il loro diretto coinvolgimento nell’attentato del 14 febbraio 2005 a Beirut in cui furono uccisi con un’autobomba l’ex primo ministro libanese Rafik Hariri e altre 21 persone. I giudici di appello hanno fatto sapere in una nota che nel processo di primo grado erano stati commessi degli errori che avevano poi portato all’assoluzione dei due. I due imputati, che non erano presenti e per i quali sono stati emessi nuovi mandati di arresto, si chiamano Hassan Habib Merhi e Hussein Oneissi. Un terzo membro di Hezbollah, Salim Jamil Ayyash, era già stato condannato nel 2020.

Nel 2006 il governo libanese accettò di collaborare alla formazione di un tribunale speciale dell’ONU, con sede nei Paesi Bassi, per indagare sull’assassinio di Hariri. Fu la prima volta che venne creato un tribunale internazionale per identificare i singoli responsabili di un attacco terroristico. Il tribunale aveva quindi formulato le sue richieste di arresto contro alcuni cittadini libanesi, tutti membri di Hezbollah, che però ha sempre respinto le accuse nei loro confronti, accusando invece i servizi segreti israeliani dell’attacco.

Hariri era un musulmano sunnita e secondo molti sarebbe presto tornato alla guida del governo, che aveva lasciato pochi mesi prima di essere ucciso. La sua uccisione fu un momento storico per il Libano: decine di migliaia di persone scesero in piazza per manifestare contro il nuovo governo, ritenendolo in qualche modo responsabile, e chiedere il ritiro delle truppe siriane che occupavano il paese da più di 29 anni.

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