C’è un importante progresso nella fusione nucleare

Il principale esperimento attivo in Europa ha raggiunto un nuovo record nella produzione di energia, imitando il Sole

Il Tokamak di JET (JET)
Il Tokamak di JET (JET)

Un gruppo di ricerca europeo ha raggiunto un nuovo importante risultato nella produzione di energia tramite la fusione nucleare, segnando un progresso in una tecnologia che un giorno potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui produciamo energia elettrica sulla Terra. Il risultato è stato ottenuto dal Joint European Torus (JET), l’esperimento più importante attivo in Europa per provare a imitare la più grande e potente centrale a fusione nucleare che abbiamo nei paraggi: il Sole.

L’esperimento ha portato alla produzione di un impulso di energia di cinque secondi equivalente a 16,4 chilowattora, circa il doppio rispetto a quanto ottenuto nel 1997, l’ultima volta che al JET si produssero grandi quantità di energia. Il risultato è stato reso possibile grazie a quasi 25 anni di lavoro per calibrare meglio le strumentazioni e aggiornarne alcune parti.

Cinque secondi possono sembrare pochi, ma offriranno in realtà molti elementi ai ricercatori per comprendere numerose dinamiche, legate per esempio a come si scaldano e raffreddano alcuni componenti, in vista del loro impiego in sistemi di nuova generazione.

JET si trova nell’Oxfordshire, nel Regno Unito, ed è il frutto di una collaborazione internazionale avviata negli anni Settanta, e che ha fatto poi da base per ITER, il nuovo ambizioso progetto legato alla produzione di energia dalla fusione nucleare in fase di sviluppo in Francia. Per comprendere l’importanza, occorre fare un passo indietro.

Fissione e fusione
La produzione di elettricità dal nucleare fa parte delle nostre esistenze da oltre mezzo secolo e si basa da sempre sul medesimo principio: la fissione.

In una reazione di fissione nucleare, i nuclei di atomi pesanti (come gli isotopi plutonio 239 e l’uranio 235), vengono indotti a spezzarsi, con la conseguente produzione di nuclei con numero atomico inferiore. Il processo libera una grande quantità di energia termica, che nelle centrali nucleari viene sfruttata per trasformare acqua ad alta pressione in vapore, che fa poi girare turbine cui sono collegati alternatori per produrre energia elettrica.

Fissione nucleare (Zanichelli)

Il processo porta però alla produzione di materiali residui altamente pericolosi, le “scorie radioattive”, che devono essere conservate con cura e isolate dall’ambiente circostante, per evitare contaminazioni. Anche se negli ultimi anni sono stati raggiunti importanti progressi per rendere ancora più sicuri gli impianti nucleari, il problema delle scorie è rimasto. Per questo da decenni i ricercatori provano a costruire un reattore alternativo a quelli a fissione, che funzioni con lo stesso principio di ciò che tiene acceso il Sole: la fusione nucleare.

Invece di spezzare i nuclei pesanti in frammenti più piccoli come avviene con la fissione, nella fusione si uniscono i nuclei leggeri (come quello dell’idrogeno) per ottenerne di più pesanti. Questo processo porta alla formazione di nuovi nuclei la cui massa è minore rispetto alla somma delle masse di quelli di partenza: ciò che manca è emesso come energia che può poi essere sfruttata.

Sulla carta il processo appena descritto (con grandi semplificazioni) è alquanto lineare, mentre è difficilissimo da riprodurre artificialmente sulla Terra. I nuclei degli atomi tendono a respingersi a vicenda (repulsione elettrica) e sono quindi necessarie temperature nell’ordine di vari milioni di °C per domarli trasformandoli in plasma e convincerli a unirsi tra loro, attraverso l’impiego di magneti molto potenti che li contengano.

Le difficoltà non hanno comunque scoraggiato i gruppi di ricerca, anche perché la prospettiva di superarle porta con sé la possibilità di ottenere grandi quantità di energia e con scorie trascurabili.

ITER
Il progetto più importante si chiama ITER ed è il frutto di una collaborazione tra 35 paesi al lavoro per costruire un primo reattore sperimentale a Cadarache, nel sud della Francia. Il consorzio è composto da: Unione Europea, Stati Uniti, India, Giappone, Corea del Sud e Russia. Finora la progettazione e la costruzione del sito hanno richiesto finanziamenti per 13 miliardi di euro, con qualche imprevisto che ha comportato ritardi. Le stime sul suo completamento sono piuttosto vaghe: si parla del 2025 per l’avvio delle prime attività, ma potrebbero essere necessari molti altri anni prima di avere una centrale a fusione dimostrativa.

Il sito di ITER in fase di costruzione in Francia (Commissione europea)

Tokamak
In attesa di avere pronto ITER, nell’ultima decina di anni JET è stato impiegato per riprodurre alcuni dei sistemi che saranno utilizzati in Francia. Gli esperimenti hanno permesso di studiare e perfezionare una grande macchina sperimentale a forma di ciambella (toroidale) chiamata Tokamak.

Al suo interno vengono prodotti il vuoto e l’intenso campo magnetico necessari per isolare il plasma, in modo che non entri in contatto con le pareti della ciambella. Le ricerche indicano che in questo modo si possono creare le condizioni per la fusione termonucleare in modo controllato, così da poterla sfruttare per produrre energia termica da trasformare in energia elettrica. Il problema è che il Tokamak è un grande ingordo di energia elettrica ed è quindi da dimostrare la sua capacità di produrne più di quanta sia necessaria per farlo funzionare.

Alcuni ricercatori hanno in parte rivisto l’approccio realizzando una versione alternativa del Tokamak che ricorda più una mela che una ciambella. Questo Tokamak sferico può essere più piccolo e quindi più pratico per la costruzione di centrali di dimensioni contenute nelle città. In linea di massima, più una centrale elettrica è vicina a dove viene consumata l’energia e meglio è: ci sono meno costi per il trasporto, meno elettrodotti da costruire e minori rischi di blackout dovuti a rotture lungo la linea.

Nuovo esperimento
L’ultimo esperimento è consistito nel testare un nuovo rivestimento per il Tokamak in grado di funzionare con due forme (isotopi) di idrogeno impiegate per la fusione: il deuterio e il trizio. Nel 1997 era stato impiegato come rivestimento il carbonio, ma questo tende ad assorbire il trizio, che è radioattivo. Nei nuovi test che hanno poi portato al record è stato invece impiegato un rivestimento costituito da due metalli, il berillio e il tungsteno, fino a dieci volte meno assorbenti rispetto al carbonio.

La durata del test è stata in parte determinata dalla capacità di alcuni componenti di JET di resistere alle alte temperature che si sviluppano nella reazione. ITER avrà un sistema di raffreddamento molto più efficiente e secondo i ricercatori potrà quindi lavorare a pieno regime e per lungo tempo. Il reattore costruito in Francia sarà inoltre molto più grande e potrebbe essere il primo a non richiedere più energia per produrre la fusione rispetto a quanta ne produca la reazione stessa.

JET è intanto arrivato agli ultimi anni di esistenza. Salvo cambi di programma da parte del governo britannico, la struttura terminerà le proprie attività nel prossimo anno, con alcuni passaggi verso ITER. Nell’ultimo periodo il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha complicato alcune delle attività di ricerca, come avvenuto con diversi altri programmi scientifici condivisi con gli stati dell’Unione.