Come descrivono questa elezione i giornali internazionali

Le trame politiche per scegliere il presidente della Repubblica vengono raccontate sottolineando gli aspetti «bizantini» e tortuosi

Giuseppe Conte fuori dalla Camera dei deputati (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Giuseppe Conte fuori dalla Camera dei deputati (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Come spesso si nota da qui, fuori dall’Italia a volte si fa un po’ fatica a comprendere i meccanismi della politica italiana, soprattutto nei paesi anglosassoni dove certi passaggi istituzionali sono più lineari e semplici da seguire. I giornali stranieri hanno quindi un compito non facile in questi giorni, quello di spiegare e raccontare l’evento politico italiano tra i più importanti e complessi, l’elezione del presidente della Repubblica. E spesso lo fanno sottolineandone gli aspetti tortuosi e l’importanza di certi riti non immediatamente comprensibili.

Due giorni fa Jason Horowitz, capo dell’ufficio romano del New York Times, ha spiegato ai suoi lettori americani perché questa elezione è così importante, e quali sono le prerogative del capo dello Stato. Si è soffermato sulla posta in gioco – la tenuta del governo e il futuro del presidente del Consiglio di Mario Draghi – e poi ha descritto così le modalità dell’elezione:

Il procedimento per scegliere il presidente è bizantino tanto quanto la politica [italiana, ndr]. È piena di riti e di grandi cerimonie. Il voto è segreto, e in un certo senso lo sono anche i candidati – gli elettori possono votare per qualsiasi italiano con più di cinquant’anni senza precedenti penali [la Costituzione dice “che goda dei diritti civili e politici”, ndr], e nessuno dichiara apertamente le candidature. In questo senso è molto simile a un conclave, nel quale un antico proverbio dice che chi entra da papa esce cardinale.

Horowitz ha poi descritto le potenziali conseguenze dell’elezione sulle trame politiche, scrivendo che potrebbe «causare malumori [bad blood] e faide tali da cambiare le alleanze e scombinare le coalizioni esistenti». Ha anche scritto che «pur essendo sempre occasione di un intenso manovrare dietro le quinte, l’elezione normalmente è anche un affare di routine che avviene ogni sette anni».

Anche Hannah Roberts, cronista di Politico, ha descritto l’elezione sottolineandone la violenza metaforica, in un articolo intitolato “Benvenuti allo Squid Game all’italiana”, riferendosi alla serie coreana di gran successo in cui centinaia di persone partecipano a un gioco mortale. Secondo Roberts «i nomi dei possibili candidati vengono fuori continuamente, come agnelli mandati al macello».

«Le regole del gioco sono oscure [arcane]», scrive Roberts. «I partecipanti devono sia bluffare che anticipare le mosse degli altri, tanto che sarebbero necessarie sia le abilità di un giocatore di poker che quelle di uno di scacchi in 3D. Ai disinteressati e ai cinici, appare di più come mosca cieca».

Roberts poi definisce la pratica dei voti dispersi come un modo «per passare il tempo», esagerandone un po’ le dimensioni: «Gli elettori si divertono a votare per una gran quantità di gente. Semplicemente buttano giù un nome qualsiasi, persino personaggi di finzione». Il dibattito sui voti dispersi è stato animato anche in Italia, da chi la giudica una pratica poco consona a un evento solenne come quello dell’elezione del capo dello Stato. Solamente una piccola parte delle schede però riportava il nome di celebrità slegate dalla politica.

Roberts conclude così il suo articolo:

Ci sono state richieste da più parti […] affinché questa sia l’ultima elezione presidenziale di questo tipo, e che in futuro venga scelto dai cittadini. Dovesse accadere, a qualcuno mancherà la sua stravaganza, se non altro.

Diversi giornali internazionali hanno anche descritto il ruolo del presidente della Repubblica come «in larga parte cerimoniale», non dando conto del tutto della progressiva centralità che ha acquisito negli ultimi anni, secondo le interpretazioni più condivise soprattutto dagli anni Novanta in poi.