Cappelli da baseball per tutti

Ultimamente in giro se ne vedono molti e un po' per tutti i gusti, da quelli sportivi a quelli di lusso, passando per il merchandising di nicchia

Una scena della terza stagione della serie tv "Succession" (2021)
Una scena della terza stagione della serie tv "Succession" (2021)

Nell’ultima stagione della pluripremiata serie tv Succession, i protagonisti – il padre e figlio miliardari Logan e Kendall Roy – indossano spesso cappelli con la visiera. Di cashmere, con colori scuri, senza logo in vista ma di marchi di lusso, li usano per viaggiare su aerei privati e fare camminate d’affari sotto il sole, sia con vestiti “casual” che con abiti eleganti. Alcuni sostengono che la recente popolarità dei cappellini da baseball sia dovuta proprio al successo della serie e che nell’abbigliamento maschile di lusso si vedranno sempre di più, ma altri avevano cominciato a notarla già da prima.

Ultimamente sono sempre più diffusi come oggetto da collezione tra gli adolescenti – come forse sa chi ne ha uno in casa – e tra le «mamme alla moda», come ha scritto Vogue citando note attrici e modelle che hanno cominciato a indossarli. E se ne vedono molti nelle collezioni dei marchi di lusso. Di cappellini, in effetti, ce n’è un po’ per tutti i gusti: da quelli davvero da baseball (come il famosissimo degli Yankees), a quelli più eleganti, fino a quelli nati come gadget o personalizzati per esprimere la propria appartenenza a un gruppo, a un posto o a un’idea.

I cappelli con la visiera comparvero insieme al baseball nella seconda metà del 1800 e servivano per proteggere la vista dei giocatori dalla luce del sole. I primi ad avere l’idea di mettere il proprio logo sul davanti furono i Detroit Tigers nel 1901: come ha scritto lo Smithsonian Magazine, «hanno messo il loro animale omonimo sui loro berretti, trasformando un utilitaristico parasole in una bandiera di battaglia». Successivamente, nel 1939, quando le partite cominciarono a essere trasmesse in televisione e a raggiungere un pubblico più vasto, anche le squadre che ancora non l’avevano fatto investirono nella propria immagine e attorno al 1945 le divise di tutte le squadre comprendevano un cappellino.

Tra gli anni Sessanta e Settanta i cappelli con la visiera si diffusero tra i lavoratori agricoli e i camionisti: si usavano i cosiddetti trucker, con la retina dietro e la parte davanti in schiuma, spesso col logo dell’azienda per cui lavoravano che ne approfittava per farsi pubblicità. Per intenderci, i trucker sono quelli che nei primi anni Duemila sono stati ripresi da Von Dutch e più recentemente da Goorin, diventando molto popolari tra i calciatori.

Solo negli anni Ottanta, New Era, l’azienda che riforniva e rifornisce tutt’ora il maggiore campionato statunitense di baseball (Major League Baseball, MLB), cominciò a vendere cappellini con i loghi anche al pubblico e questi cominciarono a vedersi un po’ ovunque. Negli Stati Uniti, tra i primi personaggi che sdoganarono l’uso del cappello sportivo c’era il protagonista della serie Magnum, P.I., che aveva come protagonista un investigatore privato interpretato da Tom Selleck.

In un contesto assai diverso, ci fu un episodio che contribuì a cambiare la percezione collettiva nei confronti dei cappelli con la visiera: nel maggio del 1988 fu scattata una foto alla principessa Diana con un cappellino durante una partita di polo nel parco della famiglia reale. La foto divenne famosissima proprio per l’accostamento tra un accessorio così popolare e un contesto di alta nobiltà, per quanto sportivo.

Da quegli anni in poi vedere i cappelli da baseball su personaggi famosi che non avevano nulla a che vedere con lo sport è diventato sempre più frequente: tra i presidenti, come nel caso di George Bush e Barack Obama, era un modo per ispirare simpatia e sembrare alla mano nei contesti meno istituzionali.

I cappelli della MLB
Il cappello dei New York Yankees è probabilmente il più famoso al mondo ed è diventato un simbolo non solo della squadra, ma di tutta la città di New York. Il logo degli Yankees, una N e una Y sovrapposte, inizialmente non aveva niente a che vedere col baseball: venne disegnato dall’azienda di gioielli di lusso Tiffany&Co nel 1877 per una medaglia al valore dedicata a un poliziotto newyorkese, John McDowell, che era riuscito a sventare una rapina in un salone di bellezza di New York dopo essere stato colpito da un proiettile. Gli Yankees – che allora si chiamavano ancora Highlanders – cominciarono a usarlo per le loro uniformi nel primo decennio del Novecento e la medaglia ora è esposta nel museo della Polizia di New York.

Nella famosissima canzone Empire State of Mind (del 2009) il rapper Jay-Z, che è newyorkese e indossa cappellini degli Yankees in pubblico e nei suoi video musicali dagli anni Novanta, rivendicava il suo ruolo nel successo che hanno avuto. Christina McAdam, dirigente di New Era, ha detto al Wall Street Journal che questa affermazione ha un fondo di verità e che sono stati proprio personaggi come Jay-Z e il regista Spike Lee a far entrare il cappello degli Yankees nel mondo della moda. Spike Lee ne fece fare uno rosso apposta per lui, perché potesse abbinarlo a una giacca dello stesso colore. Il cappello rosso ebbe talmente tanto successo che da quel momento New Era cominciò a produrne di tutti i colori.

– Leggi anche: Ne baseball devi sapere cosa c’è nel tuo cappello

I cappellini degli Yankees oggi si possono acquistare un po’ dappertutto con un costo tra i 20 e i 40 euro: online si trovano in moltissimi colori, per esempio su Amazon, Decathlon, Asos, eBay e naturalmente sul sito di New Era, che spedisce anche in Italia. Oltre a quello degli Yankees, tra i più gettonati ci sono quelli dei Los Angeles Dodgers, ma volendo se ne trovano anche di squadre meno conosciute e con loghi altrettanto belli. I loghi li trovate tutti qui.

I cappellini di New Era hanno diversi modelli: 9Twenty, 9Forty, 39Thirty, 59Fifty e trucker. Il più diffuso è il 59Fifty, che ha molte taglie, è senza cinturino e ha la visiera piatta: alcuni la piegano, come fanno i giocatori di baseball per proteggere meglio il viso dal sole, altri la lasciano piatta, per non alterare il design originale del cappello.
In generale esistono due grandi categorie di cappelli da baseball, quelli che in inglese vengono definiti snapback (o in alcuni casi adjustable), che hanno il cinturino dietro per regolare la misura, e quelli definiti fitted, senza cinturino e con le taglie.

Negli anni i cappellini degli Yankees sono stati riproposti in varie declinazioni e per varie occasioni: per esempio nel 2017 il MoMA, il museo di arte contemporanea più grande di New York, ne fece uno in collaborazione con New Era (si riconosce per la scritta MoMA su un lato) in occasione di una mostra sulla moda. Il più recente, invece, è l’annuncio della collaborazione tra New Era e il negozio americano multimarca Bodega: tre cappellini 59Fifty in tweed, uno dei Los Angeles Dodgers, uno dei Boston Red Sox e uno con l’etichetta dell’azienda scozzese Harris Tweed.

Nel 2018 Alessandro Michele, affezionato indossatore dei cappellini degli Yankees, ne disegnò una collezione per Gucci. Prima di Gucci c’erano stati altri piccoli marchi newyorkesi che avevano presentato i loro cappellini con il logo Yankees leggermente modificati, ma come ha scritto il Wall Street Journal «Gucci è lontanissimo da questi piccoli brand di moda streetwear. La sua sorprendente decisione di collaborare con la MLB rinforza l’idea che, culturalmente parlando, il cappello degli Yankees ha superato i diamanti».

Alcune persone – soprattutto tra i “collezionisti” di cappellini delle squadre di baseball – hanno l’abitudine di tenere l’etichetta di vendita attaccata sulla visiera anche dopo l’acquisto. Il motivo è che l’etichetta è la cosa che certifica che il cappellino sia effettivamente originale e non una versione contraffatta. Se si legge online però sono molti i commentatori critici riguardo a questa pratica, che semplicemente sostengono che sia brutta da vedere e che non interessi di fatto a nessuno sapere la taglia del cappellino di qualcun altro.

I cappelli come simboli
Lo scorso agosto la giornalista di moda Ellie Violet Bramley si è chiesta sul Guardian se i cappellini con gli slogan non avessero sostituito le magliette con gli slogan. Ora, scrive Bramley, «i cappellini vengono usati per fare dichiarazioni specifiche riguardo ai propri autori, negozi, hotel e case di produzione preferite». O riguardo all’appartenenza a un movimento politico o culturale, come è il caso del cappellino più famoso della storia recente: quello rosso con la celebre scritta “Make America Great Again”, simbolo della campagna elettorale di Donald Trump per l’elezione a presidente degli Stati Uniti.

(AP Photo/Alex Brandon)

Nell’articolo, Bramley fa l’esempio del critico americano Jason Diamond che ha pubblicato una foto su Instagram con un cappello (un pezzo unico, scrive nei commenti) con scritto solo “Rachel Cusk”, il nome di una scrittrice britannica che evidentemente gli piace molto. O dell’attore Timothée Chalamet, fotografato in più occasioni con un cappello di Elara, una casa di produzione cinematografica indipendente (quella del film Uncut Gems), già visto addosso alla modella collezionista di cappellini Emily Ratajkowski e a Finn Wolfhard, attore della serie Stranger Things. Online è introvabile.

Premesso che chi è interessato a questo tipo di cappellini dovrebbe andare a cercarli nei negozi di quartiere, sui siti di progetti indipendenti o tra il merchandising di ristoranti, associazioni e gruppi musicali, un negozio online dove si possono trovare pezzi originali il cui logo non sia già stato visto troppo in giro è l’olandese Caps Apparel.
Ci si trovano cappellini prodotti da loro o di altri piccoli marchi, ed è possibile crearne di personalizzati. Questo per esempio è stato disegnato da loro e ha la scritta “NO CAP” che vuol dire “nessun cappello” ma che è anche un modo di dire che viene usato molto sui social network come TikTok per dire che non si sta mentendo, che quello che si sta dicendo è vero: qui trovate l’etimologia spiegata bene.

I cappellini dei marchi di abbigliamento
«I cappellini brandizzati sono ufficialmente una cosa. Più grande è il logo, meglio è» ha scritto John Ortved a settembre sul New York Times consigliandone sei di marchi di abbigliamento vari, tra cui il più economico (45 euro) è questo a costine di Patagonia che si può acquistare anche in Italia. C’è anche la versione più leggera.

Tra i cappelli con visiera dei marchi di alta moda, i più citati sono quello con la “C” di Celine, indossato dalle modelle durante la sua sfilata per la collezione primavera/estate del 2021, il Tyronh cap di Isabel Marant e quelli di Balenciaga, tutti con prezzi da diverse centinaia di euro. Ma ce ne sono molti interessanti anche a prezzi più abbordabili: per esempio quelli del marchio Madhappy (44 euro), quelli di Carhartt (20 euro) o i più classici di Ralph Lauren (65 euro). Un sito interessante per chi è in cerca di cappellini è Hatstore, che vende i modelli originali di moltissimi marchi di abbigliamento.

Tra i cappelli più di lusso c’è quello di Loro Piana senza logo indossato da Jeremy Strong (Kendall Roy) in Succession, che costa oltre 600 dollari. Per chi è in cerca di un cappellino senza logo che costi meno ci sono questo in vari colori del marchio Everlane (40 euro), il cui e-commerce spedisce anche in Italia, e questo di Uniqlo (20 euro).

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