Anche Bruce Springsteen ha venduto i diritti sul suo intero repertorio, li ha comprati Sony per circa 500 milioni di dollari

(Mike Coppola/Getty Images for The Bob Woodruff Foundation)
(Mike Coppola/Getty Images for The Bob Woodruff Foundation)

Bruce Springsteen, tra i più famosi cantanti rock di sempre, ha venduto i diritti sul suo repertorio musicale alla casa discografica Sony per circa 500 milioni di dollari: l’affare non è stato annunciato pubblicamente, ma è stato riportato da Billboard e dal New York Times, secondo i quali potrebbe essere il più grande di questo tipo nella storia.

Vendere il proprio catalogo musicale significa vendere i diritti d’autore sulle canzoni del proprio repertorio – tutte, nel caso di Springsteen – e quindi i proventi che ne derivano, da quelli minuscoli delle singole riproduzioni in streaming a quelli potenzialmente milionari degli utilizzi nei film e nelle serie tv, passando per le cover suonate dal vivo, le trasmissioni in radio, le riedizioni di dischi e cofanetti.

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Springsteen è l’ultimo di una lunga serie di cantanti e band che hanno fatto lo stesso: lo avevano preceduto per esempio Bob Dylan, Neil Young e Paul Simon.

È una tendenza che ha una spiegazione nelle dinamiche attuali dell’industria discografica: nella crisi ventennale che attraversa, legata principalmente al crollo delle vendite della musica fisica, all’insostenibilità del modello di business della musica in streaming e più recentemente alla sospensione dei concerti per via della pandemia, vendere i diritti sul proprio catalogo rappresenta un’occasione unica per incassare liquidità.

Inoltre, i dischi delle vecchie leggende del rock sono tra quelli che vendono di più, nel mercato attuale, e quindi i repertori di gente come Springsteen o Dylan sono molto attraenti per le major discografiche. Si tratta insomma di un’occasione di cui molti vecchi artisti scelgono di approfittare ora che possono.