La lunga crisi di General Electric

Una delle società più antiche e significative del capitalismo americano si separerà in tre, dopo vent'anni di difficoltà

Immagini di Jack Welch alla New York Stock Exchange (AP Photo/Richard Drew)
Immagini di Jack Welch alla New York Stock Exchange (AP Photo/Richard Drew)

Martedì Larry Culp, l’amministratore delegato di General Electric (GE), ha annunciato che il più grande e famoso conglomerato americano, che produce decine di prodotti molto diversi tra loro, dai motori per gli aeroplani ai macchinari sanitari negli ospedali, si dividerà in tre aziende più piccole, ciascuna delle quali manterrà comunque un valore di decine di miliardi di dollari. La decisione di scorporare l’azienda è arrivata dopo vent’anni di crisi, in cui GE ha subìto un lungo e doloroso ridimensionamento: nel 2000 era l’azienda di maggior valore al mondo, mentre oggi non è nemmeno tra le prime cento.

L’azienda si dividerà in tre tronconi: Larry Culp rimarrà a capo del settore che produce motori per aeroplani, che manterrà anche il nome di General Electric. Nel 2023 si staccherà dall’azienda principale GE Healthcare, che produce macchinari sanitari, mentre nel 2024 si staccherà un terzo settore dedicato all’energia.

La divisione di General Electric comporta anche la fine di una delle aziende più simboliche e influenti del capitalismo americano: fondata nel 1892, GE è stata una delle aziende manifatturiere più importanti del mondo per tutto il corso del Novecento, e ha avuto un grosso ruolo nello sviluppo dell’economia degli Stati Uniti. Nacque dalla fusione della Edison General Electric Company, la società dell’inventore americano Thomas Edison, con un’altra azienda che si occupava di elettricità, e tra i suoi primi brevetti ebbe la lampadina a incandescenza (che non fu inventata da Edison, ma che Edison contribuì a rendere popolare e commercialmente fruttuosa).

(AP Photo/John Minchillo, File)

Nel corso dei decenni, GE si espanse in decine di settori: dalla produzione di locomotive a quella di elettrodomestici al settore petrolifero, fino alla costruzione di centrali nucleari, alla chimica, alla finanza e all’informatica. Durante la Seconda guerra mondiale fu uno dei più importanti fornitori industriali dell’esercito degli Stati Uniti; successivamente, nel dopoguerra, produsse gli elettrodomestici che finirono nelle abitazioni di decine di milioni di famiglie americane.

GE ha avuto anche alcuni dei manager e degli imprenditori più influenti del Novecento: tra questi c’è Jack Welch, che fu nominato amministratore delegato dell’azienda nel 1981 e divenne il simbolo del capitalismo americano per oltre vent’anni.

Welch assunse la carica pochi mesi dopo la nomina di Ronald Reagan alla presidenza degli Stati Uniti, e divenne uno dei principali fautori delle teorie del “neoliberismo” sostenute dall’allora presidente. Concentrandosi esclusivamente sulla crescita, Welch aumentò le entrate di GE di cinque volte, e la trasformò in un gigantesco conglomerato industriale capace di sostenere la concorrenza dei grossi gruppi industriali giapponesi (al tempo, per l’industria americana, la principale minaccia era il Giappone, un po’ come oggi lo è la Cina).

Welch creò dentro a GE una cultura aziendale che il New York Times definì «darwiniana», in cui la competizione interna era incoraggiata e che riuscì ad attrarre molti dei manager e dirigenti più ambiziosi del tempo.

Welch fu anche definito come il padre del movimento noto come “shareholder value”, cioè quella dottrina per cui l’unico dovere di un’azienda è nei confronti dei suoi azionisti e investitori (gli “shareholder”, appunto) – e non nei confronti della società, né dei suoi dipendenti. Secondo la dottrina dello “shareholder value”, gli sforzi di un’azienda devono concentrarsi esclusivamente sulla crescita e sulla massimizzazione del profitto per gli investitori. In questo senso ogni altra preoccupazione (il benessere dei dipendenti, l’impatto sulla società) è secondaria, e comunque deve essere valutata in funzione della crescita.

Per queste teorie e per il suo enorme successo, nel 1999 Welch fu nominato dalla rivista Fortune come «il manager del secolo», anche se lui stesso in seguito ripudiò la dottrina dello “shareholder value”.

Jack Welch nel 2001 (Chris Hondros/Newsmakers)

Welch sviluppò anche un enorme business finanziario dentro a GE, che a cavallo del secolo cominciò a dedicarsi a investimenti e altre attività finanziarie, compreso il prestito di denaro, diventando nei fatti una delle più grosse banche degli Stati Uniti. Ma quando nel 2008 il mercato finanziario crollò, GE fu una delle aziende più colpite: fu costretta a chiedere aiuti statali e non si riprese più davvero. I vari amministratori delegati che si sono succeduti dopo Welch hanno tentato vari piani di rilancio, ma hanno avuto tutti scarso o nessun successo.

Alla fine, l’azienda si è rassegnata a un graduale ridimensionamento. Nel corso degli ultimi due decenni, GE ha man mano eliminato vari pezzi di business poco produttivi: ha venduto il settore della produzione di locomotive, quello degli elettrodomestici, le sue operazioni negli idrocarburi, e tutto il ramo dei servizi finanziari. I dipendenti, che erano oltre 300 mila nel 2014, oggi sono 160 mila.

Una delle umiliazioni peggiori arrivò nel 2018, quando GE fu esclusa dal listino borsistico Dow Jones, che contiene le 30 società più importanti del mercato americano. GE era stata uno dei 12 membri originari del Dow Jones, e vi aveva fatto parte dal 1896.

Da qualche anno, GE è rimasta con tre grossi business, i principali, ciascuno dei quali rimane piuttosto solido e produttivo: la produzione di motori per aeroplani, quella di macchinari sanitari e quella dell’energia (che comprende la produzione di turbine per le pale eoliche). Entro il 2024, questi business diventeranno tre aziende separate.