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La storia di Yvan Sagnet, che combatte contro il caporalato

La raccolta dei pomodori dei ragazzi ingaggiati da NO CAP nei campi nei pressi di Rignano Garganico, in provincia di Foggia. (Claudio Caprara/Il Post)

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La raccolta dei pomodori dei ragazzi ingaggiati da NO CAP nei campi nei pressi di Rignano Garganico, in provincia di Foggia. (Claudio Caprara/Il Post)

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La storia di Yvan Sagnet, che combatte contro il caporalato

La raccolta dei pomodori dei ragazzi ingaggiati da NO CAP nei campi nei pressi di Rignano Garganico, in provincia di Foggia. (Claudio Caprara/Il Post)

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La raccolta dei pomodori dei ragazzi ingaggiati da NO CAP nei campi nei pressi di Rignano Garganico, in provincia di Foggia. (Claudio Caprara/Il Post)

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La raccolta dei pomodori dei ragazzi ingaggiati da NO CAP nei campi nei pressi di Rignano Garganico, in provincia di Foggia. (Claudio Caprara/Il Post)

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La storia di Yvan Sagnet, che combatte contro il caporalato

Il ciclo di produzione etico NO CAP parte dalla ricerca di personale che sta nei ghetti. «Noi cerchiamo il nostro personale tra chi è più vulnerabile». In queste foto di Maria Palmieri c'è la prima assemblea dei residenti a Borgo Mezzanone da tre anni a questa parte, dove Yvan Sagnet spiega agli immigrati il progetto di assunzione che prevede, per prima cosa, l'uscita dal ghetto per andare a vivere in un luogo diverso, più pulito ed accogliente, ma soprattutto lontano dal controllo dei caporali. L'assemblea è servita per raccogliere le adesioni delle persone che erano disposte a rispettare altre regole (una convivenza ordinata in un centro della comunità Emmaus), in cambio di maggiori tutele (un contratto regolare, un orario di lavoro definito e condizioni garantite di non sfruttamento).

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La storia di Yvan Sagnet, che combatte contro il caporalato

Il ciclo di produzione etico NO CAP parte dalla ricerca di personale che sta nei ghetti. «Noi cerchiamo il nostro personale tra chi è più vulnerabile». In queste foto di Maria Palmieri c'è la prima assemblea dei residenti a Borgo Mezzanone da tre anni a questa parte, dove Yvan Sagnet spiega agli immigrati il progetto di assunzione che prevede, per prima cosa, l'uscita dal ghetto per andare a vivere in un luogo diverso, più pulito ed accogliente, ma soprattutto lontano dal controllo dei caporali. L'assemblea è servita per raccogliere le adesioni delle persone che erano disposte a rispettare altre regole (una convivenza ordinata in un centro della comunità Emmaus), in cambio di maggiori tutele (un contratto regolare, un orario di lavoro definito e condizioni garantite di non sfruttamento).

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Il ciclo di produzione etico NO CAP parte dalla ricerca di personale che sta nei ghetti. «Noi cerchiamo il nostro personale tra chi è più vulnerabile». In queste foto di Maria Palmieri c'è la prima assemblea dei residenti a Borgo Mezzanone da tre anni a questa parte, dove Yvan Sagnet spiega agli immigrati il progetto di assunzione che prevede, per prima cosa, l'uscita dal ghetto per andare a vivere in un luogo diverso, più pulito ed accogliente, ma soprattutto lontano dal controllo dei caporali. L'assemblea è servita per raccogliere le adesioni delle persone che erano disposte a rispettare altre regole (una convivenza ordinata in un centro della comunità Emmaus), in cambio di maggiori tutele (un contratto regolare, un orario di lavoro definito e condizioni garantite di non sfruttamento).

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La storia di Yvan Sagnet, che combatte contro il caporalato

Il ciclo di produzione etico NO CAP parte dalla ricerca di personale che sta nei ghetti. «Noi cerchiamo il nostro personale tra chi è più vulnerabile». In queste foto di Maria Palmieri c'è la prima assemblea dei residenti a Borgo Mezzanone da tre anni a questa parte, dove Yvan Sagnet spiega agli immigrati il progetto di assunzione che prevede, per prima cosa, l'uscita dal ghetto per andare a vivere in un luogo diverso, più pulito ed accogliente, ma soprattutto lontano dal controllo dei caporali. L'assemblea è servita per raccogliere le adesioni delle persone che erano disposte a rispettare altre regole (una convivenza ordinata in un centro della comunità Emmaus), in cambio di maggiori tutele (un contratto regolare, un orario di lavoro definito e condizioni garantite di non sfruttamento).

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La storia di Yvan Sagnet, che combatte contro il caporalato

La mattina del trasferimento del gruppo di immigrati regolari reclutati al ghetto di Borgo Mezzanone. Il giorno prima erano state fatte le visite mediche e sono stati sottoposti a tampone molecolare. L'appuntamento era alla stazione di Foggia, per partire e arrivare al villaggio Emmaus dove hanno abitato per tutte le settimane di raccolta dei pomodori. «Il nostro primo obiettivo - dice Yvan Sagnet - è togliere questi ragazzi dal ghetto. Chi vive nel ghetto non ha diritti». All'accoglienza vengono registrati i documenti e vengono informati con precisione del comportamento che devono tenere. (Claudio Caprara/Il Post)

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La mattina del trasferimento del gruppo di immigrati regolari reclutati al ghetto di Borgo Mezzanone. Il giorno prima erano state fatte le visite mediche e sono stati sottoposti a tampone molecolare. L'appuntamento era alla stazione di Foggia, per partire e arrivare al villaggio Emmaus dove hanno abitato per tutte le settimane di raccolta dei pomodori. «Il nostro primo obiettivo - dice Yvan Sagnet - è togliere questi ragazzi dal ghetto. Chi vive nel ghetto non ha diritti». All'accoglienza vengono registrati i documenti e vengono informati con precisione del comportamento che devono tenere. (Claudio Caprara/Il Post)

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La mattina del trasferimento del gruppo di immigrati regolari reclutati al ghetto di Borgo Mezzanone. Il giorno prima erano state fatte le visite mediche e sono stati sottoposti a tampone molecolare. L'appuntamento era alla stazione di Foggia, per partire e arrivare al villaggio Emmaus dove hanno abitato per tutte le settimane di raccolta dei pomodori. «Il nostro primo obiettivo - dice Yvan Sagnet - è togliere questi ragazzi dal ghetto. Chi vive nel ghetto non ha diritti». All'accoglienza vengono registrati i documenti e vengono informati con precisione del comportamento che devono tenere. (Claudio Caprara/Il Post)

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La mattina del trasferimento del gruppo di immigrati regolari reclutati al ghetto di Borgo Mezzanone. Il giorno prima erano state fatte le visite mediche e sono stati sottoposti a tampone molecolare. L'appuntamento era alla stazione di Foggia, per partire e arrivare al villaggio Emmaus dove hanno abitato per tutte le settimane di raccolta dei pomodori. «Il nostro primo obiettivo - dice Yvan Sagnet - è togliere questi ragazzi dal ghetto. Chi vive nel ghetto non ha diritti». All'accoglienza vengono registrati i documenti e vengono informati con precisione del comportamento che devono tenere. (Claudio Caprara/Il Post)

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La mattina del trasferimento del gruppo di immigrati regolari reclutati al ghetto di Borgo Mezzanone. Il giorno prima erano state fatte le visite mediche e sono stati sottoposti a tampone molecolare. L'appuntamento era alla stazione di Foggia, per partire e arrivare al villaggio Emmaus dove hanno abitato per tutte le settimane di raccolta dei pomodori. «Il nostro primo obiettivo - dice Yvan Sagnet - è togliere questi ragazzi dal ghetto. Chi vive nel ghetto non ha diritti». All'accoglienza vengono registrati i documenti e vengono informati con precisione del comportamento che devono tenere. (Claudio Caprara/Il Post)

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La mattina del trasferimento del gruppo di immigrati regolari reclutati al ghetto di Borgo Mezzanone. Il giorno prima erano state fatte le visite mediche e sono stati sottoposti a tampone molecolare. L'appuntamento era alla stazione di Foggia, per partire e arrivare al villaggio Emmaus dove hanno abitato per tutte le settimane di raccolta dei pomodori. «Il nostro primo obiettivo - dice Yvan Sagnet - è togliere questi ragazzi dal ghetto. Chi vive nel ghetto non ha diritti». All'accoglienza vengono registrati i documenti e vengono informati con precisione del comportamento che devono tenere. (Claudio Caprara/Il Post)

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Il Post è una testata registrata presso il Tribunale di Milano, 419 del 28 settembre 2009 - ISSN 2610-9980