Cosa causa i “geloni da COVID-19”

Un gruppo di ricercatori ha trovato nuovi indizi sulle infiammazioni alle dita dei piedi e talvolta delle mani osservate in molti pazienti durante la pandemia

(Go Nakamura/Getty Images)
(Go Nakamura/Getty Images)

Una ricerca da poco pubblicata offre qualche nuovo elemento per spiegare le infiammazioni alle dita, specialmente dei piedi, osservate in diversi pazienti malati di COVID-19 e spesso definiti come “geloni da COVID-19”, per la loro somiglianza con i danni che alcune persone predisposte sviluppano dopo una prolunga esposizione ad ambienti freddi e umidi. Medici e ricercatori avevano ipotizzato che la condizione si verificasse in seguito a un’anomala risposta immunitaria, indotta dalla necessità di contrastare l’infezione da coronavirus: gli autori del nuovo studio dicono di avere identificato le parti del sistema immunitario responsabili del fenomeno. La migliore comprensione del meccanismo dovrebbe fornire nuovi spunti per sviluppare terapie che riducano questi e altri sintomi della COVID-19.

Già nel corso del 2020 diversi medici avevano segnalato di avere riscontrato infiammazioni alle dita simili ai geloni tra i loro pazienti malati di COVID-19. La condizione era diffusa soprattutto tra i bambini e gli adolescenti, mentre era osservata con minore frequenza tra gli adulti. Per alcuni pazienti era sostanzialmente indolore, mentre per altri causava forte prurito, gonfiore e la formazione di piccole vesciche. Erano stati inoltre segnalati casi più gravi, di persone che non erano riuscite a camminare per diversi giorni a causa del gonfiore ai piedi.

In mesi di studi e analisi, è emerso che i geloni da COVID-19 interessano soprattutto i piedi, e in particolare gli alluci. Si possono comunque formare anche alle dita delle mani e possono richiedere settimane, a volte mesi, prima di sparire. Alcuni pazienti li sviluppano senza avere al tempo stesso gli altri sintomi della COVID-19 come tosse secca, febbre o perdita temporanea dell’olfatto e del gusto.

La nuova ricerca sui geloni da COVID-19 è stata pubblicata sulla rivista scientifica British Journal of Dermatology. I suoi autori hanno effettuato esami del sangue e altri test su 50 pazienti con sintomi che facevano sospettare la presenza della condizione, mettendoli a confronto con 13 individui che avevano sviluppato geloni prima dell’inizio della pandemia.

Le analisi e i test hanno permesso di isolare due meccanismi del sistema immunitario che sembrano essere coinvolti nel fenomeno. Uno riguarda gli interferoni di tipo I, proteine che hanno un ruolo nel regolare l’attività del sistema immunitario, l’altro un anticorpo che nel reagire all’infezione virale attacca anche i tessuti cellulari non coinvolti nell’infezione, causando ulteriori danni. L’infiammazione interessa anche l’endotelio, il rivestimento interno dei vasi sanguigni, come era già stato evidenziato da altre ricerche che avevano analizzato la risposta fuori misura che talvolta il sistema immunitario può avere quando è in corso un’infezione da coronavirus.

Ricondurre una condizione simile ai geloni alla COVID-19 non è comunque sempre possibile. Può accadere che problemi dermatologici legati al coronavirus appaiano in una fase successiva all’infezione acuta o tra individui che non manifestano altri sintomi, cosa che rende più difficile una corretta diagnosi. Il fenomeno sembra essere inoltre meno frequente negli ultimi mesi, forse per merito della maggiore protezione offerta dai vaccini o da precedenti infezioni da coronavirus. Non è invece chiaro se la variante delta, ormai prevalente in molte aree del mondo, comporti minori rischi di sviluppare problemi dermatologici.

Una conferma delle cause dei geloni da COVID-19 era attesa, ma saranno necessari ulteriori studi per comprendere meglio il modo in cui si sviluppano e capire perché la loro incidenza sia maggiore tra i più giovani. Studi di questo tipo potrebbero offrire inoltre nuovi spunti per trattare altri sintomi della COVID-19, specialmente nelle sue forme più gravi.