Una canzone di John Paul Young

Per godere di queste appendici estive settembrine

(Mark Metcalfe/Getty Images)
(Mark Metcalfe/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Eddie Vedder ha pubblicato una canzone nuova da un disco suo (nel senso non dei Pearl Jam) che uscirà questo autunno. Canzone onesta, non di quelle che resteranno.
Il mese scorso il sito di musica Pitchfork ha avuto la buona idea di celebrare quel fenomeno particolare di rapporto con le canzoni che si manifesta quando ci innamoriamo di un passaggio in particolare, in una canzone, unico, pochi secondi: e ha chiesto alle persone della sua redazione di raccontare scelte di questo genere. Il risultato è un po’ deludente perché gli interpellati non hanno bene interpretato il mandato, secondo me, e i loro riferimenti non sono intervalli così definiti e isolati: ma la lista vale grazie a quello che ha citato il momento “Do I love you? Yes I love you” in Tinseltown in the rain dei Blue Nile, e per quello che ha raccontato di andare pazzo per Abbracciala abbracciali abbracciati di Battisti e per il suo coro, che avevamo messo in questa newsletter.
(per fare un mio esempio illustre, il rientro della chitarra a 17.52 in Shine on you crazy diamond; o il pianoforte da 7.12 nello Stambecco ferito di Venditti; o “I will wait” a 2.36 in Nights on Broadway dei Bee Gees; o lo “uh!” a 2.47 in Easy dei Commodores; ok, smetto)

Love is in the air
John Paul Young

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Love is in the air, everywhere I look around
Love is in the air, every sight and every sound
And I don’t know if I’m being foolish
Don’t know if I’m being wise
But it’s something that I must believe in
And it’s there when I look in your eyes

Visto da qui, John Paul Young fu una meteora: uno di quelli che fanno un botto pazzesco con una canzone e poi non se ne sa più niente, e ci si chiede se campino ancora di royalties da quella canzone. Ma è una conclusione di corte vedute: quando la canzone di John Paul Young rimbalzò nelle radio e nelle discoteche di tutto il mondo per settimane – era il 1978, io avevo tredici anni – lui era già molto famoso in Australia e lo sarebbe stato ancora fino a oggi come cantante e personaggio televisivo e radiofonico (ha continuato a partecipare a talent show e Ballando sotto le stelle locali fino a poco fa: ha 71 anni, è nato in Scozia ma emigrò con la famiglia in Australia da bambino). Insomma, non vi preoccupate per lui, riascoltando la canzone.

Che è un’allegra e appiccicosa canzone di leggerezza primaverile, del tutto incongrua con il malinconico autunno che sta finalmente arrivando, quindi ve la passo per godervi queste appendici estive settembrine: e che deve tutto a un arrangiamento disco-melodico in cui ogni elemento che progressivamente interviene è da manuale della semplicità efficace, dalla base, alle tastiere, al pianoforte, ai giretti di chitarra.

Lui la sta ancora cantando, anche per buone ragioni, o almeno ci prova.
(è pure una specie di inno della squadra scozzese del Dundee)

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