La Lega continua a votare contro il Green Pass

È successo di nuovo martedì sera alla Camera, e ora il governo potrebbe rinviare l'estensione del certificato

(ANSA/FABIO DI PIETRO)
(ANSA/FABIO DI PIETRO)

Martedì sera le forze che sostengono il governo guidato da Mario Draghi si sono divise durante la votazione alla Camera di alcuni emendamenti alla conversione in legge del cosiddetto “decreto Green Pass”. A causare le agitazioni, come ormai da settimane a questa parte, è stata la Lega. Nel pomeriggio aveva assicurato il proprio appoggio al governo su tutte le votazioni. In serata però ha votato insieme all’opposizione – quindi a Fratelli d’Italia – per abolire l’obbligo di esibire il Green Pass in alcune circostanze. Una cosa simile era successa anche la scorsa settimana in un voto nella commissione Affari Sociali della Camera. Gli emendamenti non sono comunque passati.

Da tempo la Lega sta cercando di contendere a Fratelli d’Italia, il principale partito di opposizione, l’elettorato più scettico sui vaccini e su misure come il Green Pass. Questi sforzi però stanno causando diverse tensioni all’interno della maggioranza, in cui tutti gli altri partiti sostengono un approccio più restrittivo nel tentativo di arginare la diffusione della pandemia.

Tutto era iniziato nel pomeriggio, quando sia la Lega sia gli altri partiti di maggioranza avevano accettato di ritirare i propri emendamenti alla legge di conversione del decreto che istituiva il Green Pass: in cambio, il governo si era impegnato a non porre la fiducia sul testo – cosa che avrebbe portato in tempi rapidi a un voto – e a discutere in aula i contenuti del decreto.

L’assenza di un voto di fiducia aveva però permesso ai partiti dell’opposizione, fra cui Fratelli d’Italia, di avanzare vari emendamenti per ribadire la propria contrarietà al Green Pass. Gli emendamenti non sono passati, ma la Lega si è prima astenuta su un emendamento per eliminare totalmente il Green Pass, e successivamente ha votato a favore di un altro emendamento che chiedeva di eliminare l’obbligo di Green Pass per mangiare al chiuso nei ristoranti. Quest’ultimo emendamento è stato votato da 134 deputati, fra cui moltissimi leghisti: Fratelli d’Italia infatti dispone di 37 deputati, alcuni dei quali ieri non erano in aula, mentre la Lega ne ha 132.

In un’intervista al Corriere della Sera, il segretario della Lega Matteo Salvini ha detto che nella maggioranza «tutti erano informati di tutto», cioè del fatto che la Lega avrebbe votato insieme a Fratelli d’Italia. Il Sole 24 Ore ha descritto Draghi come «non contento» dell’atteggiamento della Lega, e ipotizza che «Salvini abbia voluto mandare messaggi in vista del prossimo decreto che dovrà estendere l’uso del Green Pass a decine di categorie di lavoratori, operai compresi, sia della pubblica amministrazione che delle aziende private».

– Leggi anche: L’obbligo vaccinale, spiegato

Diversi giornali scrivono che prima di ieri Draghi pensava di convocare un Consiglio dei ministri per estendere il Green Pass ad altre categorie di lavoratori, come ormai si ipotizza da giorni; dopo le tensioni di ieri però potrebbe rinviare ogni decisione alla prossima settimana, per evitare ulteriori tensioni nella maggioranza.

Gli altri partiti della maggioranza come Partito Democratico e Movimento 5 Stelle temono però che l’atteggiamento di Salvini faccia parte di una strategia a medio termine concordata con Fratelli d’Italia e la sua leader Giorgia Meloni: i due, fra l’altro, si sono incontrati lo scorso weekend al Forum The European House – Ambrosetti, tenuto come ogni anno a Cernobbio, in provincia di Como.

Secondo alcune ricostruzioni il riavvicinamento di Salvini e Meloni, dopo le forti tensioni degli scorsi mesi, sarebbe dovuto alla strategia comune di eleggere Draghi alla presidenza della Repubblica nell’imminente votazione per sostituire Sergio Mattarella, prevista a febbraio, in cambio della promessa di ottenere elezioni anticipate. Parlando con Repubblica lo ha confermato implicitamente anche Ignazio La Russa, senatore di Fratelli d’Italia considerato molto vicino a Meloni, secondo cui nell’incontro fra Salvini e Meloni di Cernobbio «si è parlato di elezioni e della prospettiva che queste siano anticipate, come sia noi che Salvini crediamo e auspichiamo».

La gran parte degli altri partiti, invece, preferirebbe che l’attuale legislatura arrivi fino al suo termine naturale, nel 2023. Perché succeda, dal punto di vista dei partiti, il modo migliore sarebbe che fino ad allora Draghi continuasse a ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio. Per questo l’elezione del presidente della Repubblica di febbraio è importante: fino a qualche mese fa era data come quasi certa l’elezione di Draghi, ora è giudicata ancora possibile ma meno probabile. Si parla con sempre maggiore insistenza della possibilità che il centrosinistra e il M5S chiedano a Mattarella di fare un secondo mandato, anche più corto, in modo che Draghi possa rimanere a Palazzo Chigi fino al 2023. La volontà di Salvini e Meloni di eleggere Draghi al Quirinale, descritta abbondantemente dai cronisti politici, è dovuta al fatto che questo scenario favorirebbe probabilmente le elezioni anticipate.