La lettera del produttore Cosmo sulla ripresa dei concerti in cui si balla

«È ora di creare aggregazione senza lo stigma dell’irresponsabilità o dell’untore» ha scritto alla presidenza della Regione Emilia-Romagna

(Xavi Torrent/Getty Images)
(Xavi Torrent/Getty Images)

Il cantante e produttore Cosmo ha pubblicato sui quotidiani La Nazioneil Resto del Carlino e sul suo profilo Instagram una lettera al presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e alla vice presidente Elly Schlein per spiegare che le attuali regole sugli eventi continuano a tenere bloccato un grosso pezzo della musica dal vivo e degli eventi nei club. Per molti artisti e molti organizzatori di concerti, la possibilità di fare gli spettacoli con il pubblico seduto e distanziato non esiste: per chi come Cosmo fa musica elettronica, i concerti possono prevedere soltanto un pubblico in piedi, con la possibilità di ballare. Quegli stessi concerti, col pubblico seduto, non si possono fare: sia perché «non fa proprio parte di determinati riti, determinate culture musicali», sia perché le capienze ridotte non consentono di sostenere le spese.

La richiesta di Cosmo è che siano permessi gli ultimi concerti che si possono ancora fare all’aperto, con l’accesso riservato a chi ha il Green Pass, come quelli che ha organizzato e per cui ha già venduto tutti i biglietti – ma che non sa se si potranno davvero fare – a Bologna a inizio ottobre. Con una deroga alle regole nazionali, chiede alla presidenza della regione, si potrebbe fare un esperimento per quegli eventi, come già avvenuto in altri paesi.

La lettera di Cosmo continua sostenendo la necessità di vaccinarsi e ipotizza che la ripresa di questo genere di eventi possa incentivare ulteriormente i giovani ad aderire alla campagna. E, dice Cosmo, se finora nella gestione della pandemia «la musica elettronica come linguaggio dei giovani, l’aggregazione, la socialità e il ballo sono stati messi in coda a tutto», dopo un anno e mezzo «la convivenza col virus è iniziata. È ora di cancellare la parola “assembramenti”, smetterla di sbattere le persone in festa in prima pagina solo per creare polemiche e scandalo. È ora di creare aggregazione senza lo stigma dell’irresponsabilità o dell’untore».

Caro Presidente Bonaccini, cara vicepresidente Schlein,
Da tempo pensavo di scrivervi, ma mi sono sempre fatto degli scrupoli. Non solo: ero convinto non fosse necessario. Ero convinto che le cose si sarebbero sistemate, inesorabilmente. E con me tutti quelli che lavorano con me.
Il nostro settore, quello della musica dal vivo, dei concerti e delle serate nei club, può ripartire seriamente solo in un modo (prima che l’emergenza venga dichiarata ufficialmente superata, intendo): utilizzando il Green Pass come un’opportunità per tornare alla normalità. Tampone o vaccino (o guarigione) che sia, mi sembrava ovvio che con circa il 70% della popolazione vaccinata e l’allentamento della pressione sulle strutture sanitarie si potesse estendere l’uso del pass a tutte le attività.

Purtroppo, il governo ha preferito l’ipocrisia. Ha preferito voltarsi dall’altra parte e lasciare le briciole al nostro settore. Perché, credo voi lo sappiate, la maggioranza dei musicisti e dj non possono esibirsi col pubblico seduto e distanziato. Non fa proprio parte di determinati riti, determinate culture musicali. Inoltre, e questo è un altro aspetto che il governo finge di ignorare, le capienze attuali rendono insostenibile la produzione di gran parte degli eventi. I festival messi in piedi quest’estate sono quasi esclusivamente quelli che beneficiavano di finanziamenti. Questo costituisce, di fatto, una discriminazione. E segna una ripartenza che definire falsa è un eufemismo, perché sul lungo periodo – ma anche sul breve – sarà impossibile continuare con queste modalità, e in tanti saranno tagliati fuori, costretti a mollare e cambiare lavoro.

Fino a qui, siamo stati più che responsabili: noi della musica siamo stati i primi a fermarci, ancora prima che arrivassero le zone rosse e i DPCM. Ci siamo fermati, abbiamo aspettato e ci siamo messi a disposizione del pubblico con i mezzi a nostra disposizione per rendere meno duro, almeno dal punto di vista dell’umore, il periodo in cui eravamo tutti bloccati in casa. Da cittadino, da padre, prima ancora che da musicista, credo che la vaccinazione non sia solo qualcosa che facciamo per noi stessi, ma anche un dovere che abbiamo nei confronti della comunità, e noi del mondo della musica possiamo essere un veicolo per motivare la fasce più giovani a vaccinarsi.

Come? Il concerto che sto cercando di fare il 1, 2 e 3 ottobre a Bologna va in questa direzione. Ingresso solo con Green Pass e tamponi rapidi realizzati entro poche ore dall’inizio dell’evento, ma con le modalità a cui eravamo abituati prima dell’arrivo della pandemia: in piedi, vicini, cantando e ballando come avviene già in tutto il resto d’Europa. Poterlo fare sarebbe un incentivo enorme alla vaccinazione per i giovani, o comunque un’estensione degli screening tramite tamponi. Eppure niente: per quanto ne sappiamo, non c’è stato ancora nessun segnale dal governo.

Ora la situazione è questa: abbiamo venduto migliaia di biglietti divisi tra gli spettacoli dell’1, 2 e 3 ottobre. Tutti sono consapevoli delle modalità di accesso e le condividono (green pass, appunto). A marzo, quando la strada sembrava segnata, è iniziato un lavoro enorme di preparazione. Eppure le discoteche (settore la cui riapertura è legata alla ripresa dei concerti in piedi) sono ancora chiuse. E ai concerti c’è ancora l’obbligo di stare seduti, con capienze ridicole.

Per questo mi è venuta l’idea di scrivervi. Nutro la massima stima per voi e per la Regione che amministrate. Da qui vi si guarda come esempi, e la scelta della location è legata anche alla condivisione di una visione politica. Perché in fondo per me di questo si tratta. Questo concerto è rimandabile, figuriamoci, senza che il mondo finisca. E sia chiaro: non è (solo) per l’aspetto economico e lavorativo che lo stiamo mettendo in piedi. Questo evento ha un significato che lo rende urgente, un significato politico nel senso più alto del termine.

La musica elettronica come linguaggio dei giovani, l’aggregazione, la socialità e il ballo sono stati messi in coda a tutto, finora. La pandemia è stata la cartina al tornasole dei valori e delle priorità di chi ci governa, e della sordità diffusa che sta ancora prevalendo tra le forze politiche.

Ora basta. Non sono qui a chiedervi di fare l’impossibile, ma bisogna dare un segnale. Al governo. Insieme. Perché è il momento di dare una svolta a questo periodo. La convivenza col virus è iniziata. È ora di cancellare la parola “assembramenti”, smetterla di sbattere le persone in festa in prima pagina solo per creare polemiche e scandalo. È ora di creare aggregazione senza lo stigma dell’irresponsabilità o dell’untore. È ora di essere pragmatici e smetterla di colpevolizzare il nostro settore. È ora di dare una prova che le cose si possono fare. Nel resto d’Europa (UK, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Svizzera e diversi paesi dell’Est) quest’estate ci sono già stati moltissimi festival outdoor e serate con migliaia di persone tutte vicine e in piedi. Gli ingressi, guarda un po’, erano possibili solo col Green Pass.

Il nostro live sarà di fatto outdoor, perché il tendone sarà completamente aperto in tutto il suo perimetro. L’evento non ha bisogno di pubblicità, perché di fatto abbiamo già venduto tutti i biglietti. Non cerco visibilità, anzi: sto offrendo la mia visibilità per portare a galla il nodo e scioglierlo. Ma dovremo fare un gran lavoro, perché tutta Italia sappia cosa è successo, e si apra definitivamente una nuova strada per il settore. E in generale, si cominci ad uscire dalla gabbia in cui abbiamo chiuso le nostre teste.

Insomma, vi chiedo semplicemente di unirci per lanciare un appello con i fatti. Di aiutarci ad autorizzare l’evento in deroga alle disposizioni statali. Possiamo farlo come esperimento, per quanto sia surreale chiamarlo così, dopo che tutta Europa ha fatto esperimenti entro l’inizio del 2021 e ha già messo in pratica i protocolli quest’estate. Noi siamo disponibili a essere i primi. L’importante è che il concerto avvenga già ad ottobre. Perché sappiamo che non è più il caso di aspettare. L’incantesimo pandemico va rotto, e bisogna iniziare a voltare pagina (come già avvenuto in tanti settori), pur senza illuderci di chiudere la faccenda troppo presto. Avremmo il plauso di tutto il comparto e di milioni di giovani. Che in fondo sono i primi a meritarselo.

Ad alcuni sembrerà paradossale, ma oggi è proprio intorno alla musica che si gioca il senso della politica: oltre la burocrazia, per ritrovare la gioia di stare insieme. Anche questo è essere paese, essere comunità.