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  • Martedì 31 agosto 2021

L’esercito statunitense ha lasciato l’Afghanistan

Dopo 20 anni di presenza, l'ultimo aereo militare è partito nella notte lasciando il paese completamente nelle mani dei talebani

L'ultimo soldato della missione militare in Afghanistan lascia Kabul (Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti)
L'ultimo soldato della missione militare in Afghanistan lascia Kabul (Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti)

Nella notte tra lunedì e martedì l’ultimo volo militare statunitense ha lasciato l’aeroporto di Kabul, segnando la fine di 20 anni di presenza degli Stati Uniti in Afghanistan, la guerra più lunga mai sostenuta dal paese. Intorno a mezzanotte un aereo C-17 ha trasportato fuori dal paese l’ambasciatore degli Stati Uniti accompagnato da alcune decine di soldati. Resteranno a Kabul alcuni diplomatici per fornire assistenza a chi abbia diritto a lasciare il paese, da metà agosto sotto il pieno controllo dei talebani.

Nelle prime ore di martedì il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pubblicato sui social network la fotografia dell’«ultimo soldato americano che lascia l’Afghanistan», salendo a bordo del C-17 decollato nella notte da Kabul.

Nelle ore successive sono stati avvistati nell’aeroporto gruppi di talebani che ispezionavano hangar e altre aree della struttura, con aerei e altri equipaggiamenti lasciati dall’esercito statunitense. Come segnalato nei giorni scorsi, i talebani potranno disporre di grandi quantità di armi importate negli anni dagli Stati Uniti per rifornire l’esercito afgano: in alcuni casi non sono più utilizzate, mentre in altri sono completamente nuove e non sono mai state mai messe in servizio.

Il segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, ha commentato la fine della missione in Afghanistan definendola una «gigantesca operazione militare, diplomatica e umanitaria» e ha detto che nel paese è «iniziato un nuovo capitolo», nel quale gli Stati Uniti avranno un ruolo diplomatico e non più militare. Blinken ha comunque ammesso che occorrerà del tempo per verificare che i talebani mantengano i propri impegni, sia nel garantire la libera circolazione delle persone, sia nel mantenere i diritti civili della popolazione e nell’ostacolare le attività delle organizzazioni terroristiche.

Il ritiro delle truppe è avvenuto nei tempi previsti e promessi al nuovo regime dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e nei giorni scorsi aveva riguardato le missioni NATO di altri paesi che avevano una presenza militare in Afghanistan, compresa l’Italia. In parallelo, i paesi occidentali hanno anche evacuato dal paese decine di migliaia di afgani che negli anni scorsi avevano lavorato come collaboratori e interpreti.

Gli Stati Uniti hanno lasciato il paese dopo averlo invaso militarmente con i loro alleati nel 2001, in seguito agli attentati dell’11 settembre e in quello che secondo il presidente di allora, George W. Bush, sarebbe dovuto essere il primo conflitto della “guerra contro il terrorismo”. Allora come oggi i talebani hanno infatti un solido rapporto con al Qaida, il gruppo terroristico che organizzò gli attentati dell’11 settembre.

Negli anni seguenti diventò sempre più evidente la difficoltà di imporre dall’esterno un governo al paese, così come quella di contrastare efficacemente i talebani, ora nuovamente al potere. Secondo molti analisti e osservatori, in 20 anni di presenza occidentale per l’ennesima volta in Afghanistan si è ripetuta una storia di invasione e di tentativi falliti di dare un nuovo assetto politico e sociale al paese.

Circa un anno e mezzo fa l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump, aveva stretto un accordo con i talebani per abbandonare il paese entro il primo maggio del 2021. I talebani si erano impegnati in cambio a interrompere gli attacchi contro la popolazione afgana e i soldati statunitensi, e a impedire a gruppi terroristici come al Qaida di usare il paese come base per le proprie attività. Avevano dalla loro un buon potere contrattuale, guadagnato negli ultimi anni grazie alla riconquista di ampie porzioni di territorio sul quale riuscivano a esercitare il loro controllo.

A inizio anno il nuovo presidente statunitense, Joe Biden, aveva deciso di mantenere l’impegno preso da Trump per abbandonare il paese, ma aveva concordato un prolungamento della permanenza del personale militare e di servizio fino alla fine dell’estate. La situazione in Afghanistan si era intanto evoluta velocemente: i talebani avevano iniziato a conquistare alcune delle più importanti città del paese fino a controllarlo tutto, incontrando scarsa resistenza dall’esercito afgano, formato e armato dagli Stati Uniti e finanziato con miliardi di dollari.

Il massiccio trasferimento di risorse economiche nel paese, sia da parte degli Stati Uniti sia di altri paesi NATO, negli ultimi anni non aveva contribuito a migliorare le cose, come segnalato da numerose analisi sull’alto livello di corruzione nel paese. Rapporti interni dell’esercito statunitense definivano ormai chiaramente da anni la guerra in Afghanistan un fallimento, dal quale sarebbe stato difficile uscire.

A luglio erano iniziate le prime attività di evacuazione tramite l’aeroporto di Kabul per i cittadini stranieri e per quelli afgani che ne avevano diritto, per esempio perché collaboratori da lungo tempo della missione militare. Fino a quel momento erano avvenute senza particolari problemi, ma le cose erano drammaticamente cambiate il 15 agosto, con la conquista da parte dei talebani di Kabul.

Temendo il ritorno di un regime sanguinario e poco prevedibile, decine di migliaia di persone si erano ammassate intorno all’aeroporto chiedendo di poter lasciare il paese. Nelle due settimane seguenti, gli Stati Uniti e gli altri paesi occidentali avrebbero lavorato senza sosta per trasferire quante più persone possibili, in condizioni molto difficili e con il costante rischio di attacchi esplosivi. Oggi stimano di avere trasportato fuori dall’Afghanistan almeno 123mila civili.

Nel pomeriggio di giovedì 26 agosto un attentato all’aeroporto, poi rivendicato dallo Stato Islamico (ISIS), aveva causato la morte di oltre 170 persone e di 13 membri dell’esercito statunitense, al lavoro per controllare i documenti di chi chiedeva di lasciare il paese. Nei giorni seguenti l’intelligence statunitense ha poi annunciato di avere sventato altri attacchi, distruggendo un convoglio che trasportava esplosivi verso Kabul e intercettando e abbattendo alcuni razzi diretti verso l’aeroporto.

Il 27 agosto era partito da Kabul l’ultimo aereo italiano, segnando la fine dalla presenza militare dell’Italia in Afghanistan, A bordo del C-130 c’erano una cinquantina di cittadini afgani e alcuni rappresentanti diplomatici.

Decine di migliaia di sfollati da Kabul sono ora in campi e centri di accoglienza negli Stati Uniti, in Germania, in Kuwait e in altri paesi in attesa di ricevere documenti e assistenza. Alcuni di loro hanno lasciato forse per sempre l’Afghanistan, portandosi in una borsa qualche effetto personale e lasciando amici e familiari, con molti dubbi e timori legati al nuovo regime.