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  • Mercoledì 18 agosto 2021

Il discusso rave party sul lago di Mezzano, vicino a Viterbo

È il più grande organizzato in Italia negli ultimi anni: se ne parla per la morte di un ragazzo e per la mancanza di misure anti-pandemia

Il lago di Mezzano
(Wikimedia Commons)
Il lago di Mezzano (Wikimedia Commons)

Non è ancora finito il rave party iniziato il 13 agosto al confine tra Lazio e Toscana nell’area del lago di Mezzano, un piccolo lago di origine vulcanica vicino al paese di Valentano, in provincia di Viterbo. È nelle acque del lago che il 16 agosto è stato trovato il corpo di un ragazzo di 24 anni, Gianluca Santiago, nato a Londra ma residente in Emilia Romagna. Dalle ricostruzioni più affidabili, però, si era immerso nel lago prima di andare alla festa.

È da quel momento, dalla notizia di cronaca, che i giornali nazionali e locali hanno iniziato a occuparsi del rave (i partecipanti lo chiamano “festa”), spesso riportando notizie infondate come quella di altri morti, di ricoverati e di numerosi arresti. Il dibattito è andato al di là del fatto di cronaca, e delle tradizionali resistenze verso questo tipo di eventi: se n’è parlato soprattutto per la mancanza di misure di sicurezza legate alla pandemia (nessun distanziamento fisico, per esempio), che ha provocato diverse reazioni nel comune di Valentano e che ha fatto sì che l’evento venisse paragonato al concerto del rapper Salmo organizzato venerdì scorso a Olbia, a cui avevano partecipato migliaia di persone assembrate.

Negli ultimi giorni intorno alla zona, dove si sono radunate circa 10-15mila persone, sono arrivati agenti della Guardia di Finanza, del reparto mobile dei Carabinieri e auto della Polizia di Viterbo per pattugliare la campagna. Non ci sono state tensioni particolari con le forze dell’ordine. Molti dei partecipanti, alla notizia della morte del ragazzo, hanno deciso di andarsene. Il Questore di Viterbo ha detto a Repubblica di aver aperto una trattativa «per chiudere questa storia nel modo più indolore possibile».

«In realtà», ha detto al Post Stefano Bigiotti, sindaco di Valentano, «gli italiani partecipanti al rave party illegale se ne stanno andando. Ma la maggior parte dei ragazzi non è italiana, è francese. Francesi sono gli organizzatori che vogliono rimanere fino al 23 agosto se no, dicono, non rientrano nei costi». I sindaci di Manciano, Pitigliano e Sorano, comuni in provincia di Grosseto vicini alla zona dell’evento, hanno diffuso un comunicato:

«L’illegale rave party che si sta consumando dal giorno di Ferragosto nel comune di Valentano (Viterbo) è un attacco frontale ai territori e alla popolazione dei comuni limitrofi. Questo raduno illegale è una vera e propria incursione nei confronti dei nostri territori e in primis di quello del vicino comune di Valentano, da parte degli organizzatori e dei partecipanti di questo rave, che inevitabilmente stanno minando in queste ore le attività economiche, in piena stagione turistica, e la sicurezza e la tranquillità dei cittadini, anche dal punto di vista sanitario. Nel prendere atto con profonda amarezza che lo Stato non si sia dimostrato capace di prevenire, per di più durante una pandemia da Covid-19 in corso dal 2020, tale clamorosa manifestazione di illegalità da ogni punto di vista, noi sindaci riteniamo che a oggi non sia stato assicurato un adeguato e continuo controllo dei territori di questi tre comuni».

I sindaci hanno quindi chiesto lo sgombero dell’area. Il questore di Viterbo ha però risposto che «lo sgombero è impossibile. Ci sono migliaia di partecipanti sparpagliati su un’estensione di 30 ettari e il contesto operativo è quello che è».

Bigiotti, sindaco di Valentano, ha detto: «Siamo ostaggi di una fiera dell’illegalità. Innanzitutto il raduno si tiene su un terreno privato, agricolo: il proprietario si è trovato invaso da 10-15.000 persone. L’agriturismo prospicente all’area dove si svolge il raduno ha chiuso perché gli ospiti sono scappati. Due pecore sono state letteralmente sbranate dai cani di alcuni partecipanti alla festa. E poi, sembrerà forse un problema secondario, ma oltre agli esseri umani ci sono gli animali presenti nel terreno agricolo, essenzialmente mucche, martoriate da musica techno sparata ad altissimo volume 24 ore su 24 ininterrottamente dal 13 agosto».

Bigiotti ha chiesto l’intervento immediato della ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese: «Ora è stato instaurato un dialogo con i partecipanti al rave. Lo trovo assurdo, qui si stanno compiendo illegalità continue. Quale dialogo si può avere? Siamo ancora in piena pandemia e 10-15.000 persone si sono ritrovate senza nessuna precauzione e senza il minimo rispetto delle norme anti Covid».

Al di là degli importanti e rilevanti problemi legati alla possibile diffusione del coronavirus, in realtà i rave party, o free party, non sono necessariamente illegali. Né sarebbe necessario chiedere prima autorizzazioni al Comune e alla Questura, perché la Costituzione italiana prevede la libertà di riunione come uno dei diritti inviolabili della persona.

Della questione si occupò nel 2017 anche la Corte di Cassazione, che stabilì come l’articolo 17 della Costituzione indichi che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi anche in luogo aperto al pubblico. Il diritto di riunione è tutelato nei confronti della generalità dei cittadini, che, riunendosi, «possono dedicarsi a quelle attività lecite anche se per scopo di comune divertimento o passatempo e quindi a quei trattenimenti cui si riferiscono le norme sopra citate». Tutto questo sempre se la festa non ha fini di lucro e se nel corso del rave non avvengono attività illegali.

L’accesso ai free party è ovviamente libero, non ci sono biglietti da pagare: certo è che gli organizzatori in qualche modo ci guadagnano o almeno rientrano dalle spese. Ci sono la vendita di bevande e cibo, e tutto l’indotto creato da migliaia di ragazzi che si radunano.

Quanto alle attività illegali, le cose si complicano. È ovviamente illegale organizzare una festa in un terreno altrui, e in questo caso, come sostiene il sindaco di Valentano, la proprietà è privata. C’è poi la questione del disturbo della quiete pubblica. Il fatto che il raduno si svolga fuori città non toglie che alcuni dei proprietari limitrofi possano essere ugualmente disturbati. Un’altra questione è quella dei rifiuti: abbandonare i rifiuti nell’area dove si è svolta la festa può costituire reato. Ma è un reato anche raccoglierli e portarli via: si chiama “attività di gestione dei rifiuti non autorizzata”.

Proprio riguardo ai rifiuti, Bigiotti ha detto: «La guardia forestale mi ha comunicato che ci sarebbero quantità ingentissime di spazzatura da portare via. Ma come fa un comune di 3mila persone a occuparsi della spazzatura lasciata da 15mila? Non abbiamo le risorse, non possiamo».

La questione principale è ovviamente legata al consumo di droghe. Spesso ai free party circolano sostanze stupefacenti in quantità (anche se capita che i giornali ingigantiscano alcune situazioni).

Riccardo Gatti, massimo esperto in Italia di droghe e dipendenze, e direttore del Dipartimento interaziendale prestazioni erogate nell’ambito dipendenze di Milano, ha detto: «Ci concentriamo molto sulle sostanze illegali ma in questo genere di eventi i danni maggiori vengono causati dall’alcol. Quanto agli stupefacenti, si tratta di sostanze chimiche, eccitanti o al limite allucinogeni. Improbabile che una persona partecipi a una raduno di questo genere con musica techno sparata a ritmo ossessivo e poi assuma sostanze “calmanti” come l’eroina. Il problema però è soprattutto: chi compra sa davvero che cosa sta per assumere? In altri paesi avvengono sempre test, sul luogo, per analizzare la composizione delle sostanze. Si agisce se non sulla quantità almeno sulla qualità. Questo in Italia avviene poco».

Il dibattito e le polemiche attorno alla rave party sul lago di Mezzano non è stato un caso unico degli ultimi mesi: all’inizio di luglio, per esempio, le stesse polemiche ci furono per un raduno sulle colline pisane dove arrivarono 6mila ragazzi.

Spesso attorno ai rave party – a quello che si può fare e a come vengono organizzati – c’è parecchia confusione.

I rave party nacquero alla fine degli anni Ottanta in Inghilterra. La scena musicale allora era quella dell’acid house: semplicemente a un certo punto i locali chiudevano, la festa continuava altrove, in una fabbrica dismessa o in un’area aperta. Come primo free party gli storici del settore segnalano il Revolution in Progress, nell’area dei capannoni dismessi di Clink Street, a Londra. In Italia si considera come primo rave party quello tenuto vicino al lago di Bolsena, nel Lazio, nel 1999. In quegli anni usava l’espressione “tribù itinerante”, una sorta di nomadismo che portava una comunità a muoversi per l’Europa seguendo il calendario segreto, ma nemmeno tanto, delle feste (non ci sono ovviamente annunci pubblici: allora il passaparola, oggi la comunicazione avviene in gruppi Telegram o su WhatsApp). La musica era ed è acid, techno, goa, trance, psy-trance.

Negli ultimi anni la frequenza dei free party è diminuita, ma quello organizzato sul lago di Mezzano è stato «il più grande free party in Italia degli ultimi 10-15 anni, il maggiore probabilmente in Europa di questa estate. Un teknival, e cioè un free party di grandi dimensioni», ha detto Giuseppe Di Pino, membro del Network italiano Riduzione del danno (ItaRDD), che assieme al Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (CNCA), è presente nei luoghi dove si tengono feste o più in generale nei luoghi del divertimento per tutelare la salute dei partecipanti.

«Quello che si è svolto e si sta svolgendo», ha detto Di Pino, «non è un evento che può essere gestito solo “localmente”. È un grande raduno, ho contato venti sound [system] e cioè venti muri di casse. A free party come questi noi arriviamo e troviamo un’area dove posizionarci. Siamo inseriti nei gruppi Telegram, non c’è invito ma non c’è neppure ostilità, tutt’altro. Sono eventi free, non c’è servizio d’ordine, c’è un decalogo che tutti devono impegnarsi a rispettare. Collaboriamo con gli organizzatori, la nostra presenza è ritenuta utile, necessaria. Per esempio ieri è arrivato un nostro camper con centinaia di bottiglie d’acqua».

La rete di Riduzione del danno crea un’area relax per i ragazzi che ne hanno bisogno dopo ore di ballo e musica ininterrotta. «E poi ci sono gli interventi quando qualcuno sta male», ha proseguito Di Pino; «ma al lago di Mezzano gli unici veri problemi di salute, oltre alla tragedia del giovane annegato, sono stati quelli di due ragazzi che si sono sentiti male per abuso di alcol».

Riccardo De Facci, presidente del CNCA (30mila operatori in tutta Italia, 200 gruppi che si occupano della cura delle dipendenze) ha detto di avere lanciato con l’ItaRDD l’iniziativa “Estate sicura”: «All’inizio dell’estate con un comunicato avevamo detto che saremmo stati presenti nei luoghi di aggregazione giovanile, sapevamo che dopo mesi di chiusure e lockdown sarebbe emesso il desiderio di ritrovarsi, di divertirsi. Così è stato anche per il free party del lago di Mezzano dove sapevamo che la partecipazione sarebbe stata notevole. Noi ci siamo con 80 operatori, volontari ma professionisti».

L’obiettivo è quello di tutelare chi partecipa alla festa ma anche di favorire una mediazione con le persone che in quei luoghi vivono abitualmente. «Da parte nostra», ha proseguito De Facci, «non c’è nessun moralismo, noi ci siamo per dare una mano. Arriviamo, ci coordiniamo con la rete di ambulanze locali, con i vigili del fuoco, la protezione civile. Ci mettiamo a disposizione con lo spazio cosiddetto di relax ma anche andando a cercare chi sta male».

Al lago di Mezzano era presente anche l’unità che effettua test sulle sostanze. «È una questione delicata» ha detto De Facci, «qualcuno dice che così si favorisce l’uso di sostanze. Non è vero. In una situazione di liberi tutti dove arriva gente da tutta Europa è molto importante capire, per dirla in parole semplici, che cosa contenga una pastiglia che viene venduta. A un evento di 15mila persone, è inutile nasconderlo, arriva anche chi spaccia sostanze e non ha nessuno scrupolo. Arriva e se ne va, non gli importa cosa si lascia dietro le spalle».