Ora anche Italia Viva vuole cambiare il ddl Zan

Ha proposto un compromesso con la destra, ma secondo i promotori della legge contro l'omotransfobia ne modifica il senso

(LaPresse/Claudio Furlan)
(LaPresse/Claudio Furlan)

Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, ha proposto di cambiare il testo del disegno di legge Zan sull’omotransfobia, da mesi in discussione in Commissione giustizia al Senato e al centro di un acceso scontro politico, in modo da eliminare alcuni passaggi giudicati particolarmente divisivi, con l’obiettivo dichiarato di accelerarne l’approvazione. La Lega di Matteo Salvini è sembrata accogliere favorevolmente la proposta, mentre il deputato del Partito Democratico Alessandro Zan, primo firmatario del ddl, e altri politici e attivisti che sostengono la legge originale – già approvata alla Camera – accusano Italia Viva di volerla affossare, facendo ricominciare l’iter parlamentare.

Concretamente, Italia Viva ha proposto un emendamento che avvicina il testo del ddl Zan a una proposta di legge contro l’omotransfobia che aveva presentato nella precedente legislatura il deputato Ivan Scalfarotto. La modifica più contestata interviene sull’articolo 1 della legge, quello che attualmente amplia la legge Mancino sulle aggravanti legate alle discriminazioni per razza, etnia e religione. Nella formulazione originale del ddl Zan, a queste si aggiungerebbero quelle fondate «sul sesso, sul genere, sull’orienta­mento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità». Nella proposta di Italia Viva, invece, i motivi di discriminazione previsti sarebbero più semplicemente quelli «fondati sull’omofobia o sulla transfobia» e sulla disabilità.

La modifica di Italia Viva serve a venire incontro alle proteste dei partiti di destra e dei movimenti cattolici più conservatori, che hanno impostato parte della campagna contro il ddl Zan sulla definizione di “identità di genere” ritenendolo un concetto troppo vago. Il ddl spiega che è «l’i­dentificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corri­spondente al sesso, indipendentemente dal­l’aver concluso un percorso di transizione». Cioè, in sostanza, è identità di genere quello che una persona sente e dice di essere, al di là della «ma­nifestazione esteriore», un elemento che per il ddl concorre a definire il «genere». La definizione di identità di genere serve insomma, per esempio, a tutelare una persona che, pur avendo un aspetto tradizionalmente associato al sesso maschile e indipendentemente dal suo eventuale percorso di transizione, si identifica come donna.

Secondo la senatrice del PD Monica Cirinnà sostituire tutte le casistiche studiate per la legge con le sole discriminazioni «fondate sull’omofobia o sulla transfobia» va contro «il principio di tassatività della legge penale», cioè non definisce con precisione gli estremi dei reati sanzionati. Secondo Cirinnà con la sua proposta Italia Viva «si allinea nella sostanza alle posizioni della Lega e del centrodestra, alleandosi con loro nella battaglia per affossare il ddl Zan».

Zan dice invece che «questa non è una legge su cui si possa fare qualsiasi mediazione, perché stiamo parlando dei diritti umani» e che «ogni parola che cambia, che si toglie, che si modifica ha una ricaduta pesantissima sulla vita delle persone».

Le proposte di Italia Viva sono anche altre: propone di sopprimere l’articolo 4 del ddl Zan, quello che attualmente dice che «sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime ri­conducibili al pluralismo delle idee o alla li­bertà delle scelte, purché non idonee a de­terminare il concreto pericolo del compi­mento di atti discriminatori o violenti». Questo passaggio era stato attaccato da chi, a destra, sosteneva fosse troppo vago e soggetto a interpretazione nel proteggere la libertà d’espressione. Secondo Davide Faraone di Italia Viva, la tutela della libertà di espressione è già prevista in Costituzione e non serve definirne gli estremi in una legge ordinaria.

C’è poi un’ultima proposta di modifica: riguarda l’articolo 7 del ddl Zan, quello che istituisce una Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la tran­ sfobia, e prevede che scuole e amministrazioni pubbliche organizzino «cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa» che possa sensibilizzare al messaggio della giornata. Italia Viva propone di aggiungere all’articolo la formula «nel rispetto della piena autonomia scolastica». Questo articolo ha aperto tutto il filone di critiche e accuse da destra secondo cui il ddl Zan porterebbe nelle scuole una presunta «ideologia gender», concetto usato spesso come spauracchio da Salvini e Giorgia Meloni. Secondo Cirinnà, in ogni caso, il ddl Zan già garantiva l’autonomia scolastica.

Cosa succederà ora non è chiaro. Italia Viva ha detto che se il compromesso non dovesse essere accettato e si dovesse votare il testo per com’è ora, lo sosterrà comunque al Senato. L’eventuale voto però sarà segreto, cosa che secondo Italia Viva mette a rischio la compattezza della maggioranza che sostiene il ddl Zan, composta da PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali e altri senatori sparsi. Ma prima di quel momento, in ogni caso, il ddl deve uscire dalla Commissione dove la Lega sta facendo ostruzionismo. È per accelerare questo passaggio e la calendarizzazione del voto in Senato, oltre che per essere più tranquilli sul voto segreto, che Italia Viva ha proposto il compromesso con la destra.

Zan ha risposto ricordando però che alla Camera, pur con il voto segreto, la legge «è stata approvata a larga maggioranza, anche da pezzi di centrodestra». Zan propone quindi di andare dritti, facendo uscire dalla Commissione giustizia del Senato il testo già approvato alla Camera e votando su quello per arrivare all’approvazione della legge.

Le modifiche di Italia Viva verranno discusse in Commissione nei prossimi giorni. Se fossero approvate, il testo passerebbe così emendato al Senato e poi dovrebbe tornare alla Camera: il rischio, secondo chi sostiene il ddl originale, è che in questo modo si ricominci da capo, affossando una legge il cui iter va avanti da molti mesi. Per evitare che questo accada, Faraone propone che poi alla Camera il governo metta la fiducia sul ddl, in modo da approvarlo speditamente (Draghi era sembrato contrario rispetto a questa ipotesi, giudicandola una questione estranea al suo ruolo).