Putin dice di non poter garantire che Navalny uscirà dal carcere “da vivo”

«Queste decisioni in questo paese non sono prese dal presidente», ha detto il presidente russo in un'intervista a NBC News

(NBC News)
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Il presidente russo Vladimir Putin è stato intervistato dall’emittente televisiva statunitense NBC News, in vista dell’incontro previsto il 16 giugno a Ginevra, in Svizzera, con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo incontro ufficiale tra i due capi di stato. Nella lunga intervista, realizzata a Mosca l’11 giugno e andata in onda lunedì sera, il giornalista Keir Simmons ha parlato con Putin di alcune delle questioni più discusse e controverse riguardanti la sua presidenza e il suo rapporto con i paesi occidentali. Ha chiesto, per esempio, delle accuse di attacchi informatici da parte della Russia a paesi stranieri e delle interferenze nelle elezioni statunitensi del 2016 e del 2020, che Putin ha respinto totalmente.

Simmons ha poi fatto una domanda più specifica su Alexei Navalny, il principale oppositore politico di Putin in Russia, che si trova in carcere da gennaio, dopo che era stato arrestato all’aeroporto di Mosca con accuse che, secondo molti osservatori, avevano motivazioni politiche. Navalny era di ritorno dalla Germania, dove si trovava per curarsi da un tentato avvelenamento ordinato secondo lui – e secondo molte ricostruzioni – dai servizi di sicurezza russi.

Simmons ha chiesto a Putin se abbia ordinato l’assassinio di Navalny, e il presidente russo ha risposto «Ovviamente no. Non abbiamo queste usanze, di uccidere le persone». Poi gli ha chiesto, ancora più direttamente, se avrebbe potuto assicurare che Navalny uscirà dal carcere «da vivo». Putin ha risposto così:

«Guardi, queste decisioni in questo paese non sono prese dal presidente. È un tribunale che decide se liberare o no qualcuno. Per quanto riguarda la salute, di tutti quelli che sono in carcere, è un qualcosa di cui è responsabile l’amministrazione di ogni carcere».

Nell’intervista Putin non ha mai voluto citare il nome di Navalny direttamente, e ha aggiunto che «non sarà trattato peggio di chiunque altro: nessuno dovrebbe ricevere alcun tipo di trattamento speciale. Sarebbe sbagliato. Tutti dovrebbero essere in una situazione uguale».

Navalny era stato condannato il 3 febbraio a 3 anni e mezzo di carcere per avere violato la libertà vigilata decisa a seguito di una precedente condanna, ma ne dovrà scontare solo due e mezzo, perché poco meno di un anno lo aveva già trascorso agli arresti domiciliari. Nelle settimane successive al suo arresto, migliaia di persone avevano protestato in moltissime città della Russia, e il regime russo era stato condannato quasi unanimemente dalla comunità internazionale.

Il 31 marzo Navalny aveva iniziato uno sciopero della fame per chiedere cure mediche adeguate ai suoi problemi di salute: aveva infatti fatto sapere di avere forti dolori alla schiena e un intorpidimento alla gamba destra, entrambi causati da un nervo schiacciato, e si era lamentato di non poter essere visitato dai suoi medici. In seguito era stato portato in un ospedale per detenuti.

Il 9 giugno il tribunale di Mosca ha dichiarato formalmente illegali ed “estremiste” le organizzazioni che fanno capo a Navalny, e in generale il suo movimento politico. In particolare sono interessate dalla sentenza la Fondazione anticorruzione FBK – la più celebre tra le organizzazioni fondate da Navalny, che ha pubblicato le note inchieste sulla corruzione della classe dirigente russa –, la Fondazione per la tutela dei diritti dei cittadini e le sedi territoriali attraverso cui Navalny porta avanti le sue campagne.

La sentenza ha come principale conseguenza quella di rendere immediatamente perseguibili le persone che fanno parte del movimento e che lavorano per le fondazioni, che non potranno più fare nessuna attività di raccolta fondi, nessuna campagna di informazione e non potranno più organizzare eventi pubblici.