I Savoia visti dal New York Times

Jason Horowitz ha raccontato i pessimi rapporti con i cugini, la loro sostanziale irrilevanza in Italia e la scelta di Emanuele Filiberto di nominare “erede” la figlia

Vittorio Emanuele di Savoia e suo figlio Emanuele Filiberto (Franco Origlia/Getty Images)
Vittorio Emanuele di Savoia e suo figlio Emanuele Filiberto (Franco Origlia/Getty Images)

Nel gennaio del 2020 Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II, aveva incluso le donne della famiglia nella linea di successione, rendendo erede della casata sua nipote 17enne Vittoria. La notizia era stata accolta con una certa sorpresa, per due motivi: il primo è che per secoli i Savoia hanno rispettato la legge salica, secondo cui l’erede al trono deve essere di sesso maschile, e quindi la decisione di contravvenire a questa prassi era stata vista come un tentativo da parte dei Savoia di rinnovare la propria immagine; il secondo motivo è che i Savoia, da quasi 75 anni, non hanno un regno che Vittoria può ereditare.

In un recente articolo del New York Times, il capo della redazione romana del giornale Jason Horowitz ha raccontato le conseguenze che ha avuto la decisione di Vittorio Emanuele sui rapporti con gli altri rami della famiglia Savoia, e quali sarebbero i compiti di un’erede di una famiglia reale decaduta in mancanza di una monarchia da gestire. Horowitz scrive che gli italiani hanno un interesse nella restaurazione della monarchia che è «prossimo allo zero». Ma Emanuele Filiberto di Savoia, padre di Vittoria, dice «mai dire mai», una frase che aveva riportato anche il Corriere della Sera lo scorso anno.

Aimone di Savoia-Aosta, dirigente della Pirelli a Mosca ed erede di un ramo cadetto (cioè i discendenti di un figlio minore) dei Savoia, ha definito «totalmente illegittimo» l’abbandono della legge salica. È l’ultimo capitolo di una lunga faida tra i due rami della famiglia. I Savoia-Aosta discendono da Amedeo, terzo figlio di re Vittorio Emanuele II e primo duca d’Aosta. Tra loro e il ramo principale discendente dei vecchi sovrani d’Italia – i Savoia-Carignano – è in corso una rivalità intorno a chi siano i legittimi eredi dei titolo di sovrani, per quanto decaduti e non riconosciuti dall’Italia. Secondo i Savoia-Aosta, Vittorio Emanuele non ricevette il consenso dal padre per sposare Marina Ricolfi Doria, fatto che annullerebbe la validità del suo matrimonio e quindi la legittimità del ruolo di Emanuele Filiberto (e ora di sua figlia Vittoria) come erede della casata.

Negli anni è stato molto ricordato l’episodio più emblematico della rivalità tra i due rami, cioè quando Vittorio Emanuele aggredì e picchiò suo cugino Amedeo di Savoia-Aosta – padre di Aimone – durante il ricevimento delle nozze degli attuali sovrani di Spagna, Felipe e Letizia. Sembra che Amedeo fosse passato vicino al tavolo di Vittorio Emanuele dicendo «ciao, cugino», e che l’altro fosse scattato subito dopo dandogli due pugni. «Per usare un eufemismo, non siamo in buoni rapporti», ha detto Aimone al New York Times. Ma sulla questione dell’eredità di Vittoria ha aggiunto di voler evitare una litigata pubblica «per una cosa che non esiste. Cerco di mantenere un comportamento più degno possibile data la responsabilità di tale nome».

Emanuele Filiberto ha risposto alle accuse dei Savoia-Aosta dicendo che «vedono gli UFO» e che li disprezza perché «sono così poco importanti che non sono stati neanche esiliati». «Pensavano che non avendo figli maschi avrebbero ottenuto quello che io sto aspettando da 150 anni. Sono stati fregati, e ora sono incazzati». Ha anche detto che comunque non si aspetta che la monarchia torni «domani», ma che la famiglia ha bisogno di una futura guida della casata per mantenere e tramandare i titoli e le decorazioni reali. «Ci sono un sacco di persone che ritengono che la famiglia possa tornare».

In Italia in realtà sono pochissime le persone che vogliono di nuovo i Savoia, persino a Carignano, il paese in provincia di Torino da cui proviene il ramo dei Savoia sovrani d’Italia. Lì gli abitanti dicono di non aver mai sentito parlare di Vittoria di Savoia. Secondo lo storico carignanese Paolo Castagno, il motivo delle rivalità tra i due rami è uno solo: «i soldi», perché il fatto di essere i legittimi eredi comporta la facoltà di assegnare i titoli in cambio di cospicui pagamenti, nonché la partecipazione ai matrimoni reali e tutto il prestigio che ne consegue.

I Savoia però sostengono che la loro decisione non sia dettata dal fatto che Emanuele Filiberto ha solo due figlie femmine, ma dalla loro attenzione verso la parità di genere. Emanuele Filiberto sostiene che le famiglie reali europee – quella britannica per prima – su questo fronte abbiano fatto più del Parlamento italiano, «dove le donne sono notoriamente sottorappresentate». Anche la moglie di Emanuele Filiberto, l’attrice francese Clotilde Courau, è dello stesso parere e definisce sua figlia come «un’apripista per la parità di genere», protagonista di una «cosa enorme per la storia».

Vittoria di Savoia è nata a Ginevra nel 2003, è cresciuta tra la Svizzera, la Francia e l’Italia e attualmente vive a Parigi con la madre. Il New York Times scrive che «come il bisnonno del suo bisnonno […] Vittoria è molto più a suo agio col francese che con l’italiano» e che «passa il suo tempo a studiare per gli esami, posare in maglietta corta su Instagram, ballare con gli amici e spettegolare sul principe Harry e Meghan». Quando le è stato chiesto se pensava che l’Italia fosse pronta ad averla come regina, ha risposto di aver sentito che «l’Italia non è molto progressista. Ma impareranno». Quando invece le è stato chiesto se volesse essere regina d’Italia, ha detto di vedere la questione in modo «astratto» e che sta solo cercando di capire cosa fare nella vita.

Suo padre racconta che per il momento sta cercando di darle meno riposo e di farla studiare di più, per farle capire il valore del lavoro. Del resto, dice il New York Times riferendosi alle sue partecipazioni al Festival di Sanremo e a Ballando con le stelle, Emanuele Filiberto «può passare come il più instancabile lavoratore dello show business. Negli ultimi vent’anni, è riuscito a convincere lo scettico pubblico italiano attraverso la sua istituzione più venerata, il varietà in televisione».

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