Una canzone di Brook Benton

E una difesa della musica nera "non abbastanza nera"

(Keystone/Hulton Archive/Getty Images)
(Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

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A me i singoli che continuano a uscire prima del nuovo disco di Little Simz – cantautrice e rapper ventisettenne londinese di famiglia nigeriana – continuano a piacere (questo era quello del mese scorso).
Le liste ognuno ha le sue e ognuna vale uno, ma la lista di canzoni dell’estate di Joseph Mount dei Metronomy sul Guardian mostra cosa significa “canzoni dell’estate” se le puoi scegliere in quel paese lì. E comincia con Josephine di Chris Rea, e se avessi trent’anni di meno (o venti di più) qui metterei quegli emoji con gli occhioni a forma di cuore.

Rainy night in Georgia
Brook Benton

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“Rhythm and Blues” è una definizione di genere musicale che non ha mai molto attecchito da noi (meno ancora “R&B”): un po’ si è tratti in inganno a pensare che c’entri col blues (una volta c’entrava), un po’ la definizione stessa ha cambiato molti usi nel tempo anche negli Stati Uniti, e negli ultimi decenni è una scorciatoia per indicare qualunque cosa di musica nera che suoni troppo leggera per essere chiamata “soul” o che suoni troppo nera per essere chiamata “pop”, o che non si sappia dove altro infilare.

Ma la musica nera più “leggera” ha una storia ricchissima di grandi meraviglie, anche staccandola dal soul e dalla sua maggiore legittimazione. Qualche giorno fa ho sentito un pezzo hip-hop contemporaneo che di nuovo – non era il primocitava lo “uoooh” di Dennis Edwards in Don’t look any further, una canzone che andò forte nel 1984 ma che è usualmente considerata un buon pezzo radiofonico e poco più, con un coretto zuccheroso e una blackness troppo annacquata per i canoni non americani: e invece quelle cose là sono arrivate finora capaci di essere riprese, citate e invidiate.

Prima ancora però c’era già stato molto altro. Brook Benton, che morì di polmonite a 56 anni nel 1988, era andato forte negli anni Sessanta anche come autore, con cose di quel tempo lì: nel frattempo la musica cambiava, gli arrangiamenti anche, e il suo ultimo grande successo nel 1970 ereditava quei toni ma con suoni più moderni e una sapienza maggiore: di quelli che sanno dire credibilmente “hey, baby”.

L’aveva scritta due anni prima un cantautore bianco che si chiamava Tony Joe White, e dopo Benton è stata cantata da molti. Ha dentro “Georgia” che è probabilmente lo stato più fonogenico della storia delle canzoni, come già dicemmo. Per la versione di Brook Benton ci mise le mani Arif Mardin, produttore e arrangiatore turco con le mani in molta altra pasta musicale di quei decenni.
E ne venne fuori questa cosa da notte piovosa, ovunque siate, baby.

But it’s a rainy night in Georgia
Baby, it’s a rainy night in Georgia
Lord, I believe it’s rainin’ all over the world
I feel like it’s rainin’ all over the world


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