Si muove di nuovo qualcosa per l’autostrada tra Asti e Cuneo

Per l'ennesima volta ripartono i lavori di una nota infrastruttura incompiuta, senza la quale una parte del Piemonte rimane un po' isolata

L'interruzione della Asti-Cuneo all'altezza di Cherasco (LaPresse/Marco Alpozzi)
L'interruzione della Asti-Cuneo all'altezza di Cherasco (LaPresse/Marco Alpozzi)

Negli ultimi anni l’autostrada A33 che si interrompe nei campi tra Asti e Cuneo, in Piemonte, ha attirato allo stesso modo gli appassionati di fotografia e le polemiche. Progettata diversi decenni fa per collegare Cuneo e provincia alla Lombardia e all’Emilia Romagna, è uno dei simboli dell’incompiuto italiano, ritenuto da molti esperti un vero stile architettonico che si rivela nella notevole quantità di opere iniziate e poi abbandonate ovunque da Nord a Sud, col tempo diventate ruderi. Ma la A33 potrebbe uscire presto da questa insolita classificazione stilistica.

A fine gennaio è stato riaperto il cantiere che era chiuso dal 2012 e da allora sono ricominciati i sopralluoghi dei politici, le scadenze e le promesse. Per chi abita da queste parti non è nulla di nuovo rispetto agli impegni dichiarati negli ultimi trent’anni, cioè da quando si parla di questa autostrada. Stavolta, però, sembra che i problemi siano davvero superati anche se il progetto pensato per completare i 9,8 chilometri più delicati del tracciato non convince molte associazioni ambientaliste.

La richiesta di attenzione alle conseguenze ambientali non è strumentale, perché siamo nelle Langhe, uno dei territori italiani riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità per il suo valore storico e paesaggistico. Cherasco, il paese dove l’autostrada si interrompe bruscamente, dista meno di dieci chilometri in linea d’aria da La Morra, Novello, Barolo e Monforte d’Alba, tra i paesi più belli e noti della zona, caratterizzata da castelli, colline, vigneti e nota in tutto il mondo per la produzione di vini come il Barolo e il Nebbiolo.

I ritardi, le sospensioni e le modifiche al progetto che hanno segnato la lunga storia della Asti-Cuneo hanno di fatto costretto a un notevole isolamento il capoluogo di provincia e altre città vicine come Borgo San Dalmazzo, Mondovì, Fossano e Savigliano, che sono ben collegate a Torino e alla Liguria ma senza un ininterrotto percorso autostradale verso est, e quindi verso Asti, Alessandria, Milano o Piacenza. Alcuni brevi tratti della A33 sono già stati aperti, come quello a ovest di Cherasco che serve a collegare l’autostrada in costruzione con un’altra, la A6 che collega Torino a Savona, di cui nel progetto definitivo la Asti-Cuneo dovrebbe sfruttare un pezzo. All’altezza dello svincolo di Marene, tra i campi coltivati e qualche capannone isolato, il cartello verde indica la direzione per Asti.

Proseguendo in direzione est, verso Alba, Asti e Milano, fino allo svincolo di Cherasco si percorre un tratto di una decina di chilometri in autostrada: poi l’uscita è obbligata. I blocchi di cemento e un segnale di divieto di accesso impediscono di proseguire dritto, dove la strada è chiusa anche se continua per quasi un chilometro. Si blocca poco dopo aver oltrepassato il fiume Tanaro: all’improvviso, l’asfalto e i guardrail si interrompono e le sbarre di acciaio del cemento armato si allungano nel vuoto.

(LaPresse/Marco Alpozzi)

Da qui in poi mancano nove chilometri per raggiungere l’altro capo della strada incompiuta, fino allo svincolo che si trova nella frazione Cantina di Roddi, un comune di millecinquecento abitanti sempre in provincia di Cuneo. Tra Cherasco e Roddi c’è il paese di Verduno, dove lo scorso settembre è stato inaugurato – con qualche settimana di anticipo per rispondere alla prima ondata di COVID-19 – un grande ospedale intitolato a Michele e Pietro Ferrero, fondatori della nota industria dolciaria.

A fine gennaio, nella piana di Verduno è stato riaperto il cantiere del primo dei due tratti che completeranno l’autostrada. Il primo, da Cantina di Roddi a Verduno, sarà lungo circa cinque chilometri ed è stato chiamato 2.6B. Il secondo, il 2.6A, in poco più di quattro chilometri porterà da Verduno fino al viadotto di Cherasco, che attualmente si interrompe nei campi. Di quest’ultimo tratto, però, manca ancora il progetto esecutivo: l’obiettivo è approvarlo entro sedici mesi e solo a quel punto potranno iniziare i lavori.

Prima di vedere le auto sull’autostrada servirà ancora qualche anno. Ne sono già passati più di cinquanta da quando si iniziò a immaginare questa nuova strada e almeno trenta da quando si cominciò concretamente a progettarla. La storia è lunga e complessa, ma aiuta a capire i motivi dei ritardi. Nel 1990 l’ANAS, società pubblica che ha realizzato gran parte delle infrastrutture italiane, e la SATAP, una società che gestisce la A4 tra Torino e Milano e la A6 tra Torino e Savona, firmarono un accordo che autorizzava la società autostradale a realizzare la Asti-Cuneo. Secondo le stime dell’epoca, l’opera sarebbe costata 660 miliardi di lire con un contributo di ANAS del 4 per cento, circa 30 miliardi. Secondo i piani, i lavori si sarebbero conclusi nel 1996.

Dopo l’acquisizione di una quota significativa della SATAP da parte del gruppo Gavio, uno dei principali gestori autostradali in Italia, il progetto venne rivisto e cominciarono una serie di ricorsi fino al protocollo di intesa che nel 2000 portò il passaggio della progettazione direttamente ad ANAS. Il gruppo Gavio tornò protagonista vincendo la gara bandita da ANAS per cercare soci privati con l’obiettivo di realizzare l’autostrada. Nel frattempo erano stati aperti i cantieri di sette lotti per una lunghezza di 39,5 chilometri.

Il tracciato definitivo della Asti-Cuneo: in verde i tratti mancanti (Autostrada Asti-Cuneo S.p.A.)

Nel 2012, con il completamento di altri lotti, l’autostrada raggiunse una lunghezza di 71 chilometri sui 90 complessivi, ma la concessionaria chiese di rinviare la costruzione di alcuni tratti per mancanza di fondi. Solo quattro anni dopo, nel 2016, il ministero acconsentì di rivedere il progetto eliminando un tunnel di quattro chilometri sotto le colline di Verduno, ritenuto troppo costoso, per una soluzione definita “più leggera”, in superficie. Per completare la versione definitiva del tracciato verranno investiti circa 350 milioni di euro con una modalità di finanziamento chiamata “cross financing”, cioè con proventi garantiti dai pedaggi della A4 Torino-Milano, gestita sempre da SATAP.

A fine gennaio a Verduno sono state installate le reti per delimitare il cantiere in una vasta area tra la strada provinciale 7 e la sponda del fiume Tanaro. Le ruspe scavano per allestire il campo base, gli uffici, gli spogliatoi e la mensa per centinaia di operai che nei prossimi due anni costruiranno il tratto di cinque chilometri tra Cantina di Roddi e Verduno. Il 22 marzo al cantiere è arrivato il viceministro alle Infrastrutture Alessandro Morelli per confermare il sostegno del nuovo governo, dopo tutti questi anni di intoppi e lentezze. Durante il sopralluogo, il presidente del Piemonte Alberto Cirio ha spiegato che la costruzione di questo tratto dovrà proseguire in parallelo alla progettazione dell’ultimo pezzo mancante, altrimenti sarà molto difficile rispettare i tempi previsti e aprire al traffico entro la fine del 2024.

Un eventuale nuovo ritardo è la principale preoccupazione del mondo industriale locale, che negli ultimi anni ha più volte sollecitato i governi a completare l’autostrada. Mauro Gola, presidente di Confindustria Cuneo e della Camera di Commercio, è convinto che sia fondamentale stabilire tempi certi per i lavori dell’ultimo tratto. «Bisogna sollecitare una decisione che consenta davvero di concretizzare in tempi certi l’impegno della politica», ha detto Gola al Sole 24 Ore. «C’è attesa, forse un pochino preoccupata, per i quattro chilometri fino al moncone di Cherasco, il viadotto che dà sul nulla purtroppo diventato famoso a livello nazionale».

Secondo una stima di Astra Cuneo, un’associazione di autotrasportatori, il mancato completamento dell’autostrada causa ogni giorno un danno di 300mila euro, 100 milioni ogni anno, per maggiori costi di carburante.

(LaPresse/Marco Alpozzi)

I timori di molti abitanti delle zone interessate dai lavori invece riguardano l’impatto ambientale del tracciato in superficie. Quattordici associazioni hanno costituito l’osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero che negli ultimi anni ha seguito da vicino il progetto della A33. Non è un comitato “del no”, anzi, l’osservatorio è favorevole alla conclusione del progetto a una condizione: che venga mantenuto il tracciato originale con un tunnel sotto le colline di Verduno.

Le associazioni hanno inviato una lettera al ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, per chiedere di ripristinare la galleria non prevista dall’ultima versione del progetto e di restringere la carreggiata per consumare meno suolo possibile. «Non abbiamo nulla da eccepire sulla strada, sappiamo che ormai va finita», spiega Cesare Cuniberto, presidente dell’associazione “ComuneRoero” che fa parte dell’osservatorio. «Chiediamo che sia più stretta, nel rispetto delle norme, perché il traffico non giustifica la larghezza prevista».

Secondo le associazioni, il tunnel comporterebbe un aumento dei costi tra i 150 e i 180 milioni di euro rispetto alla soluzione in superficie, ma non dovrebbe affrontare una nuova procedura di autorizzazione perché già previsto e approvato con il progetto iniziale. «I cantieri potrebbero iniziare subito», dice Cuniberto. «Con il tunnel ci sarebbe un minore impatto ambientale e riusciremmo a salvare un’area completamente verde». Lo scorso settembre, molti attivisti hanno camminato lungo i sentieri, i prati e i boschi dove verrà realizzata la nuova autostrada per mostrare gli effetti di quest’opera sul paesaggio e l’ambiente.


Nonostante le mobilitazioni e le lettere inviare al ministero, la società che gestisce l’autostrada conferma che non ci saranno modifiche o ripensamenti. «L’ipotesi galleria è superata e non è un’opzione sul tavolo. L’attuale piano finanziario approvato dal CIPE (il comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr) e registrata dalla Corte dei Conti non prevede la galleria», ha detto Bernardo Magrì, amministratore delegato della società Autostrada Asti-Cuneo Spa, durante l’ultimo sopralluogo nel cantiere. «Pensare a una simile soluzione significherebbe dover ripartire da zero con l’iter procedurale. Non è che in assoluto non si possa fare, ma non mi sembra più attuale».

Il presidente del Piemonte Alberto Cirio ha spiegato che «arriva un momento in cui bisogna saper decidere e andare avanti». Cirio ha detto di essere pronto ad accogliere ogni miglioramento utile a tutelare l’ambiente, ma al momento l’obiettivo è realizzare l’autostrada nel più breve tempo possibile.