Una canzone di Adele

Basterebbe anche solo l'inizio

(Photo by Graham Denholm/Getty Images)
(Photo by Graham Denholm/Getty Images)

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È morto Andrea Lo Vecchio, che aveva scritto canzoni famose, e su tutte la musica di Luci a San Siro. Repubblica ha una bella intervista a Roberto Vecchioni (dove ho scoperto cos’era Luci a San Siro prima di diventare Luci a San Siro).
Oggi 30 anni fa uscì Losing my religion, ovvero la canzone che svoltò la carriera ai REM, che già ne avevano fatte parecchie ma non ancora andando a conquistare il mondo (su Netflix c’è quella bella puntata della serie Song Exploder in cui raccontano come la fecero, e il mandolino e tutto).
Non so voi – spero di no, ma uno scopre che è una cosa comune – ma io da qualche anno ho un sibilo nelle orecchie, nel destro soprattutto: quella cosa che si chiama acufene. Ci si abitua, e ci si fa caso soprattutto nel silenzio, soprattutto la notte, e ci si sente come quando si tornava dai concerti o dalle notti in discoteca, da giovani. Però sarebbe bello sparisse, a dirla tutta.

Don’t you remember
Che tipo, Adele.
“Personaggio”, come si dice.
È stata il maggior successo discografico di questo millennio, e un suo disco risulta avere venduto più copie di ogni altro negli ultimi 24 anni.
Quel disco lo ha fatto a 21 anni.
Si è presa – caso ulteriormente speciale – le generazioni più diverse in tutto il mondo, cantando un pop “adulto” ma facendosi amare dai suoi coetanei (ne aveva 19 al primo disco).
Ci ha aggiunto un’immagine assai varia: una gran bellezza insieme a un fisico imponente, una gran simpatia e senso dell’umorismo insieme a dei testi di tragedie sentimentali.
E adesso è pure spettacolarmente dimagrita (oltre ad avere divorziato, e pare con la clausola di non scriverci canzoni).

E questa dimensione di successo, l’ha ottenuta con dischi pieni di belle canzoni, che non capita spesso: dopate dalla sua voce che naturalmente aiuta a ogni canzone. Personaggio. Siamo andati a vederla all’Arena di Verona, cinque anni fa, ed è stata effettivamente “uno spasso“. E mi ricordo anche quando iniziammo a metterla in radio, a Condor, all’inizio del 2008: e c’erano lei e Duffy che sembravano in competizione nello stesso campionato, ma la gara finì subito.

Questo fu il suo secondo disco, quello del successo planetario, tutto di dolori autobiografici di un amore finito. E in Don’t you remember lei fa meraviglie dall’inizio alla fine, Vi lascio con l’inizio, che poi sono solo di impiccio.

When will I see you again?


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