Il coronavirus in automobile

Una nuova ricerca ha valutato i rischi di contagio per i viaggi in auto, e misurato le soluzioni più efficienti per ridurli

(AP Photo / Ramon Espinosa)
(AP Photo / Ramon Espinosa)

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha simulato diverse condizioni di viaggio in automobile, per capire come il coronavirus si possa diffondere tra i passeggeri e quali precauzioni adottare per ridurre i rischi. Il loro studio, da poco pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances, è uno dei primi a occuparsi estesamente delle automobili, dopo che diverse altre ricerche avevano interessato autobus, treni, aerei e altri mezzi da trasporto. Come per gli altri ambienti chiusi, anche per la permanenza in auto è consigliato un costante ricambio d’aria e l’impiego delle mascherine, con qualche particolare accortezza aggiuntiva.

I ricercatori della Brown University (Rhode Island) hanno utilizzato una simulazione al computer per analizzare le modalità di diffusione del coronavirus nell’abitacolo di un’automobile, con una forma simile a quella di una Toyota Prius, una delle auto ibride più vendute al mondo. Sono partiti da un modello solitamente impiegato per valutare l’aerodinamica dei veicoli, al loro esterno e al loro interno, adattando alcuni parametri alle conoscenze sviluppate nell’ultimo anno sulla circolazione delle particelle virali in sospensione nell’aria (aerosol), soprattutto negli ambienti chiusi.

Per lo studio è stato scelto uno scenario ipotetico in cui un’automobile viaggia a 80 chilometri orari con due occupanti: il guidatore nel sedile anteriore sinistro e un passeggero, nel sedile posteriore destro. È stata scelta questa disposizione non solo perché tipica in circostanze come prendere un taxi, ma anche perché è consigliata da varie istituzioni sanitarie per ridurre il rischio di contagio: consente di ottenere la maggior distanza possibile tra i due occupanti del veicolo.

Utilizzando il modello, i ricercatori hanno simulato al computer diverse condizioni per valutare la variazione nei flussi d’aria all’interno dell’abitacolo, mantenendo come costante la presenza dell’aria condizionata attiva. Come prevedibile, il ricambio d’aria è risultato più basso nel caso in cui tutti i finestrini fossero chiusi. In questa circostanza, hanno calcolato che fino al 10 per cento degli aerosol emessi da un passeggero possano raggiungere l’altro.

Concentrazione degli aerosol emessi nell’abitacolo a seconda dell’apertura o chiusura dei finestrini (V. Mathai et al, Science Advances)

Le cose sono cambiate radicalmente simulando l’apertura di tutti i finestrini, con un tasso di ricambio d’aria molto più alto. In questo caso la simulazione ha indicato come al massimo il 2 per cento degli aerosol emessi da un passeggero possano raggiungere l’altro. Il costante flusso d’aria fa sì che ci sia un ristagno quasi assente di aerosol e rende quasi marginale il rischio di essere contagiati.

Tenere i finestrini aperti mentre si viaggia a 80 chilometri orari non è pratico, soprattutto nella stagione fredda. I ricercatori hanno quindi fatto altre simulazioni rilevando come un buon compromesso sia dato dall’aprire i finestrini dei posti vuoti. Questa soluzione consente di creare un flusso d’aria trasversale, che crea una sorta di barriera tra i due occupanti, riducendo sensibilmente i rischi di contagio.

Il modello aiuta a farsi un’idea delle strategie da adottare, ma ha comunque diversi limiti da tenere in considerazione. Il primo è che ipotizza uno scenario in cui ci siano solamente due individui a bordo, che possono quindi mantenere una maggiore distanza rispetto a quanto potrebbero fare più passeggeri. La simulazione ha inoltre interessato un tipo particolare di veicolo e con dimensioni dell’abitacolo “medie”, rispetto ai modelli di automobili più utilizzati.

Richard Corsi, un esperto di qualità dell’aria della Portland State University (Stati Uniti) e autore di alcune analisi sulla diffusione del coronavirus negli ambienti chiusi, ha commentato con interesse i risultati della ricerca definendola “piuttosto raffinata”, nonostante le inevitabili approssimazioni. Corsi sta lavorando a un nuovo studio sulla diffusione degli aerosol contaminati e il rischio di inalarli, in diverse circostanze. Ha stimato che un viaggio di 20 minuti in automobile con un individuo contagioso possa essere più rischioso rispetto a una cena al ristorante, o a una lezione in classe, della durata di almeno un’ora.

Tornando allo studio della Brown University, i ricercatori spiegano che se entrambi gli occupanti dell’automobile indossano la mascherina c’è un minore rischio di contagio, anche se difficile da valutare e variabile a seconda del tipo di protezione utilizzato e del modo in cui viene indossato. Le attuali normative in Italia richiedono che nella parte anteriore del veicolo ci sia il solo guidatore, e che ci possano essere al massimo due passeggeri per ciascuna ulteriore fila di sedili posteriori: tutti devono indossare la mascherina. I limiti non sono applicati se sul veicolo viaggiano individui conviventi.