Per fare pubblicità ai preservativi non ci sarà più bisogno dell’autorizzazione del ministero della Salute

Lubrificazione dei preservativi durante la loro produzione industriale (YASUYOSHI CHIBA/AFP/Getty Images)
Lubrificazione dei preservativi durante la loro produzione industriale (YASUYOSHI CHIBA/AFP/Getty Images)

Per fare pubblicità ai preservativi non ci sarà più bisogno dell’autorizzazione del ministero della Salute. L’obbligo è stato abolito con un decreto firmato dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri il 6 ottobre, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 novembre. Il decreto, che entrerà in vigore il 30 novembre, prevede però che «qualora una pubblicità di profilattici presenti informazioni dalle quali può derivare un rischio per la salute dei consumatori» il ministero ordinerà «l’immediata cessazione della pubblicità» e «la diffusione, a spese del trasgressore, di un comunicato di rettifica e di precisazione, secondo modalità stabilite dallo stesso ministero».

La pubblicità dei preservativi era fino ad ora equiparata a quella dei “dispositivi medici”, cioè dei prodotti venduti a fini diagnostici, terapeutici, di prevenzione o di controllo di una malattia, e quindi la normativa che la regolamentava era molto rigida. In particolare il decreto legislativo 46 del 24 febbraio 1997 prevedeva un vaglio preventivo del ministero della Salute che poteva o meno autorizzare la pubblicità.  La norma prevedeva che trascorsi quarantacinque giorni dalla domanda, se non si fosse ricevuta risposta dal ministero, la pubblicità avrebbe potuto considerarsi autorizzata. In quel caso nei messaggi pubblicitari dovevano essere riportati «gli estremi della domanda presentata».

Sileri dopo aver firmato il decreto aveva ricordato che la questione era stata sollevata con due interrogazioni parlamentari alla Commissione Affari sociali della Camera dai deputati Gilda Sportiello del Movimento 5 Stelle e Riccardo Magi di +Europa.