La leader dell’opposizione bielorussa Maria Kolesnikova è stata incriminata per incitamento ad azioni che minano la sicurezza nazionale

Maria Kolesnikova, il 30 luglio 2020 a Minsk (Celestino Arce Lavin/ZUMA Wire/ANSA)
Maria Kolesnikova, il 30 luglio 2020 a Minsk (Celestino Arce Lavin/ZUMA Wire/ANSA)

La leader dell’opposizione bielorussa Maria Kolesnikova, scomparsa lo scorso 7 settembre, è stata incriminata per aver incitato ad azioni che minano la sicurezza nazionale. Sono le prime notizie ufficiali che si hanno dell’attivista da quando Kolesnikova, secondo il suo stesso racconto, è sta rapita nel centro di Minsk e portata forzatamente sul confine con l’Ucraina.

La scomparsa di Kolesnikova era avvenuta un giorno dopo che a Minsk 100mila persone avevano protestato per il quarto fine settimana consecutivo contro il risultato delle elezioni del 9 agosto e avevano chiesto le dimissioni del presidente Lukashenko. Kolesnikova ha raccontato che le sarebbe stato detto che se non avesse lasciato la Bielorussia sarebbe comunque stata portata fuori dal paese «viva o a pezzi» o che sarebbe stata incarcerata per 25 anni.

Kolesnikova però, per impedire di essere espatriata forzatamente, riuscì a scendere dall’auto che la stava portando in l’Ucraina e a strappare il passaporto. Dopo questo suo rifiuto di lasciare la Bielorussia fu nuovamente arrestata e incarcerata, prima nel distaccamento militare di frontiera di Mozyr, poi nel carcere di Minsk.