L’amministrazione Trump ha imposto sanzioni sulla procuratrice della Corte penale internazionale che si sta occupando di possibili crimini di guerra durante l’invasione dell’Afghanistan

(AP Photo/Peter Dejong)
(AP Photo/Peter Dejong)

Oggi pomeriggio il segretario di Stato statunitense Mike Pompeo ha annunciato che l’amministrazione di Donald Trump imporrà sanzioni su Fatou Bensouda, procuratrice della Corte penale internazionale che si sta occupando di possibili crimini di guerra compiuti durante l’invasione statunitense dell’Afghanistan. Bensouda non potrà entrare negli Stati Uniti e i beni che possiede nel paese potranno essere sequestrati. Assieme a lei è stato sottoposto a sanzioni anche Phakiso Mochochoko, un importante funzionario della Corte.

La base giuridica per una decisione del genere – giudicata senza precedenti dagli esperti di diritto internazionale, dato che Bensouda e Mochochoko sono stati di fatto equiparati a trafficanti di droga o criminali di alto profilo – è un ordine esecutivo firmato da Trump a giugno che permetteva di emettere sanzioni contro il personale della Corte, un organismo creato dall’ONU nel 2002 per occuparsi di gravissimi crimini internazionali come il genocidio e i crimini di guerra. Da tempo l’amministrazione Trump sta portando avanti una campagna contro le principali organizzazioni internazionali: fra le altre cose, Trump ha criticato più volte l’appartenenza degli Stati Uniti alla NATO, l’organizzazione nata da un patto di alleanza con i principali paesi europei di cui tutti i suoi precedessori erano stati convinti sostenitori.

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L’amministrazione Trump ritiene che la Corte sia un organismo «corrotto» che sta portando avanti una indagine illegittima nei confronti degli Stati Uniti (giudicata invece legittima da diversi esperti a causa degli episodi di violenza e tortura accaduti durante l’invasione in Afghanistan, dal 2001 ad oggi). Bensouda ha 59 anni e in passato ha lavorato a diversi casi di profilo internazionale, fra cui il tribunale che si è occupato del genocidio in Ruanda nel 1994. Le sanzioni renderanno molto più complicato il suo lavoro, dato che non potrà entrare negli Stati Uniti per reperire materiale o incontrare i funzionari dell’ONU, che ha sede a New York.