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  • Lunedì 6 luglio 2020

I Washington Redskins potrebbero non chiamarsi più “Redskins”, infine

Dopo anni di contestazioni la squadra di football della capitale americana sembra intenzionata a cambiare il nome, ritenuto da molti offensivo

(Chip Somodevilla/Getty Images)
(Chip Somodevilla/Getty Images)

«Alla luce dei recenti eventi accaduti nel nostro paese e delle opinioni arrivate dalla nostra comunità, i Washington Redskins inizieranno una revisione approfondita del loro nome». La squadra di football della capitale americana ha comunicato così, dopo anni di discussioni, il possibile cambiamento del nome Redskins, uno dei più noti e riconoscibili della National Football League, il campionato più seguito nel Nord America.

La revisione del nome, che in passato era stata più volte esclusa anche solo come eventualità dal proprietario della squadra, l’imprenditore Daniel Snyder, è stata infine favorita dalla maggiore consapevolezza seguita alle proteste contro il razzismo sistemico negli Stati Uniti delle ultime settimane, e soprattutto dalle nette prese di posizione di alcuni importanti sponsor.

Il nome Redskins — cioè “pellerossa” — venne scelto negli anni Trenta, quando evocava soprattutto il coraggio e la fierezza dei nativi americani. Il termine pellerossa fu introdotto nella lingua inglese dai coloni europei del Settecento e in origine era solo descrittivo, ma con il passare del tempo assunse un tono offensivo e un sottinteso razzista. Secondo i critici, una squadra professionistica di oggi non sceglierebbe mai di chiamarsi così, e non solo perché il termine è percepito come offensivo, ma anche perché di cattivo gusto e fuori moda.

(Getty Images)

Soltanto nell’ultimo decennio i Redskins hanno ricevuto decine di reclami da parte di tifosi e associazioni di cittadini, ma prima di quest’anno le richieste erano sempre state respinte, complice l’indifferenza degli sponsor e dei tifosi più assidui. Nel 2013 Snyder fu perentorio: «Non cambieremo mai il nome alla squadra. Mai. Potete scriverlo in maiuscolo se volete». L’ultima volta che se ne parlò con più insistenza, circa due anni fa, anche Roger Goodell, commissario della NFL e rappresentante di tutte le squadre del campionato, sostenne la posizione di Snyder.

Le cose sono cambiate quando, la scorsa settimana, la società di trasporto FedEx ha espressamente richiesto la modifica del nome con un comunicato breve e deciso. Per i Redskins, FedEx non è uno sponsor qualsiasi. Dal 1999 ha pagato alla squadra 205 milioni di dollari in cambio della sponsorizzazione del FedExField di Landover, lo stadio del Maryland dove la squadra gioca le sue partite. Il presidente della società, Frederick W. Smith, è inoltre proprietario di minoranza dei Redskins.

La richiesta di FedEx è stata sostenuta da Nike, che nel giro di poche ore ha rimosso dai suoi negozi online tutto il materiale dei Redskins in vendita. Successivamente, anche Pepsi e Bank of America si sono associate alla richiesta partita da FedEx. In una situazione divenuta poco promettente, Snyder ha quindi preso in considerazione per la prima volta la revisione del nome: secondo alcune indiscrezioni, lo cambierà prima dell’inizio della nuova stagione di NFL a metà settembre.

Daniel Snyder (Will Newton/Getty Images)

Nel frattempo, a ovest di Washington, la squadra di baseball dei Cleveland Indians sta pensando di concludere il cambiamento della propria identità iniziato oltre un anno fa con la rimozione parziale del disegno caricaturale del nativo americano — il “Capo Wahoo” — in uso dal 1947.

Anche in questo caso, la squadra decise di andare incontro alle associazioni di cittadini e tifosi che da tempo ritenevano il logo un simbolo offensivo e razzista, non più adatto a rappresentare la città di Cleveland in Major League. Il “Capo Wahoo” è stato però rimosso soltanto dal materiale a disposizione della squadra, dove è stato rimpiazzato con la “C” di Cleveland, ma si può ancora trovare nei negozi. Nelle prossime settimane, la squadra potrebbe dunque decidere di eliminarlo definitivamente.