Turisti con la mascherina alla Cappella Sansevero davanti alla scultura "Cristo velato" di Giuseppe Sanmartino, a Napoli, l'11 giugno 2020 (ANSA/Cesare Abbate)

Le notizie di giovedì sul coronavirus in Italia

Sono stati comunicati 379 nuovi casi positivi e 53 morti nelle ultime 24 ore. I ricoverati in terapia intensiva scendono a 236

Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 379 casi di contagio da coronavirus e 53 morti, secondo i dati diffusi giovedì dalla Protezione Civile. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 236, 13 in meno rispetto a ieri. I tamponi totali processati a oggi sono 4.443.821, 62.472 più di ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 1.399, per un totale di 171.338. Oggi quattro regioni non hanno registrato contagi: Molise, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta, e altre dieci regioni ne hanno registrati meno di dieci ciascuna.

In Lombardia sono stati registrati 252 nuovi casi di contagio. Il bilancio lombardo continua a essere di gran lunga il peggiore d’Italia e ammonta complessivamente a 90.932 casi di contagio e 16.374 morti. Nella provincia di Milano i nuovi casi di contagio accertati oggi sono stati 71 (ieri 27), di cui 34 a Milano città (ieri 1o).

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Secondo i dati raccolti dalla Johns Hopkins University, che dall’inizio dell’epidemia tiene conto del totale dei casi positivi e dei morti per coronavirus registrati nel mondo, l’Italia è il terzo paese europeo per numero di contagiati, con 236.142 casi accertati, dietro il Regno Unito e la Spagna, e il secondo per numero di morti (34.167), dietro solo al Regno Unito.

Questi, comunque, sono numeri da prendere con estrema cautela: in Italia, così come in moltissimi altri paesi del mondo, il numero dei casi positivi accertati comprende solo le persone che sono risultate positive al tampone, ma non le centinaia di migliaia di persone che hanno contratto il virus e non hanno mai fatto il test, e che quindi non sono mai rientrate nei conteggi ufficiali. Un discorso simile si deve fare per il numero dei morti, e anche il numero dei guariti e dimessi deve essere preso con le molle (qui c’è la spiegazione lunga sui numeri e sulle necessarie prudenze da avere nell’interpretarli).

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Le altre notizie di oggi
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, intervenendo oggi al Civil Week Lab organizzato dal Corriere della Sera, a proposito dell’epidemia da coronavirus che ha colpito Milano e la Lombardia, ha detto: «Se fosse finita qua sarebbe una botta ma ci si riprende, se si dovesse ritornare a un lockdown sarebbe veramente drammatico». Sala ha aggiunto che «a Milano ci vorrà tempo, due o tre anni, per riprenderci. Siamo passati da 10 milioni di turisti nel 2019 a 1 milione di quest’anno, e l’anno prossimo, due, tre?».

 

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha invece attaccato l’amministrazione regionale della Lombardia che non fornirebbe i dati dei decessi nelle singole province. Nel bollettino di ieri sono stati comunicati 32 morti, ma questi numeri non convincono Gori: «Non si sa però dove, in quale provincia, perché la regione non comunica i dati divisi», ha scritto il sindaco su Twitter. «Da quando abbiamo segnalato che i decessi reali erano molti di più di quelli “ufficiali” – aggiunge – hanno secretato i dati per provincia».

Gori aggiunge che neppure «i dati sui guariti vengono più comunicati, e sì che sarebbero importanti per capire che oggi le persone ammalate sono poche.
Spero che il nuovo Dg della Sanità Marco Trivelli parta da qui, dai dati e dalla trasparenza» Infine Gori scrive che «non vengono comunicati neanche i dati dei positivi COVID divisi per singolo comune», come avevamo spiegato in un articolo di un mese fa.

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Intanto, nella giornata in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato di non essere affatto preoccupato per la sua testimonianza di venerdì prossimo davanti ai giudici di Bergamo che indagano per epidemia colposa sulla mancata istituzione delle zone rosse a Nembro e Alzano Lombardo, torna lo scontro fra le competenze e le scelte delle regioni e quelle del governo centrale nei primi giorni dell’epidemia.

Il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, intervistato dal vicedirettore del Sole 24 Ore Alberto Orioli nella conferenza online “Fuori dall’emergenza sanitaria: una nuova Europa”, organizzata nell’ambito della fiera internazionale R2B onAir, sulle competenze regionali a proposito delle misure di isolamento, ha detto: «Zone rosse? L’abbiamo fatte di notte, decisione politica difficile, e poi abbiamo informato il Governo che ci ha consentito di poterla fare».

Intanto oggi l’ISTAT, l’istituto nazionale di statistica, ha comunicato nella sua nota mensile che in Italia ad aprile, mese interamente compreso nel lockdown, la produzione industriale ha registrato rispetto a marzo una nuova «marcata» contrazione, del 19,1 per cento. «Le misure di contenimento dell’epidemia di COVID-19 hanno determinato la forzata chiusura dell’attività di molti settori per l’intero mese con effetti negativi rilevanti sui livelli produttivi». Rispetto allo scorso anno «l’indice corretto per gli effetti di calendario diminuisce in modo ancor più accentuato di quanto osservato il mese precedente, con una flessione del 42,5 per cento». A marzo il calo era stato del 29,4 per cento.

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Il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli, ospite oggi alla trasmissione Agorà su Raitre, a proposito della possibilità per i giovani di ammalarsi di COVID-19, ha detto che «il numero di contagi apparentemente inferiore in questa fascia di età può dipendere dal fatto che i tamponi sono stati fatti soprattutto ai sintomatici. Quindi «anche loro devono stare attenti».

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