Lo scandalo dello spionaggio in Argentina
Il governo ha accusato l'ex presidente Mauricio Macri di aver fatto preparare dossier su 500 tra giornalisti, imprenditori e sindacalisti: e non è la prima volta
Domenica il governo argentino, guidato dal presidente Alberto Fernández, ha pubblicato una lista di 500 giornalisti, imprenditori, sindacalisti e leader politici che sarebbero stati spiati dai servizi segreti durante il governo del suo predecessore, il presidente conservatore Mauricio Macri.
Lo spionaggio sarebbe stato compiuto dai servizi segreti argentini in occasione delle riunioni del G20 e dell’Organizzazione mondiale del commercio, organizzate dal governo Macri nel corso del 2018. Secondo le accuse, i servizi segreti avrebbero raccolto informazioni illegali su chi aveva fatto richiesta di accredito ai due eventi e le avrebbero inserite in un lungo dossier.
La maggioranza delle informazioni contenute nella lista sono state prese da fonti aperte, come i social network, e riguardano opinioni politiche e personali. In alcuni casi sono invece informazioni private, come l’entità dei conti correnti bancari e lo stipendio dei lavoratori domestici impiegati dalle persone sorvegliate.
La lista, sostiene il governo Fernández, è stata trovata in una cassaforte all’interno della sede dei servizi segreti da Cristina Cañamo, la nuova responsabile dell’intelligence argentina. Prima di essere pubblicata, è stata consegnata a un giudice federale che da tempo sta indagando sulle accuse di spionaggio che riguardano l’amministrazione Macri. Cañamo ha anche chiesto l’apertura di un’indagine nei confronti di Gustavo Arribas, amico personale di Macri e suo predecessore alla guida dei servizi segreti argentini.
I giornali argentini che hanno potuto vedere una copia del dossier hanno riferito diversi esempi delle informazioni contenute. Accanto ad alcuni profili di giornalisti, per esempio, è scritto: «Ha simpatie per il peronismo», la coalizione politica all’epoca all’opposizione, oppure «Ha chiesto su Facebook la liberazione di Lula», l’ex presidente e leader della sinistra brasiliana allora in prigione.
Tra i giornalisti spiati ci sono diversi corrispondenti e freelance impiegati da testate internazionali, come Associated Press, Reuters, AFP, Bloomberg e CNN.
Molte informazioni riguardano l’atteggiamento dei giornalisti nei confronti del governo, ma chi ha compilato il dossier era molto interessato anche alle questioni di genere. In un profilo, per esempio, viene sottolineato che la persona in questione ha firmato una petizione per legalizzare l’aborto, mentre in un altro veniva indicato il suo sostegno per il movimento femminista internazionale Ni Una Menos, conosciuto in Italia come “Non una di meno”.
I vari profili presenti nella lista erano evidenziati con diversi colori: giallo indicava un giornalista critico, verde un giornalista affidabile a cui concedere l’accredito. Il dossier sulle persone che avevano richiesto l’accredito per la riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio è ancora più dettagliato. Riguarda soprattutto imprenditori, sindacalisti e attivisti politici e contiene informazioni personali come dettagli su conti correnti, stipendi e in alcuni casi lo stipendio dei lavoratori domestici.
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Non è la prima volta che Macri viene accusato di aver spiato i suoi avversari politici. Un caso precedente, che riguardava il periodo tra 2007 e 2015, quando Macri era sindaco di Buenos Aires, è stato archiviato in occasione della sua elezione a presidente. Né lo staff di Macri né il suo partito hanno per ora commentato la vicenda.