Il primo ministro danese Mette Frederiksen parla agli alunni alla riapertura delle scuola a Copenaghen, il 15 aprile 2020 (AP/ Philip Davali / Ritzau Scanpix)

Come ha fatto la Danimarca a riaprire le scuole

Piccoli gruppi di studenti che formano "bolle protettive", tracciamento e sanificazioni rigorose hanno reso la Danimarca l'esempio da seguire per le nazioni che vogliono far tornare gli studenti in classe

Se in Italia è ormai ufficiale che gli studenti torneranno in classe solo a settembre, altri paesi si stanno preparando alla riapertura delle scuole, come il Regno Unito dove potrebbero riaprire il primo giugno. Il modello a cui guardano i governi che hanno deciso di riaprire le scuole è quello della Danimarca, dove gli alunni delle scuole primarie e di quelle dell’infanzia, cioè quelli fino a 11 anni, sono tornati in classe il 15 aprile.

La Danimarca non è la sola nazione in cui le scuole hanno aperto, ma dopo quasi un mese di lezioni, e nonostante dubbi sulla sicurezza soprattutto da parte di molti genitori, la sperimentazione sembra aver funzionato. L’organizzazione delle attività scolastiche durante l’epidemia si basa non solo sulle precauzioni per evitare che i bambini si contagino, ma anche su un sistema di tracciamento dei contatti di chi abbia eventualmente contratto il virus. I casi di contagio accertati  in Danimarca sono ad oggi 10.713 e i morti 533. Negli ultimi sette giorni i contagi sono aumentati di 729 unità e i deceduti di 27.

I bambini rimangono in piccoli gruppi che non entrano a contatto fra di loro. In questo modo si creano delle “bolle protettive”. Ciò sopperisce alla difficoltà di garantire il distanziamento fisico di sicurezza di due metri (che è comunque previsto), che i giovani studenti fanno fatica a rispettare. Per garantire che i gruppi non si incontrino sono state organizzate anche entrate e uscite dagli edifici scaglionate.

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Questa organizzazione è stata favorita anche dal fatto che spesso in Danimarca le strutture ospitano sia le scuole primarie che quelle secondarie inferiori: essendo queste ultime ancora chiuse i più giovani possono utilizzare spazi più ampi rispetto a quelli che avrebbero avuto in caso di una riapertura per tutti. I gruppi delle cosiddette “bolle protettive” sono composti da circa 12 studenti e, oltre a entrare e uscire in orari diversi, pranzano e giocano separatamente rispetto agli altri e hanno un solo insegnante.

Altro caposaldo del “sistema danese” per la riapertura delle scuole è una rigorosa organizzazione delle sanificazioni. In particolare per quanto riguarda il lavaggio e la disinfezione delle mani che devono essere effettuati ogni ora: se dal punto di vista della lotta al virus è sicuramente una pratica efficace, un lavaggio così frequente sta però dando le prime controindicazioni, come problemi d’irritazioni cutanee e di eczemi.

Nelle scuole danesi né gli studenti né i docenti indossano mascherine. Il vicepresidente dell’Unione danese degli insegnanti, Dorte Lange, ha spiegato alla BBC che l’assenza di dispositivi di protezione individuale non è stata un problema, e che gli esperti hanno preferito concentrarsi sul distanziamento degli alunni, sulla creazione dei gruppi isolati e insistendo sulla sanificazione.

Visti i buoni risultati nelle scuole primarie e per l’infanzia, in Danimarca si sta valutando anche di riaprire le classi agli studenti più grandi, anche se sindacati e governo sono d’accordo che se dovessero tornare ad aumentare i contagi si potrebbe tornare a chiudere tutto. Intanto insegnanti e studenti che hanno problemi di salute, o hanno familiari ammalati o a rischio, continuano a coordinare e a seguire le lezioni da casa.

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Oltre alla Danimarca, anche la Germania è uno dei paesi che hanno deciso di far tornare i propri studenti in classe (alcuni già dal 27 aprile), anche se con soluzioni diverse. Sono tornati in classe infatti gli studenti delle scuole superiori, ma non quelli delle primarie e dell’infanzia. È obbligatorio l’uso delle mascherine protettive nelle aree comuni, gli intervalli delle lezioni sono scaglionati e è stato creato un sistema di sensi unici nei corridoi per ridurre al minimo i contatti. Per facilitare il tracciamento degli eventuali positivi ogni studente ha un posto fisso, in modo da poter risalire a chi gli era più vicino durante le lezioni. Inoltre l’orario delle lezioni in classe è stato ridotto ed alternato a quelle online in modo da permettere che i gruppi di chi studia in presenza non siano superiori a dieci studenti.

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