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  • Domenica 22 marzo 2020

Come va in Giappone

Il numero dei contagi da coronavirus è rimasto molto basso – forse troppo? – e c'è un grosso problema da affrontare: le Olimpiadi

Il primo ministro Shinzo Abe (AP Photo/Eugene Hoshiko)
Il primo ministro Shinzo Abe (AP Photo/Eugene Hoshiko)

Si è rapidamente smesso di parlare del Giappone, uno dei primi paesi dopo la Cina a segnalare casi di coronavirus (SARS-CoV-2), dopo un iniziale momento di attenzione: il numero dei contagi rilevati è rimasto molto basso e i giornali hanno cominciato a occuparsi dei paesi in cui l’epidemia si è fatta più grave, come Corea del Sud e Italia. In Giappone, tuttavia, ci si aspetta ancora che arrivi il picco del numero dei contagi, mentre si discute di cosa fare con le Olimpiadi di Tokyo 2020, previste per il prossimo luglio.

A oggi in Giappone sono stati confermati circa 996 casi di contagio da coronavirus (esclusi i circa 700 casi dei passeggeri che erano a bordo della nave da crociera Diamond Princess) su quasi 130 milioni di abitanti, e 35 morti. Gli esperti dicono che cresceranno ancora, ma è un numero relativamente basso se si pensa che i primi casi sono stati rilevati all’inizio di gennaio, e ancora più basso escludendo i passeggeri della Diamond Princess. I primi contagiati erano cittadini cinesi arrivati per diversi motivi nel paese. Il virus aveva poi cominciato a trasmettersi localmente: a inizio febbraio i casi confermati erano 20, un mese dopo erano diventati 254 (esclusi quelli a bordo della Diamond Princess).

Il governo di Shinzo Abe non aveva risposto con grande prontezza alla crisi, anche quando le notizie dalla Cina avevano reso chiaro che fosse molto seria. Solo a fine febbraio il governo aveva chiesto la chiusura di tutte le scuole del paese e vietato concerti e eventi sportivi. A inizio marzo erano state introdotte le prime restrizioni all’arrivo di persone provenienti da paesi con un’epidemia da coronavirus in corso, mentre pochi giorni fa il governo ha aggiunto la malattia causata dal nuovo coronavirus tra quelle che possono essere usate per decidere lo stato di emergenza, e ha approvato alcune misure di sostegno economico per la popolazione.

Le autorità giapponesi sono state inoltre molto lente nell’aumentare il numero di test effettuati per individuare il coronavirus. Al 12 marzo, se in Italia erano stati eseguiti circa 2.500 tamponi per ogni milione di abitanti, il Giappone era fermo a circa 80 tamponi per ogni milione di abitanti. Vista la natura spesso asintomatica dei casi di contagio da coronavirus, un minore numero di test eseguiti coincide con un minor numero di casi rilevati e questo può spiegare in parte il basso numero di casi confermati. In tutto, in Giappone, sono stati eseguiti fin qui poco più di 10.000 test per il coronavirus.

Il problema potrebbe essere stato anche legato a un’iniziale reticenza delle autorità sanitarie nel permettere che i test venissero eseguiti anche da laboratori privati. Solo a marzo le regole sui test sono state allentate, anche se ci vuole sempre l’approvazione di un medico del sistema sanitario nazionale per fare il test anche privatamente.

L’orologio con il conto alla rovescia per le Olimpiadi di Tokyo 2020, in una piazza della città (AP Photo/Jae C. Hong)

Un articolo di The Conversation ha fatto due ipotesi sulla ragione di questa decisione: una ha a che fare con il tentativo delle autorità sanitarie di ottenere dati molto certi sulla diffusione del virus, diffidando quindi dei laboratori privati; l’altra ha a che fare con la volontà del governo giapponese di presentare una situazione migliore di quella reale per non compromettere la possibilità di svolgere regolarmente le Olimpiadi della prossima estate.

Quest’ultimo è uno dei temi più grossi di cui si sta parlando in queste settimane in Giappone, specialmente per via della manifesta volontà del primo ministro Abe di continuare con l’organizzazione delle Olimpiadi, uno degli eventi sportivi più importanti al mondo con enormi ricadute anche sul piano economico.

Sabato scorso Abe ha detto che il Giappone sta continuando a lavorare per organizzare le Olimpiadi a luglio, come da programma, nonostante siano stati cancellati tutti i più importanti eventi pubblici previsti per i prossimi mesi, compresi gli Europei di calcio. Martedì la stessa cosa è stata ripetuta da Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico Internazionale. Diversi esperti, tuttavia, parlano della concreta possibilità che la situazione a livello mondiale non sarà risolta prima dell’estate inoltrata e le Olimpiadi, che oltre agli atleti fanno muovere migliaia di persone da una parte all’altra del mondo, potrebbero presentare diversi rischi dal punto di vista epidemiologico.

A pesare sulla decisione finale saranno probabilmente anche gli aspetti economici: le Olimpiadi sono in preparazione da anni, con investimenti di miliardi di dollari, e l’economia del Giappone sta attraversando un periodo molto difficile, che sarà sicuramente reso ancora più complicato dalle conseguenze dell’epidemia.