Che cos’è il “bear market”

È quello che succede quando i valori di borsa calano molto e ci si aspetta che continuino a calare per un bel po': ci siamo appena entrati

(AP Photo/Eugene Hoshiko)
(AP Photo/Eugene Hoshiko)

Il “bear market” è quel fenomeno che si verifica quando un importante indice di borsa subisce in poco tempo una flessione di oltre 20 punti percentuali che dura per diverse settimane. I timori per la pandemia di coronavirus hanno portato il Dow Jones, uno dei principali indici di borsa statunitensi, a calare del 5,9 per cento in un giorno, superando così i 20 punti di ribasso rispetto al record raggiunto lo scorso 12 febbraio. Questo calo ha segnalato a tutti gli operatori di mercato l’inizio di un nuovo periodo di “bear market”.

“Bear market” significa letteralmente “mercato dell’orso”, e indica una situazione negativa e spiacevole per gli investitori. Gli orsi sono animali che vanno in letargo per molto tempo, riducendo al minimo la loro attività. Nello stesso modo, il “mercato dell’orso” è una situazione in cui gli investitori sono poco attivi, se non per vendere i loro titoli più rischiosi, e si aspettano che le cose continuino a passo ridotto per un certo lasso di tempo.

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Durante un “bear market” gli investitori cedono i titoli rischiosi per comprarne di sicuri oppure tenersi la liquidità, mentre le aziende timorose di subire perdite possono ritardare gli investimenti o iniziare a licenziare il personale. In genere l’avvento di un “bear market” è considerato uno dei segnali che preannunciano l’arrivo di una recessione. L’ultimo “bear market” negli Stati Uniti (che essendo quella americana la più grande borsa del mondo, è come se fosse un “bear market” mondiale) era iniziato nel 2007, quando divennero evidenti i primi segnali della grande crisi finanziaria che sarebbe poi arrivata.

L’opposto del “bear market” è il “bull market”, il “mercato del toro”, che si verifica quando gli investitori sono fiduciosi e i valori degli indici continuano a salire, superando senza sosta i record precedenti. Quella che si è conclusa questa settimana, secondo gli esperti, è la più lunga fase di “bull market” nella storia, almeno in quella degli Stati Uniti: iniziò nei primi mesi del 2009 ed è durata per 11 anni consecutivi in cui i valori di borsa sono stati in crescita.

Dopo questo lunghissimo lasso di tempo, molto superiore agli equivalenti periodi che si verificarono negli anni Ottanta e Novanta, il “bull market” è stato fermato dalla pandemia di coronavirus. Il contagio ha già causato gravi danni in tutto il mondo colpendo la Cina e rallentando la sua produzione industriale, che è fondamentale per fornire parti e componenti a moltissime industrie manifatturiere, anche italiane. L’estendersi della pandemia ad altri paesi e l’introduzione di severe misure di contenimento che inevitabilmente impattano sull’economia hanno fatto il resto.

A differenza degli Stati Uniti, l’Italia si trova già da tempo in un “bear market”: almeno dall’autunno del 2018, quando i timori per le intenzioni del governo Lega-Movimento 5 Stelle da poco insediatosi portarono gli indici a scendere di 20 punti percentuali rispetto al massimo toccato nel maggio precedente.