Il coronavirus provincia per provincia

Gli ultimi dati ufficiali in Italia sul numero di persone positive al test, sui tamponi realizzati e sui ricoverati in terapia intensiva

(Ansa/Matteo Corner)
(Ansa/Matteo Corner)

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Protezione Civile venerdì 6 marzo, in Italia le persone risultate positive al test per il coronavirus (SARS-CoV-2) sono finora 4.636, comprese quelle “guarite” (523) e quelle morte (197). Rispetto al giorno precedente, i positivi sono stati 778 in più, la crescita più significativa in un solo giorno in Italia dall’inizio dell’epidemia. Le regioni più interessate continuano a essere Lombardia (2.612 casi positivi), Emilia-Romagna (870) e Veneto (488), ma sono molto significativi anche i dati provincia per provincia diffusi dalla Protezione Civile.

La provincia in cui finora ci sono stati più casi positivi al coronavirus – che non significa necessariamente la provincia con il numero reale più alto di contagiati – è quella di Lodi (739), dove si trova uno dei due focolai del virus, cioè la “zona rossa” che include tra gli altri il comune di Codogno. Seguono le province di Bergamo (623), Cremona (452), Piacenza (426), Milano (267), Padova (198), Brescia (182), Parma (181) e Pavia (180).

Per quanto riguarda le altre regioni, nelle Marche la provincia dove finora c’è stato il numero più alto di persone risultate positive al test per il coronavirus è quella di Pesaro, con 126 casi su 159 totali registrati nella regione. In Piemonte la provincia più colpita è Asti, con 47 positivi su 143 totali nella regione, seguita da Torino con 34. La regione del Sud con più positivi è finora la Campania: 57, di cui 17 in provincia di Napoli.

Un altro dato significativo da tenere d’occhio, elaborato dal Sole 24 Ore e disponibile però solo a livello regionale, è quello del numero di persone ricoverate con sintomi e quelle tenute in terapia intensiva, reparto che in molti ospedali del Nord sta particolarmente soffrendo per l’alto numero di pazienti con insufficienze respiratorie, uno dei sintomi più gravi della COVID-19, la malattia causata dal coronavirus.

Negli ultimi giorni il numero di ricoverati in terapia intensiva in tutto il territorio nazionale è aumentato progressivamente, passando da 35 il 25 febbraio a 462 il 6 marzo.

Leggi anche: Il coronavirus se ne andrà col caldo?

In Lombardia, delle 2.008 persone che oggi risultano positive al coronavirus, 1.622 sono ricoverate in ospedale con sintomi non gravi, 309 sono in terapia intensiva (quindi hanno insufficienze respiratorie serie), e 77 sono in isolamento a casa propria.

La Lombardia è la regione italiana con il maggior numero di persone ricoverate in terapia intensiva a causa del coronavirus. Seguono l’Emilia-Romagna, con 53 pazienti, e il Veneto, con 27. Anche per questa ragione il ministero della Salute ha chiesto agli ospedali lombardi di aumentare i posti letto del 50 per cento nei reparti di terapia intensiva, e del 100 per cento nelle unità operative di pneumologia e malattie infettive, anch’esse importanti per trattare i pazienti con la COVID-19.

Venerdì, inoltre, la Regione Lombardia ha stabilito che da lunedì 9 marzo su tutto il territorio regionale verranno sospese le visite e le terapie ambulatoriali e le operazioni chirurgiche non urgenti.

L’ultimo dato rilevante da considerare – anche questo disponibile solo su scala regionale – è quello dei tamponi. Finora il numero di tamponi realizzati in tutta Italia è stato di 36.359, di cui 13.556 in Lombardia, 13.023 in Veneto e 3.136 in Emilia-Romagna.

C’è un motivo per cui in Veneto si sono fatti molti più tamponi che in Emilia-Romagna, nonostante i casi risultati positivi per il coronavirus siano oggi di più in Emilia-Romagna che in Veneto: in Italia nei primi giorni dell’epidemia, quando il Veneto era la regione più interessata insieme alla Lombardia, i tamponi venivano fatti “a tappeto”, anche a persone senza sintomi. Poi le regole sono cambiate, soprattutto per razionalizzare il consumo dei tamponi ed evitare il sovraccarico dei laboratori che svolgono i test.

Oggi alle persone senza sintomi che sono entrate in contatto con persone risultate poi positive non viene fatto il tampone: viene chiesto di fare un periodo di isolamento a casa propria, limitando il più possibile il contatto con terzi; il test viene successivamente eseguito se emergono sintomi rilevanti che facciano sospettare una COVID-19.