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  • Mercoledì 26 febbraio 2020

Gli abusi sessuali del fondatore dell’Arca, Jean Vanier

Sono stati accertati da un'inchiesta indipendente ordinata e diffusa dalla stessa famosa comunità da lui fondata, che accoglie in tutto il mondo persone con disabilità mentali

Jean Vanier dopo aver ricevuto il Templeton Prize, Londra, 18 maggio 2018 (AP Photo/Alastair Grant, File)
Jean Vanier dopo aver ricevuto il Templeton Prize, Londra, 18 maggio 2018 (AP Photo/Alastair Grant, File)

Il 22 febbraio la direzione della comunità L’Arche – famosa in tutto il mondo per i centri in cui accoglie le persone con disabilità mentali e presente con più di 150 strutture in 38 diversi paesi, compresa l’Italia, dove è conosciuta come “L’Arca” – ha reso pubblica la conclusione di un’inchiesta secondo cui il suo fondatore, Jean Vanier, ha abusato sessualmente di alcune donne. Jean Vanier, morto nel maggio del 2019 a novant’anni, era non solo molto ammirato e rispettato ma quasi “venerato“, scrivono i giornali, e paragonato da alcuni a Madre Teresa di Calcutta.

Il caso iniziò nel 2014, quando ai responsabili de L’Arche arrivarono le prime testimonianze di abusi sessuali commessi da padre Thomas Philippe, prete domenicano, guida spirituale di Vanier dal 1950 e co-fondatore de L’Arche, morto nel 1993. Nel 2015 una prima indagine interna concluse che le accuse erano fondate: ci si chiese anche se Vanier ne fosse a conoscenza e se fosse a conoscenza della storia passata di Philippe. Nel 1952, infatti, Philippe era già stato accusato di abusi sessuali: il processo canonico a suo carico si concluse nel 1956 e il prete venne condannato al divieto di svolgere qualsiasi ministero, in forma privata o pubblica (Philippe è tra l’altro al centro di un documentario di cui si parlò molto lo scorso anno, intitolato Religiose abusate, l’altro scandalo della Chiesa). In quell’occasione, Vanier disse di non essere a conoscenza dei comportamenti di Philippe.

Nel 2016, poi, i dirigenti de L ‘Arche ricevettero la testimonianza di una donna che accusava direttamente Vanier. Lui non negò la relazione, ma disse che era stata «reciproca». Nel marzo del 2019, a pochi mesi dalla morte di Vanier, L’Arche ricevette una testimonianza simile alla precedente e decise di avviare un’inchiesta indipendente.

L’indagine è stata affidata a una società esterna, l’organizzazione britannica GCPS Consulting, specializzata nella prevenzione degli abusi, che si è basata anche sul lavoro di alcuni storici che hanno fatto diverse ricerche all’interno degli archivi dei domenicani. Le conclusioni dimostrano innanzitutto che Vanier era, fin dagli anni Cinquanta, pienamente consapevole delle accuse e delle condanne contro Thomas Philippe, contrariamente a quanto aveva detto quando era in vita. L’indagine ha dimostrato poi come lo stesso Vanier avesse preteso relazioni sessuali da alcune donne che si rivolgevano a lui per un sostegno spirituale, in un contesto, dunque, di «influenza psicologica»: «Nel corso di questa indagine», si legge nel comunicato pubblicato da L’Arche, «sono state ricevute testimonianze sincere e concordanti relative al periodo 1970-2005 da sei donne adulte non disabili, che indicano che Jean Vanier ebbe rapporti sessuali con loro, generalmente nell’ambito di un accompagnamento spirituale». E ancora: «Queste donne, senza legami tra loro, riportano fatti simili, associati a un discorso apparentemente spirituale o mistico inteso a giustificarli».

Alcune donne hanno raccontato che Jean Vanier «era adorato da centinaia di persone, come un santo vivente» e che quindi era molto «difficile sollevare il problema». Altre hanno poi testimoniato che le relazioni sessuali venivano fatte passare come parte del percorso spirituale: «È Gesù che ti ama attraverso di me», «Sei stata scelta, sei speciale, è un segreto», diceva loro Vanier. Altre hanno raccontato di essere andate da Philippe per parlare di quel «segreto» con Vanier, di aver subito in quelle occasioni anche dal prete gli stessi abusi e di aver ricevuto le medesime spiegazioni: «Le stesse parole per dire che ero speciale e che tutto aveva a che fare con Gesù e Maria».

In una lettera indirizzata ai membri della comunità, gli attuali responsabili de L’Arche Stephan Posner e Stacy Cates Carneye hanno scritto: «Siamo sconvolti da queste scoperte. Condanniamo senza riserve queste azioni, che sono in totale contraddizione con i valori che Jean Vanier sosteneva. (…) Siamo consapevoli dello sconvolgimento e del dolore che questa informazione causerà a molti di noi, dentro L’Arche, ma anche fuori proprio in ragione di quanto Vanier aveva ispirato in molte persone in tutto il mondo. Se il grande bene che Vanier ha fatto durante tutta la sua vita non è in discussione, dobbiamo tuttavia dare per morta una certa visione che possiamo aver avuto di lui e delle nostre origini».

Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese ha parlato di «stupore e dolore». I vescovi hanno ringraziato le donne vittime di Jean Vanier che hanno avuto il coraggio di parlare «di quello che hanno subito» e hanno ribadito «la loro fiducia» nelle comunità de L’Arche.

Le indagini di GCPS Consulting e degli storici sono state consegnate alla Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase), incaricata di indagare le violenze sessuali commesse in Francia dal 1950 e di formulare proposte per prevenirle. Il presidente della Commissione ha fatto sapere che «considerano queste indagini assolutamente solide e credibili». Nel frattempo suor Véronique Margron, presidente della Conferenza francese dei religiosi e delle religiose (Corref), ha annunciato che i domenicani della Provincia di Francia hanno condotto due inchieste, teologiche e storiche, per capire come nonostante la condanna del 1956 padre Thomas Philippe riuscì a ritrovarsi «nella posizione di autorità morale, religiosa e spirituale di Jean Vanier e di creatore de L’Arche».

L’Arche, con sede internazionale a Parigi, è una federazione di associazioni che gestisce 154 sedi in 38 diversi paesi in cui vivono persone con disabilità mentali con i loro assistenti, dipendenti o volontari. Le comunità si trovano, tra l’altro, in India, Canada, Haiti, Stati Uniti, Costa d’Avorio, Burkina Faso, e Italia (a Roma, Cagliari e Bologna). L’idea di Vanier, rivoluzionaria negli anni Sessanta, fu quella di allontanare le persone con disabilità mentali dagli ospedali psichiatrici, e di trasformare le comunità terapeutiche in comunità in cui vivere.

Jean Vanier era nato nel 1928 a Ginevra, il padre era l’ex governatore del Canada e un diplomatico. Rinunciò alla carriera come ufficiale di marina e come professore di filosofia all’università perché, raccontano i suoi biografi, disse di aver riconosciuto nel corpo piccolo e disarticolato di un bambino con disabilità l’immagine di Cristo. Nel corso degli anni, attraverso i suoi libri, il suo lavoro e le conferenze che teneva in tutto il mondo, divenne una personalità riconosciuta da intellettuali, regine, papi e presidenti. Nel 2015 ricevette il prestigioso Templeton Prize a Londra, assegnato prima di lui a Madre Teresa, al Dalai Lama e a Desmond Tutu.