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  • Lunedì 27 gennaio 2020

Com’è fatta Los Angeles

Una guida alla città seguendo il protagonista di "Uscita di sicurezza", l'ultimo romanzo di Ryan Gattis, che sarà a Milano il 13 febbraio

(David McNew/Getty Images)
(David McNew/Getty Images)

È molto probabile che Los Angeles sia la città che avete visto più spesso su uno schermo: come più o meno in ogni altro aspetto in base al quale si può giudicare una città, se la gioca con New York anche come set più frequentato del cinema americano. Ma se New York è nell’immaginario collettivo Manhattan, un’isola densissima e ben circoscritta, Los Angeles è sparpagliata, incasinata, disomogenea sotto tutti gli aspetti o quasi. Tranne che dappertutto c’è il sole e fa caldo quasi tutto l’anno, uno dei più ricorrenti temi su cui si basa la celebre e letteraria rivalità con New York.

Los Angeles vista dal Griffith Observatory. (AP Photo/Reed Saxon)

La maggior parte delle persone, pensando a Los Angeles, si immagina la scritta Hollywood sul monte che sovrasta l’omonimo quartiere – piccola e non sempre facile da avvistare, come sa chi l’ha vista dal vivo – oppure le ville in collina di Bel Air, o le palme sui viali di Beverly Hills o ancora le spiagge di Venice Beach. Potrebbero sembrare più o meno lo stesso posto, ma tra il Griffith Observatory di La La Land e Santa Monica ci sono quasi 40 chilometri da percorrere. In auto, ovviamente: a Los Angeles ci si sposta soltanto così.

Questi posti patinati e ricchissimi sono però una piccola parte di Los Angeles, che è fatta anche e in gran parte di quartieri, sobborghi e città popolari, senza studi cinematografici e ville con piscina, ma che comunque hanno dato – soprattutto negli ultimi trent’anni – un contributo fondamentale alla costruzione dell’identità culturale e dell’immaginario della città. Sono quelli in cui è ambientato Uscita di sicurezza, l’ultimo romanzo dello scrittore losangelino Ryan Gattis, pubblicato in Italia da Guanda. Gattis è nato in Colorado, ma vive da anni a Los Angeles e nel suo lavoro di scrittore si è dedicato molto a raccontare la città: fa parte di un gruppo di artisti cittadini, UGLAR Works (cioè Unified Group of Los Angeles Residents), che si occupano soprattutto di street art, e per scrivere il suo primo romanzo, Giorni di fuoco, ha intervistato cittadini di Los Angeles per più di due anni.

Che cos’è Los Angeles
Sia una contea che una città: e quando si dice soltanto Los Angeles si intende una cosa a metà. La contea è un’area metropolitana grande più o meno come l’Abruzzo, con 88 città e circa 10 milioni di abitanti. Si spinge molto a nord, sopra Palmdale, e arriva fino alla baia di San Pedro, dove peraltro inizia il romanzo di Gattis. La città di Los Angeles, formalmente, è invece un’area molto più circoscritta, che comprende sia Downtown, il quartiere centrale coi grattacieli, sia tutta la San Fernando Valley, l’area pianeggiante a nord delle Santa Monica Mountains, quelle delle colline della scritta Hollywood e di Griffith Park. Non comprende invece posti che normalmente identifichiamo con la città di Los Angeles, e che invece sono città autonome: come Compton, Huntington Park, Inglewood, Torrance o West Hollywood.

La scrittrice Dorothy Parker, che era newyorkese, una volta disse che Los Angeles sono «72 sobborghi in cerca di una città»: in parte è vero in parte no, perché Los Angeles è fatta di posti diversissimi tra loro dal punto di vista economico, demografico e culturale, ma è anche una delle città con l’identità più forte e definita negli Stati Uniti, fatta di tanto spazio, del sole, di immigrazione, di palme, di superstrade, di cinema e di un sacco di altre cose.

Senza centro
È frequente, parlando delle città americane, descriverle come senza un vero e proprio centro: ma se identificarlo è comunque possibile per posti come New York, San Francisco o Washington DC, è praticamente impossibile per Los Angeles, anche per via delle municipalità diverse e dello spezzettamento della superficie della città vera e propria. C’è però chi ha identificato il centro di Los Angeles in un corridoio di Wilshire-Santa Monica, dai nomi dei due viali (Boulevard) che lo delimitano orizzontalmente, collegando, a ovest, l’oceano Pacifico a Downtown LA, a est.

I grattacieli di Downtown LA, con le San Gabriel Mountains sullo sfondo. (Mario Tama/Getty Images)

Downtown è un posto «con un tipo di follia tutta sua» dice a un certo punto di Uscita di sicurezza il protagonista Ricky Mendoza Jr. detto “Ghost”, uno scassinatore di origini messicane ingaggiato dalla DEA, la polizia antidroga, per aprire le cassaforti dei narcotrafficanti. Dopo essere stata a lungo il centro nevralgico della città nella prima metà del Novecento, a partire dagli anni Cinquanta Downtown ha visto trasferirsi altrove le sedi delle società più importanti, e ha attraversato decenni di declino e degrado. Dagli anni Duemila in poi il comune ha fatto in modo di attirare grandissimi investimenti, e oggi è l’unica zona di Los Angeles coi grattacieli: a differenza di Manhattan, non c’è mai stata l’esigenza di ottimizzare gli spazi costruendo in verticale.

Oggi Downtown è un posto strano, sede degli organi amministrativi della città e di complessi residenziali di lusso, del palazzetto della squadra di basket dei Los Angeles Lakers e dei pochi edifici storici rimasti in città, ma anche di Skid Row, un quartiere con un’enorme comunità di senzatetto e tossicodipendenti. «Di notte Downtown sembra come se avessero aperto le gabbie e lasciato scappare tutti quanti. Di giorno è Pendolaricity» dice in Uscita di sicurezza il protagonista.

La Los Angeles dei film
È ovviamente quella di Hollywood, una delle zone più affollate e turistiche della città, vissuta dai losangelini un po’ come i newyorkesi vivono Times Square: un posto da evitare il più possibile. Ma la Los Angeles del cinema è anche quella di Beverly Hills, il quartiere – la città, in realtà – più a ovest dove i ricchi vivono in eleganti ville con giardino in viali intervallati da palme altissime. Ancora più a ovest ci sono Westwood e Brentwood, altre zone molto benestanti e che ospitano anche il campus della UCLA, l’Università di Los Angeles.

La scritta Hollywood, con la San Fernando Valley sullo sfondo. (Eric Ford/Getty Images)

A nord di Hollywood e Beverly Hills ci sono le propaggini orientali delle Santa Monica Mountains, dove un tempo c’erano le ville delle star del cinema, che ormai si sono perlopiù spostate in zone più tranquille e appartate come Malibu e Orange County. Rimangono però i bus turistici che portano a vedere le ville di Bel Air, del Benedict Canyon e delle Holmby Hills.

Attorno a Downtown
Nello spazio tra lo stadio dei Dodgers, la squadra di baseball, subito a nord dei grattacieli del centro finanziario, e le colline di Hollywood, ci sono alcuni dei quartieri più alla moda di Los Angeles, come Echo Park, Silver Lake e Los Feliz. Sono zone costose ma non esclusive come Beverly Hills e Brentwood, e negli ultimi anni hanno attraversato un massiccio processo di gentrificazione che le ha trasformate in qualcosa di simile a Williamsburgh, il quartiere hipster di Brooklyn. Sono tra le zone più richieste dai giovani creativi losangelini che possono permettersi affitti da un paio di migliaia di dollari al mese, anche se spostandosi più a nord ci sono zone più economiche e disomogenee dal punto di vista sociale.

Lo stadio dei Dodgers a Echo Park. (Jeff Gross/Getty Images)

A ovest di Downtown invece c’è Koreatown, dove il protagonista di Uscita di sicurezza a un certo punto frequenta un centro per ex tossicodipendenti. Negli anni Sessanta vi si insediò la comunità coreana, anche se oggi è abitata in prevalenza da ispanici. È una zona affascinante con vecchi palazzi liberty, che nel 1992 ospitò alcuni degli episodi più violenti delle celebri rivolte di Los Angeles, raccontate da Gattis in Giorni di fuoco. I disordini scoppiarono nella comunità afroamericana di South LA, subito a sud, dopo il brutale pestaggio del tassista nero Rodney King: diventarono presto un fenomeno di guerriglia e devastazione urbana, con parte delle violenze che si riversarono sui nuovi immigrati, e quindi sugli asiatici di Koreatown.

South Los Angeles, e più a sud
Subito sotto Downtown comincia una delle parti più estese di Los Angeles, che inizia con l’area di South Los Angeles e si spinge molto a sud, comprendendo città popolari famosissime nella cultura hip hop come Compton e a zone altolocate come Torrance, fino all’area portuale di San Pedro e di Long Beach.

Il protagonista di Uscita di sicurezza arriva da uno di questi posti: Lynwood, una città di 70mila abitanti di cui oltre l’85 per cento di origine ispanica. Tra gli anni Ottanta e Novanta le aree del sud di Los Angeles erano abitate in prevalenza da afroamericani, e posti come Inglewood, Watts e Compton sono infatti ancora oggi celebri per l’identità black e per la cultura hip hop della costa occidentale degli Stati Uniti. Oggi l’immigrazione ispanica è diventata prevalente, non solo nel sud di Los Angeles ma in tutta la città: la percentuale di abitanti con origini latine supera il 40 per cento.

Per anni, molte zone della parte meridionale di Los Angels sono state associate a criminalità e narcotraffico: e quella raccontata da Gattis in Uscita di sicurezza è proprio questa Los Angeles, del resto la stessa a cui sono ispirate le ambientazioni del più venduto videogioco di sempre, GTA V. Oggi però molte aree sono migliorate da questo punto di vista, e stanno attirando investimenti e fermento culturale e artistico, naturalmente animate dalle comunità ispanica e in secondo luogo afroamericana.

«Non è un granché come quartiere, ma non è neanche il peggiore» dice di Compton il protagonista di Uscita di sicurezza, che a un certo punto racconta di una festa di Quinceañera – cioè quella dei 15 anni, molto importante nella comunità latinoamericana – alla Bateman Hall, un edificio tondo in mattoni rossi nel cuore di Lynwood. Tutti i posti citati nel romanzo esistono davvero: anche la Tamaleria La Doña di Compton, una casupola bianca anonima accanto a un autolavaggio, in mezzo alle classiche villette prefabbricate di South Los Angeles, dove il protagonista incontra a un certo punto il vecchio Frank, suo mentore e padre del suo ex grande amore Rose.

Venice Beach. (Emma McIntyre/Getty Images for Old Navy)

Le spiagge
Quelle che ci si immagina di solito sono quelle Santa Monica e di Venice Beach, enormi e intervallate dalle palafitte in legno dei bagnini, le stesse di Baywatch, che del resto è ambientata qui. Più a sud c’è anche Manhattan Beach, un posto più defilato e altolocato. Venice è un posto super turistico e dove convivono skaterhippy della vecchia guardia insieme agli influencer e ai monopattini elettrici. Le star se ne tengono però lontane: sono tutte a Malibu, la città parecchi chilometri a nord e fuori dal caos di Los Angeles, oggi una delle comunità più ricche ed esclusive di tutti gli Stati Uniti.

***

Ryan Gattis parlerà di Uscita di sicurezza, di Los Angeles e del suo lavoro di scrittore a Milano il 13 febbraio durante una delle cene letterarie dello Zacapa Noir Festival, una serie di eventi dedicati alla letteratura (noir ma non solo) iniziata a settembre e in corso fino a giugno: si cena, si ascolta musica dal vivo e poi si ascolta uno scrittore, intervistato da un altro scrittore o da un giornalista. Con Ryan Gattis ci sarà Giacomo Papi, peraltro blogger del Post.

I biglietti per partecipare alle cene dello Zacapa Noir Festival costano 40 euro a persona. Per gli abbonati del Post c’è un prezzo agevolato, estendibile anche a un accompagnatore, per una selezione di serate, tra cui quella con Ryan Gattis. Le modalità per ottenere lo sconto – e l’elenco delle cene per cui è valido – saranno comunicate direttamente a loro.

Ryan Gattis, il 16 marzo 2016 (Horst Galuschka/picture-alliance/dpa/AP Images)