Fioramonti non si aspettava che le sue dimissioni fossero accettate

La lettera di dimissioni, ha spiegato, «era anche un modo per dire "faccio sul serio"»

L'ex ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, Napoli, 6 dicembre 2019
(ANSA / CIRO FUSCO)
L'ex ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, Napoli, 6 dicembre 2019 (ANSA / CIRO FUSCO)

Nella puntata di domenica 12 gennaio di Mezz’ora in più, il programma di Lucia Annunziata su Rai Tre, è andata in onda un’intervista all’ex ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti, che si era dimesso prima di Natale dicendo di aver ottenuto pochi fondi con la legge di bilancio. Fioramonti ha poi anche lasciato il Movimento 5 Stelle per passare al “gruppo misto”. Fioramonti ha risposto ad alcune domande sulle sue dimissioni dicendo, tra le altre cose, che quando ha inviato la lettera al Presidente del Consiglio non si aspettava che venisse accettata:

Come nascono le sue dimissioni?
Le mie dimissioni nascono da lontano. Io già da viceministro del governo Conte I, nella primavera del 2019, avevo indicato chiaramente che bisognava fare uno sforzo importante per l’università e la ricerca: a suo tempo io ero viceministro con quella delega. Creato il Conte II, diventato ministro, ho preso questa cosa ancora più seriamente. Servivano più risorse e almeno 2 miliardi per la scuola.

Lei ha minacciato di dimettersi ancora prima di giurare, da ministro. Poi perché si è dimesso prima di Natale? Che cosa è successo?
Io l’avevo sempre detto: entro Natale, entro la legge di bilancio, io il 23 di dicembre dopo una serie di interlocuzioni con il presidente del Consiglio nelle settimane precedenti ho mandato una lettera dicendo: a questo punto se non cambiano le condizioni, non posso far altro che dimettermi dal mio ruolo. E poi è stato palazzo Chigi ad annunciare le mie dimissioni qualche giorno dopo.

Quindi non se l’aspettava?
Una lettera di un ministro non vuol dire che le dimissioni debbano essere accettate, per me era anche un modo per dire “faccio sul serio, sono serio su questa cosa”: anche nella speranza che il governo si ricredesse. Evidentemente non è stato così.