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  • Domenica 22 dicembre 2019

Anche Dickens aveva problemi con i pirati

Due settimane dopo la pubblicazione di "A Christmas Carol" uscì un racconto quasi identico, lui fece causa ma non andò come sperava

(Brendan Hoffman/Getty Images)
(Brendan Hoffman/Getty Images)

A Christmas Carol, conosciuto in Italia come Canto, Racconto, Ballata o Cantico di Natale, è una delle storie sul Natale più famose al mondo, trasformata in musical, fumetti, film, cartoni animati. Fu scritto in sei settimane dall’inglese Charles Dickens, uno degli autori più letti di sempre e una vera celebrità nel suo tempo, e pubblicato dalla casa editrice londinese Chapman & Hall il 19 dicembre del 1843, giusto in tempo per Natale. Fu un successo enorme, la prima edizione andò esaurita alla vigilia di Natale e nell’anno successivo, il 1844, ne uscirono altre 13. In Italia venne pubblicato dalla Tipografia milanese nel 1873 nella traduzione di Eugenio De Benedetti e con il titolo Una Canzone del Natale in prosa.

Questa popolarità portò presto il romanzo al centro di due episodi di pirateria da una sponda all’altra dell’oceano. A New York si vendevano per pochi centesimi copie stampate senza il consenso dell’autore, dato che all’epoca non esisteva una legge internazionale sul copyright, che arrivò soltanto nel 1891. Dickens si era già lamentato della pratica, molto ma inutilmente, durante il suo primo tour americano nel 1842, in cui era stato accolto in trionfo dal mondo letterario, dai grandi editori e dal pubblico che lo conosceva grazie alle copie piratate di Il circolo Pickwick e Oliver Twist.

In Regno Unito invece una versione copiata e modificata di A Christmas Carol uscì dopo due settimane sul numero del 6 gennaio del 1844 della Parley’s Illuminated Library, una pubblicazione settimanale edita da Richard Lee e John Haddock, che raccoglieva versioni abbreviate e semplificate dei romanzi più popolari del tempo, spesso destinati ai bambini. Il racconto si chiamava Christmas Ghost Story ed era stato scritto da Henry Hewitt. Non era la prima volta che la Parley’s copiava un’opera di Dickens, lo aveva già fatto con La bottega dell’antiquario, uscito tra il 1840 e il 1841, e con Barnaby Rudge del 1841. Dickens aveva sempre lasciato correre ma questa volta fece causa, affiancato dall’avvocato, politico e amico Thomas Noon Talfoud, che nel 1837 aveva proposto in Parlamento una legge sul copyright poi approvata soltanto nel 1842; nel 1836 Dickens gli aveva dedicato Il circolo Pickwick.

In tribunale, racconta lo studioso Michael Hancher, Noon Talfoud paragonò Lee e Haddock a «zingari che rubano bambini degli altri: li camuffano e poi li fanno passare per propri»; Dickens sostenne che l’opera era evidentemente la sua: «spesso il linguaggio è lo stesso, negli altri casi è indebolito e degradato: è reso insipido, banale, ignorante e svenevole» e anche la storia segue, con lacune e modifiche, la trama originale. Hewitt rispose sostenendo di aver migliorato il romanzo originale e di aver modificato il linguaggio per renderlo accessibile a tutti; Lee e Haddock definirono le storie pubblicate su Parley’s come “ri-originate”.

Delle 50mila copie stampate di quel numero ne sono rimaste pochissime e quasi nessuno di quelli che aveva successivamente scritto del processo aveva letto il racconto di Hewitt, fino a quando Hancher ne trovò una copia nella biblioteca Bodleiana dell’università di Oxford. Secondo Hancher Christmas Ghost Story è un’opera modesta ma «se i più giovani si annoiano con le descrizioni, troveranno l’opera di Hewitt meno noiosa di quella di Dickens». La sua caratteristica più interessante sono le massime e le citazioni letterarie che infarciscono i margini del corpo centrale del testo, una pratica comune nel mercato editoriale di libri per bambini dell’epoca. Era una sorta di ipertesto, ha spiegato Hancher, che consigliava grandi opere letterarie e che «dava al lettore qualcosa a cui pensare, di morale, canonico o sentimentale, se la mente si fosse allontanata dal centro della pagina».

Dickens vinse la causa ed esultò scrivendo che «i pirati sono stati sconfitti. Sono pieni di lividi, sanguinanti, malconci, fracassati, schiacciati e completamente distrutti». Festeggiò troppo presto perché Lee e Haddock dichiararono bancarotta e Dickens si ritrovò a pagare le spese processuali: 700 sterline del tempo pari a 56 mila sterline di oggi a fronte di un guadagno di 230 sterline per la vendita di seimila copie dalla pubblicazione alla fine del 1843 (altre fonti parlano di un guadagno ancora più contenuto di 130 sterline).

Negli anni seguenti Dickens trovò nuove fonti di entrate e si servì soprattutto dei reading letterari a pagamento: soltanto di A Christmas Carol ne fece 128 dal 1849 al 1870, l’anno in cui morì, a 58 anni. Continuò a lamentarsi del sistema giuridico e si vendicò pubblicamente in Casa Desolata, romanzo uscito tra il 1852 e il 1853 e considerato tra i suoi più complessi e riusciti: è costruito attorno a una causa legale trascinata per anni nelle aule della Cancelleria di Giustizia del Gran Cancelliere, che accumula spese legali e ingrassa gli avvocati senza riportare la giustizia. «Sopporta qualsiasi torto che ti viene fatto, piuttosto che rivolgerti qui», avverte Dickens già dal primo capitolo.

Perché si dice “Merry Christmas”?