Kamala Harris ha ritirato la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti

All'inizio delle primarie Democratiche era data tra i favoriti, ma dopo diversi inciampi aveva perso molti consensi nei sondaggi

(AP Photo/Chris Carlson)
(AP Photo/Chris Carlson)

La senatrice americana Kamala Harris ha ritirato la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti. Harris si era candidata alle primarie del Partito Democratico circa un anno fa e nelle prime settimane era considerata fra i favoriti per ottenere la nomination, ma nel corso della campagna elettorale – le primarie vere e proprie inizieranno nel febbraio del 2020 – aveva perso moltissimi consensi, e al momento era data intorno al 3 per cento a livello nazionale.

Harris ha 55 anni e dopo essere stata l’apprezzata e popolare procuratrice generale in California, nel 2017 era stata eletta in Senato col Partito Democratico. Da anni era considerata una dei leader più promettenti del partito, e per via delle sue credenziali – pragmatica ma abbastanza di sinistra, e con parecchia esperienza politica alle sue spalle – in molti ritenevano che potesse attrarre diversi settori dell’elettorato Democratico, da quello moderato a quello radicale. La sua campagna elettorale, però, è stata un mezzo disastro, come osservato nelle ultime settimane da diversi giornali americani fra cui il New York Times e Politico.

Per prima cosa, Harris e diversi analisti Democratici hanno probabilmente sottovalutato il criterio dell’eleggibilità, che invece secondo diversi analisti sta molto a cuore al loro elettorato: l’attuale presidente Donald Trump è talmente sgradito agli elettori Democratici – fra cui ha una popolarità intorno al 5 per cento – che molti di loro tengono conto della forza di attrazione che un eventuale candidato potrebbe esercitare su un elettorato moderato o indipendente.

È un ragionamento che per forza di cose aiuta candidati percepiti come più “tradizionali”, quindi in sostanza bianchi, moderati e preferibilmente maschi. È la stessa ragione per cui fra i candidati Democratici sono rimasti pochissimi membri di minoranze etniche, e per la quale nelle ultime settimane sia Harris sia Elizabeth Warren hanno perso parecchi consensi. Sono invece aumentati nettamente quelli per Pete Buttigieg, il giovane sindaco di una città dell’Indiana che al momento è persino dato in vantaggio nei primi due stati in cui si voterà alle primarie, l’Iowa e il New Hampshire (due posti che a loro volta tendono a premiare i candidati più moderati).

Harris, poi, ci ha messo del suo. Non avendo una collocazione precisa, nella prima parte della campagna elettorale era rimasta schiacciata fra le proposte più centriste e quelle di sinistra, facendosi notare soltanto per alcuni duri attacchi a Biden sulla sua vecchia collaborazione con politici razzisti. In seguito, ha cambiato idea più volte sulla sua proposta per riformare il sistema sanitario americano – un altro tema molto caro all’elettorato Democratico – mentre i giornali continuavano a parlare di una gestione molto caotica del suo comitato elettorale; guidato peraltro da sua sorella Maya, una rispettata accademica ed attivista senza alcuna esperienza politica ad alto livello.

Alcuni giornalisti hanno fatto notare che Harris ha ritirato la sua candidatura pochi giorni prima che scadessero i termini per presentarsi alle primarie in California, lo stato natale di Harris, in cui una sua eventuale sconfitta avrebbe danneggiato la sua immagine. Secondo questa lettura, nei prossimi mesi Harris potrebbe decidere di candidarsi per rinnovare il suo mandato da senatrice, che scade nel 2022.