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  • Mercoledì 27 novembre 2019

L’inchiesta sulla fondazione Open

I magistrati hanno perquisito una dozzina di aziende che avevano finanziato la fondazione che sosteneva l'attività politica di Matteo Renzi e finanziava la Leopolda: le cose da sapere

(ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)
(ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)

Il principale finanziatore di Matteo Renzi, l’avvocato Alberto Bianchi, e il suo amico Marco Carrai sono indagati per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti in un’inchiesta della procura di Firenze. L’inchiesta si è concentrata in particolare sul ruolo della Fondazione Open, creata da Bianchi per finanziare l’attività politica di Renzi e famosa per aver organizzato i raduni della Leopolda, gli appuntamenti annuali della corrente di Renzi all’interno del PD. I magistrati stanno indagando in particolare sui rapporti tra Bianchi e gli imprenditori che finanziavano la fondazione e su quelli tra la fondazione e i parlamentari renziani.

L’indagine, iniziata due mesi fa con le prime perquisizioni nei confronti di Bianchi, è arrivata sulle prime pagine dei giornali questa settimana, dopo che la procura di Firenze aveva ordinato perquisizioni in undici città negli uffici di una dozzina di società che avevano finanziato Open tra il 2012 e il 2018 (anno in cui è stata chiusa la fondazione). Tra le altre ci sono il gruppo autostradale Gavio, la società farmaceutica Menarini, la compagnia di navigazione Moby e il finanziere Davide Serra.

Secondo i magistrati, Bianchi aveva rapporti sospetti con diverse di queste società. Per esempio, Bianchi avrebbe svolto lavori per 2,9 milioni di euro a favore del gruppo di costruzioni Toto, la maggior parte dei quali incassati nel 2016. Subito dopo l’incasso, Bianchi versò più di 400 mila euro alla fondazione Open e al Comitato per il Sì al referendum costituzionale di quell’anno. Secondo i magistrati, insomma, il lavoro di Bianchi per Toto sarebbe stato una sorta di copertura per finanziare la fondazione.

L’indagine è ancora all’inizio e ci sono ancora diversi aspetti poco chiari: i giornalisti hanno potuto esaminare i documenti con cui sono state autorizzate le perquisizioni, che raccontano solo una parte della storia. Un altro aspetto dell’indagine riguarda cosa avrebbe fatto la fondazione Open con questo denaro. I magistrati la accusano di aver agito come una sorta di «articolazione» del PD (o almeno di una sua parte), per esempio pagando le spese di alcuni parlamentari e prestando loro carte di credito e bancomat.

Utilizzare una fondazione per raccogliere finanziamenti da usare nell’attività politica, invece che finanziare direttamente un partito (che è spesso più complesso e permette di esercitare minor controllo sui soldi), è una tecnica legale utilizzata da quasi tutti i partiti e da gran parte dei principali attori politici, ma i cui confini, cioè cosa possa fare la fondazione con quel denaro, rimangono abbastanza incerti.

Nella sua replica su Facebook, Matteo Renzi ha accusato i magistrati di aver preso di mira soltanto la sua fondazione rispetto alle centinaia che svolgono attività simili, e ha anche ricordato che i due magistrati che conducono l’inchiesta sono gli stessi che tempo fa hanno chiesto l’arresto dei suoi genitori con l’accusa di bancarotta fraudolenta (una richiesta poi respinta dal tribunale del riesame). Renzi, che non è indagato né è stato perquisito, Carrai e Bianchi hanno detto di non aver commesso alcun reato e di attendere serenamente la conclusione delle indagini.