Una canzone di Conor O’Brien

(Jens Kalaene/picture-alliance/dpa/AP Images)
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Questa canzone di George Michael di cui si parla mi ha fatto tornare in mente quei tempi in cui I want your sex faceva scandalo, e io ero giovane, e per associazione giovane-canzoni-imbarazzisessuali, quell’altra storia pisana su Against all odds.

The wonder of you
L’aveva scritta un cantautore americano, Baker Knight, nel 1958, per Perry Como (quello di Magic Moments, a sua volta scritta da Burt Bacharach e Hal David all’inizio della loro leggendaria carriera di duo): ma finì in altre mani ed altre voci e fu un discreto successo in diverse versioni fino al 1970, quando Elvis Presley la cantò dal vivo a Las Vegas con apparato alla Elvis che si porta via tutto il cucuzzaro, e la fece diventare la versione più famosa di The wonder of you: fu pubblicata come singolo e spopolò soprattutto nel Regno Unito.
Poi due anni fa quelli piuttosto bravi che si occupavano delle canzoni nella serie Big little lies l’hanno scelta per farla diventare un pezzo della storia, nell’ultima puntata: la canta uno dei protagonisti, molti spettatori pensarono la voce fosse di Adam Scott, l’attore, ma la versione era invece stata registrata da Conor O’Brien dei Villagers, band irlandese che ha guadagnato fama e apprezzamenti negli ultimi decenni (all’inizio ci avevano pensato, a farla cantare a Scott, ma i risultati furono deludenti). La canzone si tiene tutta la sua bellezza, il modo in cui inizia a salire da “and you’re always there” in poi, per arrestarsi in quel modo su “deuonderoviù”, e il coro stupendo: ma O’Brien ci mette quella sua vocetta nasale e un po’ inquietante che la rende assai un’altra cosa rispetto al trionfale modo di Elvis, e diventa il modo perfetto di farla stare nella puntata di Big little lies, ovvero creando qualche dubbio sulla fondatezza del testo (lei non è proprio proprio “always there”). Testo che non è niente di originale come concetto, ma è uno di quei testi che mettono insieme alcuni suoni imbattibili classici delle parole inglesi, da “uònde” a “lendahènd”.

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(ci metto anche questa versione live che vale la pena)