Tre novità sulla morte del carabiniere a Roma

Hanno parlato il presunto spacciatore e Sergio Brugiatelli, mentre secondo il Corriere la procura sta indagando sui turni dei carabinieri, nel timore che siano stati falsificati

La chiesa di Somma Vesuviana prima del funerale di Mario Cerciello Rega (AP Photo/Andrew Medichini)
La chiesa di Somma Vesuviana prima del funerale di Mario Cerciello Rega (AP Photo/Andrew Medichini)

Secondo il Corriere della Sera la procura di Roma sta indagando sui turni di servizio di Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale nella notte tra il 25 e il 26 luglio, nell’ipotesi che ci siano state delle falsificazioni per correggere errori o omissioni. Quella dei turni di Cerciello Rega e Varriale è una delle incongruenze di cui si era già parlato negli scorsi giorni, e chiarirla potrebbe rendere più comprensibili alcuni aspetti intorno alla morte di Cerciello Rega. Intanto hanno parlato con la stampa le altre due persone più da vicino coinvolte nei fatti di quella notte: il presunto spacciatore Italo Pompei – quello che avrebbe dovuto vendere la droga ai due statunitensi arrestati per l’omicidio – e Sergio Brugiatelli, che aveva accompagnato i due statunitensi da Pompei e a cui era poi stato rubato lo zaino.

I turni di Cerciello Rega e Varriale
Ci sono due cose strane su quello che stava facendo Cerciello Rega la sera di giovedì 25 luglio. La prima era che quella sera, come hanno ammesso i carabinieri, Cerciello Rega era senza pistola, ed era disarmato anche quando era andato all’incontro con i due americani per riottenere lo zainetto di Brugiatelli: una cosa inusuale e contraria alle regole. Il comandante provinciale dei carabinieri Francesco Gargaro ha detto che la pistola è stata trovata nell’armadietto di Cerciello Rega nella caserma di piazza Farnese, e che non ci sono spiegazioni su come mai non l’avesse con sé. La sua ipotesi è che Cerciello Rega se la fosse dimenticata, e lo dimostrerebbe il fatto che invece aveva con sé le manette. Gargaro ha confermato che Cerciello Rega era in servizio quella sera, e aveva regolarmente cominciato il turno di pattugliamento in borghese insieme a Varriale. Il fatto che non avesse con sé la pistola però lo mette in dubbio.

La seconda cosa strana è un’incongruenza tra la relazione della giudice delle indagini preliminari e quella dei carabinieri sugli accadimenti di giovedì notte. Martedì i carabinieri hanno detto che giovedì sera Cerciello Rega e Varriale intervennero due volte: la prima quando identificarono Brugiatelli, chiamati dai loro colleghi fuori servizio che erano intervenuti dopo aver notato qualcosa di sospetto. La presenza di Cerciello Rega e Varriale sarebbe testimoniata anche da una “nota di servizio” in cui è stata registrata: un documento interno su cui vengono annotati i fatti salienti di un turno di lavoro e che i carabinieri hanno diffuso lunedì sera.

La giudice che ha convalidato l’arresto dei due americani ha scritto invece che, stando ai documenti che aveva acquisito, giovedì notte al momento della prima identificazione di Brugiatelli era presente solo Varriale, e non Cerciello Rega. La relazione della gip è stata diffusa lunedì, quindi prima che i carabinieri diffondessero la “nota di servizio”. Il Corriere della Sera scrive che per risolvere questa incongruenza, la procura di Roma ha acquisito tra gli atti dell’indagine i turni di giovedì sera dei carabinieri della caserma di piazza Farnese, per capire se le «annotazioni di servizio possano essere state corrette dopo la tragedia per coprire eventuali errori, compreso il fatto che Cerciello Rega abbia partecipato a un’operazione pur non avendo con sé la pistola». L’ipotesi del Corriere è quindi che la “nota di servizio” secondo cui Cerciello Rega e Varriale erano già insieme a inizio serata sia stata manipolata. Un’altra possibilità è invece un semplice errore della gip nella stesura della sua relazione.

La testimonianza di Brugiatelli
Sergio Brugiatelli è uno dei personaggi più importanti di questa storia. È la persona che ha portato i due statunitensi dal presunto spacciatore e quella che ha chiamato i carabinieri per chiedere aiuto dopo aver subito il furto del suo zaino e il tentativo di estorsione per riaverlo indietro. I giornali lo avevano descritto come un “mediatore” degli spacciatori, uno che trovava clienti in strada e poi li accompagnava dagli spacciatori. Ora questo suo ruolo sembra essere stato ridimensionato e Brugiatelli – che ha vecchi precedenti per rissa e rapina – sembra fosse solo uno che passava molto tempo per le strade di Trastevere, arrangiandosi.

Tramite il suo avvocato, ieri ha diffuso una nota in cui ha raccontato per la prima volta pubblicamente la sua versione della storia. Nella nota, Brugiatelli dice di non essere «né un intermediario di pusher né, tanto meno, un informatore delle forze dell’ordine» e spiega che quando si era messo in contatto con gli statunitensi per riavere il suo borsello, loro lo avevano minacciato e che lui si era molto spaventato. Ci sono però due cose particolarmente interessanti nella nota di Brugiatelli. La prima è che ha detto che quando aveva richiamato gli statunitensi per prendere appuntamento per la restituzione, alla presenza di Varriale e Cerciello Rega, aveva parlato con loro in viva voce, permettendo quindi ai due carabinieri di ascoltare. La seconda è che ha negato di essere stato lui ad accusare dell’omicidio “due nordafricani”, come sostenuto invece dal comandante provinciale dei carabinieri Francesco Gargaro.

Se non era stato Brugiatelli a parlare di “nordafricani”, non è dunque chiaro chi sia stato a farlo. Sembra che anche Varriale, poco dopo la morte di Cerciello Rega, abbia dato ai colleghi la stessa indicazione, ma Gargaro ha detto che probabilmente «si è confuso» perché «era in stato di choc». Resta comunque difficile da capire come due statunitensi, di cui Varriale e Cerciello Rega avevano anche sentito la voce al telefono, potessero essere genericamente scambiati per due nordafricani.

L’intervista di Italo Pompei
Pompei, il presunto spacciatore a cui si erano rivolti gli statunitensi su indicazione di Brugiatelli, ha parlato con Repubblica (paywall) raccontando la sua versione dei fatti. Come la versione di Brugiatelli stesso, anche questa va presa con cautela essendo di parte.

Pompei ha raccontato che al momento dell’incontro con Brugiatelli e Gabriel Christian Natale-Hjorth (uno dei due americani, che lo aveva accompagnato mentre l’amico rimaneva in disparte con lo zaino di Brugiatelli) erano presenti cinque persone in tutto «Io con il mio amico Tamer, Medi, Sergio (Brugiatelli) e quello, l’americano». Pompei ha detto che non conosceva Brugiatelli – lo aveva solo incontrato una decina di volte per caso – e che non ci aveva parlato al telefono prima di quel momento, e ha negato anche lui di essere uno spacciatore.

Poco dopo l’incontro con Brugiatelli e Natale-Hjorth, ha raccontato Pompei, sono intervenuti dei carabinieri in borghese (secondo le altre ricostruzioni fatte fin qui, sarebbero carabinieri fuori servizio che lo avrebbero incontrato per caso).

Cosa volevano da lei?
“Non ho fatto in tempo a capirlo, perché i carabinieri in borghese sono arrivati subito. A sentire Medi, li stavano seguendo da Piazza Trilussa. E appena quello (l’americano, ndr) li ha visti è fuggito. Due carabinieri sono rimasti con noi, gli altri – non ricordo quanti erano – si sono lanciati all’inseguimento. Ma sono tornati indietro dopo poco. Io allora ho detto: “Oh, io con quello non c’entro niente, sono pulito se volete perquisitemi pure”. So come vanno certe cose…”.

E invece?
“Non ci hanno perquisito. “Non ce l’abbiamo con voi… tranquilli…”. Testuale. Spero che i carabinieri non si scordino di queste parole. Anche se sono certo che Tamer, il mio amico, lo può testimoniare. Comunque, hanno detto così, e poi se ne sono andati”.

Senza cercare a terra niente?
“No. Per questo ho pensato da subito che non fosse un’operazione anti droga, che cercassero altro”.

Questa versione sembrerebbe mettere quindi in dubbio quella data dai carabinieri, che hanno invece detto di un sospetto scambio di droga e di aver recuperato da Natale-Hjorth (prima che scappasse) una sostanza che pensavano essere uno stupefacente (non lo era, dicono i carabinieri, ma la sostanza è stata poi persa). Il fatto che Pompei non fosse stato perquisito, se vero, confermerebbe che i carabinieri non sospettassero ci fosse stato spaccio di droga, ma allora non si capisce in base a cosa erano intervenuti fermando il gruppetto.

Un’altra cosa che non torna
Continuano a esserci versioni discordanti sull’intervento dei primi carabinieri fuori servizio. Non si capisce se fossero quattro o due e non si capisce se furono aiutati da altri agenti in borghese. La ricostruzione della gip diceva che al momento del primo intervento «giungeva un motociclo di colore nero con a bordo due persone che si qualificavano come appartenenti all’Arma», ma non è chiaro chi fossero questi agenti arrivati in moto. Erano altri agenti fuori servizio? O erano un’altra pattuglia in borghese? La cosa che sappiamo è che uno degli agenti fuori servizio era il maresciallo Pasquale Sansone, superiore di Cerciello Rega e Varriale alla caserma di piazza Farnese. L’altra, raccontata da Gargaro, è che gli agenti fuori servizio avevano notato Brugiatelli e due altre persone mentre si aggiravano in modo sospetto per Trastevere e li avevano seguiti per un po’ (questo vorrebbe dire probabilmente che non erano in moto).

Altre novità
Ieri sono arrivati a Roma i padri di Gabriel Christian Natale-Hjorth e Finnegan Lee Elder, i due ragazzi americani accusati per l’omicidio. Fabrizio Natale, padre di Natale-Hjorth, ha già incontrato suo figlio in carcere. Il padre di Elder, Ethan Elder, dovrebbe farlo oggi. Entrambi sono assistiti dall’ambasciata statunitense a Roma.