Il tribunale di Venezia ha accolto il ricorso di un uomo del Mali a cui era stata negata la protezione internazionale, pur ammettendo che non ne avrebbe i requisiti

(ANSA/ANDREA MEROLA)
(ANSA/ANDREA MEROLA)

Il tribunale di Venezia ha accolto il ricorso di un uomo del Mali a cui era stata negata la protezione internazionale, pur ammettendo che non ne avrebbe i requisiti: pur non correndo pericoli verosimili in Mali, dice il tribunale, la sua espulsione arrecherebbe «un danno sproporzionato alla sua vita privata». Il tribunale ha infatti motivato la decisione citando i riusciti sforzi di integrarsi dell’uomo: «ha dato prova di una perfetta padronanza della lingua italiana e per ciò stesso quindi di una seria capacità d’inserimento» dice la sentenza. Contemporaneamente, il tribunale ha escluso che l’uomo «possa considerarsi un “rifugiato”, cioè sia oggetto di persecuzione per razza, religione o appartenenza a un determinato gruppo sociale» aggiungendo che «né in altro modo le circostanze fanno emergere la sussistenza di un danno grave in caso di rientro in Mali, cioè un rischio verosimile di essere sottoposto a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti».

Il tribunale ha comunque accolto il ricorso dell’uomo, che nel 2017 si era appellato contro la decisione della Commissione territoriale di Verona che gli aveva negato la protezione. Nella sentenza, il tribunale ha scritto che l’uomo ha dimostrato «di essere occupato a tempo pieno in molteplici attività lavorative, dalla vigilanza al lavoro in ristorazione e in agricoltura, di aver frequentato e concluso la scuola secondaria, oltre allo svolgimento di volontariato, nonché di essere in procinto di acquisire la patente».