I nove attivisti di Hong Kong che parteciparono alle proteste del “movimento degli ombrelli” sono stati condannati fino a un massimo di 16 mesi di carcere

I nove attivisti del "movimento degli ombrelli" a Hong Kong prima di entrare in tribunale nel novembre del 2018. (AP Photo/Vincent Yu)
I nove attivisti del "movimento degli ombrelli" a Hong Kong prima di entrare in tribunale nel novembre del 2018. (AP Photo/Vincent Yu)

I nove attivisti di Hong Kong che parteciparono alle proteste del “movimento degli ombrelli” – le manifestazioni iniziate nel 2014 per chiedere che gli abitanti di Hong Kong potessero eleggere liberamente i loro leader senza ingerenze da parte del governo della Cina – sono stati condannati fino a un massimo di 16 mesi di carcere.

Il docente di sociologia Chan Kin-man, 60 anni, e il docente di legge Benny Tai, 54 anni, hanno entrambi ricevuto pene detentive di 16 mesi, così come il reverendo battista Chu Yiu-ming, 75 anni, la cui pena però è stata sospesa per due anni con la condizionale. I tre sono considerati i fondatori del movimento Occupy Central, che fomentò le proteste e incitò i manifestanti nella loro campagna di disobbedienza civile. Gli attivisti Raphael Wong e Shiu Ka-chun dovranno scontare otto mesi in carcere; Eason Chung (uno dei leader del movimento degli studenti) e Lee Wing-tat (ex deputato nel parlamento locale di Hong Kong) hanno ricevuto una sospensione della pena per otto mesi, mentre Tommy Cheung (leader del movimento degli studenti nel 2014) dovrà fare 200 ore di servizi sociali. La sentenza di Tanya Chan, deputata del parlamento di Hong Kong, verrà emessa a giugno per permetterle di sottoporsi a un intervento chirurgico.

All’inizio di questo mese i nove erano stati tutti dichiarati colpevoli per il loro coinvolgimento nelle proteste del “movimento degli ombrelli”, accusati di avere causato “disturbo della quiete pubblica”, nonché di avere contribuito ad alimentare le manifestazioni di piazza, che durarono mesi e che portarono anche a scontri tra manifestanti e polizia. Le proteste nacquero quando il governo cinese annunciò che a partire dal 2017 la popolazione avrebbe potuto scegliere il proprio leader, ma solo votandolo tra una lista di nomi decisa dal governo centrale.