La diffusione del “pezzotto”

È un sistema illegale per vedere Sky e DAZN con pochi euro al mese, racconta il Corriere, a cui sarebbero abbonate tantissime persone in Italia

Secondo i risultati di un’indagine della Fapav, la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi, riportata oggi da Federico Fubini sul Corriere della Serain Italia sarebbero attivi 2 milioni di abbonamenti illegali ai canali televisivi a pagamento, che genererebbero un giro d’affari da circa 200 milioni di euro all’anno. La cifra va presa con cautela – è stata diffusa da chi rappresenta gli interessi dei titolari dei diritti piratati – ma è rilevantissima: basti pensare che Sky ha in tutto circa 5 milioni di abbonati.

Il maggior numero di abbonamenti illegali sarebbe in Campania, dove il sistema viene definito anche “pezzotto”, termine con cui viene chiamato in gergo il decoder che serve a ricevere nelle proprie case il segnale dei canali. Il sistema sarebbe gestito da una «cooperazione internazionale fra mafie» che controllerebbe le cosiddette “centrali sorgente”, dove si trovano i server da cui vengono inviati i segnali decriptati di servizi a pagamento come Sky o DAZN. «La tentazione per i mafiosi di entrare in questo settore è irresistibile», scrive Fubini, «perché il massimo della pena per chi viola il diritto d’autore è di quattro anni, molto meno che per lo spaccio o l’estorsione. Tra l’altro, i pochi soggetti arrestati fino ad oggi hanno subito ottenuto pene ridotte patteggiando».

Cos’è e come funziona il “pezzotto”
Il “pezzotto” in sostanza è una tv-box, una scatolina che si collega alla tv e che è in grado di ricevere i segnali dei canali della pay tv tramite il sistema IPTV (Internet Protocol Television), cioè il sistema di trasmissione dei canali televisivi via internet. Il sistema IPTV permette di ricevere il segnale di centinaia di canali televisivi di tutto il mondo attraverso un software che funziona come mediacenter, un sistema che serve a visualizzare contenuti media in streaming (uno dei più utilizzati è Kodi).

Per quanto riguarda i canali gratuiti, non serve essere grandi esperti di informatica per configurare un mediacenter: le liste di canali televisivi si possono trovare facilmente su siti di informatica, forum o su gruppi di Telegram (uno strumento molto utilizzato per scambiarsi informazioni di questo tipo).

Per i segnali delle pay tv, invece, entra in gioco il “pezzotto”, che si può acquistare sia come una tv-box già configurata, sia solamente come abbonamento da configurare sul proprio computer o sulla propria tv-box. Essendo un sistema illegale, chi lo acquista lo fa sostanzialmente in due modi: o tramite un contatto avuto da amici e conoscenti, oppure acquistando un abbonamento online su uno dei diversi siti che vendono i codici per configurare il proprio mediacenter. Alcuni acquistano anche pubblicità su Google, che non li ha mai ostacolati.

I prezzi per un abbonamento che comprenda tutto Sky e DAZN (quindi sia sport che cinema) variano tra i 10 e i 15 euro al mese, con forti sconti per chi decide di fare un “abbonamento” plurimestrale (li chiamiamo “abbonamenti” per comodità, ma ovviamente non sono dei normali abbonamenti: non ci sono contratti, e non esistono soggetti terzi a cui rivolgersi in caso di malfunzionamenti o truffe). Se fosse acquistato in maniera legale, un pacchetto del genere costerebbe ovviamente molto di più: per esempio su Now TV, il servizio di streaming on demand di Sky, il solo pacchetto Sport costa 29,99 euro al mese, mentre per vedere gli eventi sportivi di cui DAZN ha i diritti bisogna pagare 9,99 euro al mese.

La lotta al “pezzotto”
Il fenomeno sta diventando talmente esteso che anche il governo ha cominciato a occuparsene. Lo scorso 18 marzo la lotta alla pirateria è stata oggetto di un incontro tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e i vertici di CONI, Serie A e Sky. La pirateria dei sistemi di abbonamento alle pay tv è sempre esistita, ma il fatto che oggi sia facilmente accessibile a chiunque abbia una connessione a internet e qualche nozione basilare di informatica rende il tutto ancora più urgente per chi ha fondato il proprio business sulla trasmissione televisiva di eventi sportivi e contenuti come film e serie tv.

Nel febbraio del 2017 un’inchiesta della Guardia di Finanza aveva portato alla scoperta di tre centrali a Napoli da cui venivano trasmessi illegalmente i segnali televisivi delle tv a pagamento; lo scorso maggio era stata scoperta una rete gestita da cinque italiani che operava tra Napoli, Barcellona e Basilea. In queste ultime due città si trovavano due “sorgenti” che ospitavano i potenti server che servono far funzionare tutto questo meccanismo di abbonamenti illegali.

I segnali infatti arrivano quasi sempre da “sorgenti” che si trovano all’estero, dove i controlli sono meno severi. «Per distribuire il calcio via web in Italia è infatti necessario disporre di server potenti e di alta qualità», scrive Fubini, «e alcuni grandi gruppi tecnologici esteri non esitano a mettere a disposizione i propri a chi paga per il noleggio. Durante una partita di serie A arrivano nel Paese circa 1.700 flussi dall’estero». La maggior parte dei segnali arriva soprattutto da un unico data center, quello della società Worldstreams, con sede nei Paesi Bassi, che nonostante le ripetute richieste da parte dell’Italia di interrompere il suo servizio continua a operare.