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  • Mercoledì 27 febbraio 2019

La Chiesa Metodista Unita ha ribadito di essere contro l’omosessualità

Durante un'attesa conferenza generale ha vinto la linea dei tradizionalisti – soprattutto africani ma non solo – e si teme che questo porti a uno scisma

La delusione dopo il voto della Chiesa Metodista Unita contro i matrimoni omosessuali e l'ordinazione di clero LGBTQI, St. Louis, 26 febbraio 2019 (AP Photo/Sid Hastings)
La delusione dopo il voto della Chiesa Metodista Unita contro i matrimoni omosessuali e l'ordinazione di clero LGBTQI, St. Louis, 26 febbraio 2019 (AP Photo/Sid Hastings)

La Chiesa Metodista Unita (UMC) – una delle più importanti chiese riformate, che conta dodici milioni di fedeli in tutto il mondo, di cui sette negli Stati Uniti – ha votato un documento per ribadire la sua contrarietà ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e all’ordinazione di persone gay o lesbiche. Durante la Conferenza generale che si è svolta a St. Louis, Missouri, dal 23 al 26 febbraio, si sono riuniti 864 delegati per affrontare una discussione che prosegue da anni sull’ordinazione di pastori e diaconi apertamente omosessuali e sull’accettazione delle coppie dello stesso sesso, con conseguente possibilità di celebrare le loro unioni. Alla fine ha prevalso la linea tradizionalista: secondo molti osservatori questa decisione potrebbe causare l’allontanamento di un certo numero di fedeli favorevoli alle riforme.

La Chiesa Metodista Unita nel 1972 aveva stabilito che «la pratica dell’omosessualità» era «incompatibile con l’insegnamento cristiano», ma le singole chiese che la compongono avevano seguito negli anni pratiche diverse e contrastanti tra loro. In alcune chiese i membri del clero si erano dichiarati omosessuali dal pulpito o avevano celebrato matrimoni tra persone dello stesso sesso; in altre invece i pastori continuavano a predicare che l’omosessualità è un peccato. Da qui la necessità di una discussione per scegliere delle linee guida condivise.

Durante la Conferenza erano stati presentati diversi piani, che erano il risultato di una commissione appositamente creata nel 2016 per esaminare il Book of Discipline, il libro che stabilisce il funzionamento della UMC, nelle sezioni che si occupano di sessualità. Le due principali proposte erano il Traditional Plan e il One Church Plan. Il primo manteneva invariata la disciplina, ribadiva il principio che giudica l’omosessualità incompatibile con l’insegnamento cristiano, proibiva ai gay e alle lesbiche di essere ordinati, proibiva i matrimoni omosessuali e puniva chi li avesse celebrati con la sospensione di un anno non retribuita e le dimissioni dallo stato clericale in caso di reiterazione. Il One Church Plan avrebbe invece permesso alle singole chiese di decidere in modo autonomo se celebrare matrimoni omosessuali e accogliere componenti gay e lesbiche nel clero, e prevedeva l’eliminazione della dichiarazione secondo cui l’omosessualità è in contrasto con il cristianesimo.

Alyss Swanson, diacono metodista transgender di San Jose, California, parla con il vescovo Samuel Quire, dalla Liberia, durante la Conferenza generale della Chiesa Metodista Unita, St. Louis, 25 febbraio 2019 (J.B. Forbes/St. Louis Post-Dispatch via AP)

I principali sostenitori della proposta tradizionalista erano i membri delle chiese africane, delle Filippine, delle chiese europee e gli evangelici degli Stati Uniti che, alla fine della Conferenza generale, hanno votato a maggioranza per il Traditional Plan. Dopo il voto ci sono state diverse proteste dentro e fuori l’edificio dove si stava svolgendo la Conferenza generale. Mark Tooley, un metodista tradizionalista, ha commentato che questa vittoria avrebbe consentito alla UMC di continuare a crescere: se le adesioni alla Chiesa Metodista Unita sono infatti in calo da anni negli Stati Uniti, stanno invece aumentando all’estero e soprattutto in Africa. I delegati africani hanno ripetutamente affermato, durante la Conferenza, che le loro congregazioni avrebbero lasciato la UMC se il matrimonio omosessuale fosse stato approvato.

Ora però, hanno scritto alcuni osservatori, potrebbero esserci scissioni per il motivo opposto, oppure azioni di disobbedienza più sistematiche. Dopo la vittoria del Traditional Plan la reverenda Mandy McDow, della Prima Chiesa Metodista Unita di Los Angeles, ha detto per esempio: «Sono davvero distrutta. Se ci sarà la possibilità di ricostruire, potrei restare… ma non posso rimanere in un’istituzione costruita sull’oppressione». Con la vittoria del Traditional Plan non è comunque chiaro se il clero non eterosessuale potrà far parte della Chiesa oppure no. Karen Oliveto, vescovo del Colorado che è apertamente lesbica, ha detto che ora non sa cosa le accadrà.