Roberto Formigoni va in carcere

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ex presidente della Lombardia; la pena è stata ridotta a cinque anni e dieci mesi

Roberto Formigoni, 11 dicembre 2017 (ANSA/ANGELO CARCONI)
Roberto Formigoni, 11 dicembre 2017 (ANSA/ANGELO CARCONI)

La sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna subita in appello dall’ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni per corruzione nell’inchiesta sui fondi neri della Fondazione Maugeri e dell’ospedale San Raffaele di Milano. La Cassazione ha però ridotto la pena: in primo grado, nel 2016, Formigoni era stato condannato a 6 anni di carcere con l’interdizione dai pubblici uffici; la sentenza era stata confermata in appello, e la pena era stata portata a sette anni e mezzo; ora è stata ridotta a cinque anni e dieci mesi perché una piccola parte delle imputazioni (quella che riguarda il San Raffaele) risulta già prescritta.

La pena diventa ora esecutiva: venerdì mattina la Procura di Milano ha emesso l’ordine di esecuzione della pena e Formigoni è stato portato nel carcere di Bollate, in provincia di Milano. Sulla base della nuova “legge anticorruzione” che impedisce la concessione, per questo tipo di reato, di misure alternative, Formigoni non potrà immediatamente richiedere gli arresti domiciliari. Avendo più di 70 anni potrà farlo, ma solo in un secondo momento e dimostrando che le sue condizioni non sono compatibili con la prigione.

Secondo l’accusa, tra il 1997 e il 2011 – quando Formigoni era presidente della Lombardia – 61 milioni di euro di fondi della Fondazione Maugeri e del San Raffaele furono sottratti illecitamente e usati per pagare tangenti in cambio di favori e rimborsi ai due enti. Formigoni, tra le altre cose, era accusato di aver ricevuto vacanze gratis e l’uso di un lussuoso yacht in cambio di decisioni favorevoli e rimborsi non dovuti. Nella vicenda erano coinvolti anche l’ex direttore amministrativo della Fondazione Maugeri Costantino Passerino, l’imprenditore Carlo Farina, l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex assessore regionale Antonio Simone, questi ultimi legati a Formigoni dalla militanza in Comunione e Liberazione e accusati di aver gestito i conti correnti dove venivano versati i fondi sottratti.

Il processo di primo grado era iniziato nel maggio del 2014 e nel dicembre del 2016 Formigoni era stato condannato a 6 anni di carcere, con l’interdizione dai pubblici uffici. I giudici avevano condannato anche Daccò (9 anni e due mesi), Antonio Simone (8 anni e 8 mesi), Costantino Passerino (7 anni) e Carlo Farina (3 anni e 4 mesi). Altri cinque imputati erano stati invece assolti. In appello, lo scorso settembre, e come richiesto dall’accusa, Formigoni era stato condannato a sette anni e mezzo, un anno e mezzo in più rispetto al primo grado. Nelle motivazioni i giudici avevano spiegato che Formigoni aveva meritato la pena massima prevista perché i fatti avevano «profili di gravità, oggettivi e soggettivi». La condanna di appello aveva confermato per l’ex presidente anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.