Saad Hariri, di nuovo primo ministro, commenta la formazione del governo con la stampa, nel palazzo presidenziale di Baabda, Libano, 31 gennaio 2019 (AP Photo/Hussein Malla)

A 9 mesi dalle elezioni, il Libano ha un governo

È di nuovo guidato dal primo ministro Saad Hariri, e include le forze alleate a Hezbollah, che avevano ottenuto più seggi di tutti

Il Libano ha formato un governo di unità nazionale a quasi nove mesi dalle elezioni legislative, che si erano tenute a maggio 2018 e avevano visto la vittoria, con 45 seggi su 128, delle forze alleate a Hezbollah, gruppo radicale sciita alleato dell’Iran e del regime siriano di Bashar al Assad. Il partito del primo ministro uscente, il sunnita Saad Hariri, si era fermato a 20 seggi, perdendone un terzo rispetto alle elezioni precedenti. Hariri è stato comunque scelto come primo ministro; il suo governo è sostenuto dall’Occidente e include le forze alleate a Hezbollah (come era già successo negli ultimi anni), che hanno scelto il ministro della Sanità. Nel governo ci sono quattro ministre, tra cui quella degli Interni e dell’Energia. Nella capitale Beirut l’accordo è stato accolto con festeggiamenti in strada e fuochi d’artificio.

In Libano la formazione di un governo è un’operazione generalmente lunga e complicata, non solo a causa dell’esito delle elezioni ma per il sistema politico, che cerca di mantenere un difficoltoso equilibrio tra le principali religioni ed etnie del paese. Si poggia infatti su due accordi: uno prevede che i seggi del Parlamento siano equamente divisi tra musulmani (circa il 45 per cento della popolazione) e cristiani (il 55 per cento), l’altro che il presidente debba essere sempre un cristiano maronita, il primo ministro un musulmano sunnita e il presidente del Parlamento un musulmano sciita. Per questo Hariri, che è sunnita, ha ottenuto nuovamente la carica di primo ministro.

Hariri dovrà affrontare una situazione economica e finanziaria complicata e limitare in particolare il debito pubblico, uno dei alti al mondo. Ha promesso che taglierà la spesa pubblica per ottenere prestiti e investimenti necessari per le infrastrutture e che farà ripartire l’economia, frenata dall’instabilità politica del paese e della regione.

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