Tutto sul glitter

E c'è molto che probabilmente non sapete: da dove arriva, per esempio, ma anche dove finisce

Glitter rosso, natalizio, sulla barba di Jan Havlik, portavoce del Partito Liberale Democratico (FDP) tedesco a Stoccarda, il 20 dicembre 2018 (Marijan Murat/picture-alliance/dpa/AP Images)
Glitter rosso, natalizio, sulla barba di Jan Havlik, portavoce del Partito Liberale Democratico (FDP) tedesco a Stoccarda, il 20 dicembre 2018 (Marijan Murat/picture-alliance/dpa/AP Images)

Il polietilene tereftalato metallizzato con l’alluminio è una delle sostanza più natalizie che ci siano: è il glitter, e nelle settimane che precedono le feste invernali lo si vede moltissimo. Dagli smalti per unghie alle palle che si appendono agli alberi, in questi giorni luccica un po’ dappertutto e si fa anche odiare da qualcuno per l’apparente ostinazione con cui rimane attaccato a qualsiasi cosa, pelle e capelli compresi. A tanti altri, invece, piace molto: secondo una teoria psicologica proposta da una ricerca del 2014, saremmo attratti dalle cose scintillanti per via dell’istinto dei nostri antenati a cercare acqua pulita.

In un articolo divertente e appassionante pubblicato sul New York Times, la giornalista Caity Weaver ha raccontato dove viene fatto il glitter negli Stati Uniti, e quello che sappiamo sui metodi per produrlo (almeno quelli che chi se ne occupa è disposto a rivelare). C’entrano i rifiuti, lo stato del New Jersey e strati di pellicola trasparente spessi quanto la metà della lunghezza d’onda della luce.

Il glitter fu prodotto per la prima volta nel 1934, in una fattoria del New Jersey, un po’ per caso: Henry Ruschmann, un operaio di origine tedesca, inventò un macchinario per tagliare rifiuti in pezzi piccolissimi. Forse la prima citazione della parola “glitter” nel New York Times è quella di un articolo del dicembre 1942, che invitava i newyorkesi a usare il glitter per le decorazioni natalizie vicine alle finestre: le tradizionali candele erano infatti vietate dal coprifuoco imposto per rendere meno visibile la città ai sottomarini tedeschi. Nel 1961 Ruschmann brevettò il macchinario definendo il glitter, che nel frattempo aveva cominciato a produrre slivers, cioè “scaglie”, un nome che non ha molto attecchito. Tuttora l’azienda da lui fondata, la Meadowbrook Inventions, continua a produrre glitter e si trova sempre in New Jersey. È una delle principali aziende americane del settore; l’altra si chiama Glitterex e si trova a sua volta in New Jersey.

Alcune delle fotografie che Chris Maggio ha scattato nella sede di Glitterex per il New York Times:

https://www.instagram.com/p/BrvOfZEBnx4/

La Meadowbrook Inventions non ha voluto rispondere alle domande di Weaver sul glitter, ma la Glitterex sì. Fondata nel 1963, è guidata dal 69enne Babu Shetty, emigrato da Mumbai negli Stati Uniti negli anni Settanta per fare un dottorato in Scienza dei polimeri e ingegneria. Shetty si è rifiutato di far visitare a Weaver lo stabilimento in cui viene prodotto il glitter di Glitterex – le tecnologie usate dall’azienda, a suo dire, sono tra le più avanzate del mondo e non vuole che i concorrenti ne scoprano qualcosa – ma ha mostrato a lei e al fotografo Chris Maggio un magazzino e alcuni uffici dell’azienda, oltre a spiegarle a grandi linee di cosa è fatto il glitter.

La base del glitter è fatta di polietilene tereftalato, una resina termoplastica adatta al contatto alimentare: è lo stesso materiale con cui si fanno le bottiglie di plastica e che solitamente viene chiamato PET. Per fare il glitter, a grandi pellicole di polietilene tereftalato – colorate ma semitrasparenti – viene aggiunto uno strato metallico, di alluminio, la stessa cosa che si fa per ottenere i sacchetti per le patatine. Nel caso del glitter, il metallo viene fatto depositare su entrambe le facce delle pellicole di polietilene. Per farlo si mettono le pellicole e l’alluminio in un ambiente in cui viene creato il vuoto (togliendo quasi tutta l’aria); poi si riscalda l’alluminio, che in parte evapora, e che raffreddandosi si deposita sulla pellicola di plastica creando un sottilissimo strato uniforme che riflette la luce.

Per creare effetti olografici o iridescenti, le pellicole vengono rispettivamente decorate con motivi particolari oppure sovrapposte tra di loro in strati sottilissimi, nell’ordine di 300 volte più piccoli del diametro di un capello. Lo spessore dipende anche dall’utilizzo per cui viene prodotto un certo tipo di glitter: quello per fare bricolage è il più spesso e anche il meno tecnologicamente avanzato. Quello più sottile viene usato per i prodotti cosmetici per le labbra; lo spessore minore della produzione di Glitterex è di 50-75 micron, meno di un decimo di millimetro. Una volta che la pellicola è stata scelta, viene tagliata in pezzi piccolissimi, per la maggior parte di forma esagonale. I prezzi variano a seconda delle dimensioni delle singole “scaglie”, per usare il termine pensato da Henry Ruschmann, ma anche della combinazione di polimeri usati. Il glitter più economico prodotto da Glitterex costa poco meno di 900 euro per una borsa da mezzo chilogrammo.

In questo video di un’azienda italiana produttrice di glitter, la Tabor, delle provincia di Como, si vedono alcuni dei macchinari per la produzione di glitter:

Babu Shetty ha detto a Weaver che Glitterex produce più di 10mila tipi diversi di glitter e che il colore più richiesto è sempre l’argento, ma non ha voluto condividere i nomi dei suoi principali clienti perché molte aziende che usano il glitter non vogliono far sapere ai propri concorrenti di quale tipo si servono. Lauren Dyer, una manger di Glitterex, ha detto a Weaver che è impossibile indovinare quale sia il settore industriale a cui appartengono i principali clienti dell’azienda, «perché non vogliono che si sappia che la cosa che usano è il glitter». «Se guardassi gli oggetti che producono non capirei che contengono glitter?», le ha chiesto Weaver, e la risposta è stata: «No». Weaver ha chiesto ai suoi follower su Twitter di provare a trovare una risposta verosimile insieme, ma finora il mistero non è stato risolto.

Quello che è certo è che il glitter viene usato anche in ambiti che non ci si aspetterebbe. Ad esempio a volte chi studia gli animali (dagli orsi polari ai gatti) lo mescola al cibo che viene dato loro per seguirne le tracce rilevando le loro feci. Alcuni produttori di legno compensato lo inseriscono tra gli strati dei loro prodotti per evitare che siano facili da contraffare. Qualche anno fa poi l’FBI ha catalogato tutti i diversi tipi di glitter di Glitterex per avere un aiuto nelle indagini quando sulla scena di un crimine ne viene trovato un campione: si possono distinguere le scaglie dei diversi tipi osservandole al microscopio.

Essendo fatto di plastica, il glitter impiega moltissimo tempo a decomporsi: circa mille anni. Per via delle sue dimensioni è considerato una microplastica, quelle particelle che si formano con la decomposizione di molti rifiuti (e con i lavaggi dei tessuti sintetici nelle lavatrici) e spesso finiscono negli oceani. Non si conoscono bene gli effetti della presenza delle microplastiche sugli ambienti marini, ma si pensa che possano avere molte conseguenze negative per gli animali acquatici. In quanto derivato del petrolio in ogni caso non si può dire che il glitter sia ecosostenibile, ma alcune delle aziende che lo producono, tra cui la Meadowbrook Inventions, ne propongono una versione biodegradabile.

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