La Federal Reserve statunitense ha alzato i tassi di interesse, di nuovo

Jerome Powell, Washington, 5 febbraio 2018 (SAUL LOEB/AFP/Getty Images)
Jerome Powell, Washington, 5 febbraio 2018 (SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

La Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, ha alzato i tassi di interesse di un quarto di punto portandoli a un intervallo tra il 2,25 e il 2,50 per cento. Ha poi annunciato che nel 2019 potrebbero esserci due nuovi possibili rialzi e non tre, e ha rivisto al ribasso le stime di crescita per quest’anno e per il 2019 (3 e non 3,1 per cento nel 2018, 2,3 e non 2,9 per cento nel 2019). La decisione è arrivata alla fine di due giorni di incontri del comitato di politica monetaria presieduto da Jerome Powell. Questo è il quarto aumento dell’anno.

Nel 2015 la ex presidente della FED Janet Yellen decise di avviare l’aumento dei tassi per riportarli a un livello normale, finita la crisi economica. I tassi di interesse bassi, come quelli in vigore a partire dalla fine della crisi, si riflettono sulle banche che prendono denaro a prestito dalla banca centrale e sugli interessi che le banche applicano ai loro clienti: prendere denaro a prestito è più conveniente, c’è più denaro in circolo e quindi l’economia si riprende più rapidamente. Il problema è che tenere tassi bassi troppo a lungo rischia di generare delle “bolle speculative”, poiché con tassi molto bassi gli operatori del mercato cercano investimenti sempre più rischiosi per ottenere un buon rendimento. Inoltre rischia di privare una banca centrale di strumenti con cui stimolare l’economia se il paese viene colpito da una recessione mentre i tassi sono già al minimo.

Negli ultimi giorni sul rialzo dei tassi era intervenuto il presidente Donald Trump, criticandolo con forza e invitando la FED e il suo presidente Powell a «non fare un altro errore» e a «non guardare solo ai numeri». Durante una conferenza stampa Powell ha risposto indirettamente a Trump dicendo che le decisioni monetarie sono guidate da scelte economiche e non politiche.