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  • Martedì 18 dicembre 2018

L’inchiesta del New York Times sul massacro di musulmani sciiti in Nigeria

A ottobre l'esercito ha ucciso decine di persone durante una protesta pacifica, e poi ha mentito su quello che era successo

Soldati nigeriani al checkpoint nella periferia di Abuja durante la manifestazione del 29 ottobre (SODIQ ADELAKUN/AFP/Getty Images)
Soldati nigeriani al checkpoint nella periferia di Abuja durante la manifestazione del 29 ottobre (SODIQ ADELAKUN/AFP/Getty Images)

Il New York Times ha pubblicato un’inchiesta su un massacro compiuto lo scorso 29 ottobre da alcuni reparti delle forze di sicurezza nigeriane contro i partecipanti di una manifestazione di musulmani sciiti ad Abuja, la capitale della Nigeria.

Secondo l’esercito nigeriano, negli scontri furono uccisi sei manifestanti. I video e le testimonianze raccolte dal New York Times, da Reuters e da alcune ong che operano in Nigeria mostrano però che i morti furono qualche decina, probabilmente più di 40; e suggeriscono inoltre che, a differenza di quanto sostenuto dall’esercito nigeriano, furono i militari ad attaccare per primi, sparando indiscriminatamente sulla folla. Non è la prima volta che in Nigeria vengono compiuti simili massacri e le violenze di ottobre hanno mostrato come il presidente nigeriano Muhammadu Buhari non sia ancora riuscito a fermare gli eccessi del suo esercito, nonostante le promesse.

Il video dell’inchiesta del New York Times: attenzione, ci sono immagini forti.

L’inchiesta del New York Times ha ricostruito gli eventi del 29 ottobre scorso, quando nell’area di Abuja si tennero alcune marce organizzate dal Movimento islamico della Nigeria, il più grande e noto gruppo di musulmani sciiti nel paese.

In Nigeria la popolazione è per metà cristiana, soprattutto nel sud, e per metà musulmana, soprattutto nel nord. I musulmani sono per lo più sunniti, uno dei due principali orientamenti dell’Islam, i quali non vedono molto di buon occhio i musulmani sciiti, accusati di voler creare una repubblica islamica ispirata a quella iraniana (l’Iran è un paese a stragrande maggioranza sciita). In passato il Movimento islamico della Nigeria era già stato preso di mira dalle forze governative: nel 2015, per esempio, l’esercito nigeriano aveva ucciso circa 350 persone appartenenti al gruppo e aveva arrestato il suo leader, che ancora oggi è in prigione con accuse di terrorismo nonostante un tribunale federale ne abbia ordinato il rilascio.

Il 29 ottobre, ha ricostruito il New York Times, la marcia principale tra quelle organizzate dal Movimento islamico della Nigeria arrivò a un checkpoint nella periferia di Abuja controllato da alcuni soldati nigeriani appartenenti a una unità di élite incaricata di proteggere il presidente Buhari, musulmano sunnita. Il checkpoint era stato messo in piedi per evitare l’entrata in città dei miliziani di Boko Haram, gruppo estremista e terrorista che opera per lo più nel nord della Nigeria. I video girati con gli smartphone e analizzati dal New York Times mostrano come i soldati nigeriani cominciarono a sparare senza essere né attaccati né provocati, utilizzando anche armi che solitamente sono impiegate in guerra, come le mitragliatrici pesanti. Le immagini mostrano poi alcuni manifestanti rispondere lanciando delle pietre, senza però rappresentare una seria minaccia per i soldati. In alcuni video si vedono inoltre i militari sparare sulla folla in fuga, picchiare alcuni manifestanti disarmati e caricarne altri su furgoni militari.

La ricostruzione del New York Times ha smentito la versione data dal governo e dall’esercito nigeriani subito dopo il massacro, che sosteneva che i militari avessero risposto alle provocazioni e che i manifestanti uccisi fossero solo sei. Per giustificare le sue azioni, l’esercito aveva pubblicato sul suo account Twitter un video del presidente statunitense Donald Trump che diceva che le pietre lanciate contro i militari americani lungo la frontiera sud degli Stati Uniti sarebbero state considerate come «spari di arma da fuoco». Il tweet era stato cancellato qualche ora dopo senza dare spiegazioni.

Il massacro del 29 ottobre, ha scritto il New York Times, «è l’ultimo esempio di un esercito che per anni è stato accusato di violazioni dei diritti umani, e che è stato punito o sanzionato raramente nonostante le promesse del presidente Muhammadu Buhari di fermare gli eccessi dei militari e ripristinare la sicurezza nel paese». Dal 2015, cioè da quando Buhari è diventato presidente, le forze di sicurezza nigeriane hanno compiuto massacri, stuprato donne nei campi profughi e arrestato e fatto sparire bambini prelevati dalle regioni dove è presente Boko Haram. Hanno inoltre represso duramente i separatisti del sud-est del paese, contro i quali negli ultimi anni sono state avviate diverse grandi operazioni militari, e hanno impiegato in diverse occasioni una forza eccessiva nel nord-ovest, una zona dove operano diverse gang.